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Recensione – Barton Fink: una riflessione sulla deriva dell’arte

Barton Fink di Joel ed Ethan Coen

SCHEDA DEL FILM

Titolo del film: Barton Fink – È Successo a Hollywood (Barton Fink) 
Genere: Commedia, Thriller, Drammatico 
Anno: 1991
Durata: 116′
Regia: Joel ed Ethan Coen 
Sceneggiatura: Joel ed Ethan Coen 
Cast: John Turturro, John Goodman, Judy Davis, Michael Lerner, John Mahoney, Tony Shalhoub, Jon Polito e Steve Buscemi 
Fotografia: Roger Deakins 
Montaggio: Joel ed Ethan Coen 
Colonna Sonora: Carter Burwell 
Paese di produzione: Stati Uniti d’America, Regno Unito

Nel 1991 i due fratelli Joel ed Ethan Coen scrivono e dirigono lo spettacolare “Barton Fink – E’ Successo a Hollywood”, una commedia nera che mescola comicità e dramma con un pizzico di thriller. Nonostante un altro clamoroso flop al botteghino, il film ha riscosso parecchio successo a livello di critica e riconoscimenti, realizzando un incredibile record per una manifestazione come il Festival di Cannes aggiudicandosi ben tre premi: la miglior regia, la miglior interpretazione maschile e, soprattutto, l’ambita Palma d’Oro (risultato che dalla 44° edizione in avanti non è più realizzabile, dopo un cambio dello stesso regolamento della competizione europea). Di seguito la trama e la recensione del quarto film dei Fratelli Coen. 

La trama del quarto film dei Fratelli Coen 

New York, 1941. Barton Fink (John Turturro), un emergente drammaturgo di Broadway, firma un contratto in veste di sceneggiatore per la nota Capitol Pictures, una major cinematografica hollywoodiana. Dopo il sorprendete successo di critica e pubblico per una sua pièce teatrale, viene ingaggiato per scrivere un film sul wrestling con protagonista il famoso Wallace Beery. Decide, quindi, di trasferirsi in California, più precisamente a Los Angeles, dove alloggia nell’economico Hotel Earle, albergo trasandato e che pare quasi abbandonato a sé stesso. Il giovane scrittore newyorchese di origine ebraiche si trova in difficoltà per via di un argomento a lui sconosciuto e fuori dalla sua confort zone. Come se non bastasse, Barton, finisce per distrarsi continuamente per colpa dei forti rumori provenienti dalla camera affianco, dove risiede il suo vicino di stanza Charlie Meadows (John Goodman), un bonaccione agente assicurativo. I due, dopo le scuse del rumoroso e bizzarro venditore, finiscono per stringere un insolito ottimo rapporto che porta lo sceneggiatore ad aprirsi nei confronti del vicino, raccontandogli del suo desiderio di voler dar vita ad una vera e propria rivoluzione artistica. La scrittura del copione richiesto su commissione, però, non va oltre poche ed insufficienti righe, di conseguenza Fink si confronta con un collega scrittore, William Preston Mayhew (John Mahoney): uno stimato romanziere che soffre di alcolismo e che, più di una volta, si è rivolto alla sua segretaria ed amante Audrey Taylor (Judy Davis) per la scrittura delle sue sceneggiature. Barton, allora, decide di rivolgersi a lei per superare questo fatidico blocco dello scrittore, una richiesta che finisce per causare una serie di catastrofici eventi a catena. 

Barton Fink di Joel ed Ethan Coen

La recensione di “Barton Fink – È Successo a Hollywood” (1991) 

Arrivati al loro quarto film Joel ed Ethan Coen proseguono il loro percorso con un’altra perla dei primi anni ‘90. Un progetto che i due fratelli hanno scritto durante una fase difficile della loro vita: gli autori, infatti, si sono imbattuti nel classico blocco dello scrittore durante la lavorazione del film precedente “Crocevia della Morte” (1990). Una situazione dalla quale la coppia di cineasti estrapola un racconto avvincente attraverso la storia di uno scrittore sognatore, la cui vita cambia radicalmente quando accetta un nuovo lavoro, passando da drammaturgo a sceneggiatore, due tipologie di lavorazioni bassate sulla scrittura, ma con finalità differenti. I vari temi che vengono affrontati lungo la narrazione sono molti, spaziando dalle pessime condizioni di lavoro dell’intera industria cinematografica alle profonde differenze sociali e politiche di un Paese come gli Stati Uniti. Inoltre, i due fratelli giocano ancora una volta con i generi e mescolano il noir, il thriller, la commedia ed il dramma, senza tralasciare l’inserimento di una gran numero di elementi simbolici ed onirici, a volte anche a sfondo religioso. “Barton Fink” è un altro titolo della filmografia dei Coen che, proprio come i precedenti, vanta diverse citazioni ad opere letterarie ed anche cinematografiche di autori come, almeno in questo caso, Roman Polanski, casualmente selezionato come presidente di giuria della 44° edizione del Festival di Cannes che ha assegnato la già citata Palma d’Oro ai cineasti statunitensi. Non mancano anche riferimenti a persone realmente esistite, dalle quali i registi estrapolano ed elaborano delle versioni create ad hoc per il film. 

 

Spesso osservando un film di Joel ed Ethan Coen, anche se più di una volta i due fratelli sono stati accreditati singolarmente per mansioni differenti all’interno del progetto, lo spettatore si trova di fronte a delle storie alla base non troppo complesse, ma che in un modo o nell’altro tentano attraverso discorsi più ampi di lanciare un certo tipo di messaggio. In più, colpisce sempre il lato tecnico delle loro produzioni: collaborando quasi sempre con la stessa troupe il lavoro risulta più agevole e perfettamente in linea con le direttive degli autori. Se della colonna sonora se ne occupa il solito Carter Burwell, alla sua quarta collaborazione delle 17 totali, si concretizza un cambio, invece, per la direzione della fotografia, passando dallo statunitense Barry Sonnenfeld che nel 1991 esordisce alla regia con “La Famiglia Addams”, all’inglese Roger Deakins, dando il via ad un interessante e continuativo sodalizio. Il risultato? Un lato tecnico sopraffino, condito da un lavoro eccezionale del direttore artistico Dennis Gassner e degli scenografi Leslie McDonald e Nancy Haigh. Se poi a tutto questo si aggiunge un cast eccezionale, composto dai vari John Turturro, John Goodman, Judy Davis, John Mahoney, Jon Polito e Steve Buscemi, il gioco è fatto. Inoltre, proprio come accaduto precedentemente con il primo lungometraggio dei Coen “Blood Simple” (1984), torna ad occuparsi del montaggio Roderick Jaynes, storico alter ego dei due fratelli che hanno utilizzato spesso nel corso degli anni per non accreditarsi anche come montatori delle loro varie pellicole. Insomma, “Barton Fink” è un perfetto mix tra messa in scena, costumi, fotografia e post-produzione che riesce a sviluppare una particolare atmosfera, la quale più di una volta durante il racconto passa da tetra e spettrale a più colorata ed accesa. Caratteristiche che hanno permesso al film di dar vita ad una storia anche profondamente onirica, basti pensare alla meravigliosa sequenza finale che si collega all’unico elemento decorativo della stanza dell’hotel di Barton: quella donna ritratta di spalle che osserva l’oceano di fronte a lei. 

Barton Fink di Joel ed Ethan Coen

Una riflessione sulla deriva dell’arte 

Barton Fink – E’ Successo a Hollywood” è una profonda riflessione sulla deriva dell’arte che Joel ed Ethan Coen portano in scena seguendo la loro classica tendenza di mescolare più generi. Un film, come sottolineato in precedenza, difficile da classificare poiché spazia e si muove su più piani trattando differenti tematiche. I due fratelli regalano al pubblico un’altra opera che strizza l’occhio al cinema del passato, ma risultando allo stesso tempo innovativo e, quindi, legato al futuro. Uno dei titoli meno conosciuti della filmografia dei due autori americani, probabilmente anche per la scarsa e povera pubblicazione sul mercato dell’home video. Nonostante una storia semplice, il film finisce per risultare meta-narrativo senza nascondere la profonda critica al sistema hollywoodiano ed a tutti quei crismi che la compongono, cercando di non mostrarne i difetti. Uno spaccato molto meno attrattivo nei confronti dell’industria statunitense, venduta spesso come la fabbrica dei sogni, ma che i Coen descrivono e mostrano sotto una luce diversa, finendo per lasciare turbati gli spettatori. Lo stesso pubblico che alla fine di una storia che si sviluppa tra presunta immaginazione e possibile realtà rimane con l’amaro in bocca, una sensazione tipica dei finali dei film di Joel ed Ethan, ma che risulta spesso un’arma vincente grazie alla sua sorprendente credibilità e coerenza. 

Voto:
4/5
Riccardo Marchese
4.5/5
Vittorio Pigini
5/5
0,0
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0,0 su 5 stelle (basato su 0 recensioni)
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