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Recensione – Una Spiegazione Per Tutto: Il Film Ungherese di “Orizzonti” A #Venezia80

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All’Ottantesima Mostra del Cinema di Venezia è stato presentato nella sezione “Orizzonti” il nuovo film del regista ungherese Gabor Reisz, dal titolo Magyarazat Mindenre (tradotto in italiano con “Una Spiegazione Per Tutto”). Nel cast Gáspár Adonyi-Walsh, István Znamenák, András Rusznák, Rebeka Hatházi, Eliza Sodró, Lilla Kizlinger e Krisztina Urbanovits. La pellicola copre un minutaggio di 152 minuti. Di seguito la trama e la recensione di Una Spiegazione Per Tutto, di Gabor Reisz.

La trama di Una Spiegazione Per Tutto, film Orizzonti a #Venezia80

Presentato in concorso nella sezione Orizzonti all’Ottantesima Mostra del Cinema di Venezia, Una Spiegazione Per Tutto presenta la seguente trama, come citata dal programma ufficiale della Biennale: “È estate a Budapest. Abel, studente liceale, cerca di concentrarsi sugli esami finali, mentre si sta rendendo conto di essere perdutamente innamorato di Janka, la sua migliore amica. A sua volta, Janka è innamorata, non corrisposta, di Jakab, professore di storia, sposato, che ha avuto in passato un diverbio con il padre conservatore di Abel. Le tensioni di una società polarizzata vengono inaspettatamente a galla quando l’esame di storia di Abel si risolve in uno scandalo nazionale.

La recensione di Una Spiegazione Per Tutto, film di Gabor Reisz

La sceneggiatura del film Una Spiegazione Per Tutto, film di Gabor Reisz presentato in concorso nella sezione Orizzonti all’Ottantesima Mostra Del Cinema di Venezia, ruota attorno ad un complesso conflitto sociale ungherese. Una frattura ideologica e politica che spinge ad annullare qualsiasi forma di dialogo fra i cittadini. Patriottici e Liberali vengono descritti (all’interno di un lungometraggio di ben 152 minuti) come fazioni opposte di una nazione lasciata a se stessa, alienata in un quotidiano di sterili discussioni critiche sul futuro che verrà. Cosa lascerà questo mondo ai giovani? Quale strada devono o possono percorrere? Seppure il tutto sia ambientato nella città di Budapest, è chiaro che la sceneggiatrice Zsofia Tasnàdi estenda il pensiero politico e la denuncia sui contrasti civili oltre i confini dell’Ungheria. Il punto della questione è che questi contrasti fra Mondo Vecchio e Mondo Nuovo (ovvero le diverse chiavi di lettura della politica nazionale ungherese) si ripercuotono proprio sul quotidiano dei giovani, che Reisz riesce a raccontare con notevole delicatezza e una vena poetica.

 

Al centro di uno scontro generazionale e politico, il giovane e fragile Abel si smarrisce, proprio in procinto di dare l’esame di maturità. Arriva impreparato al colloquio finale e di conseguenza viene bocciato, creando disappunto nel personaggio del padre, fermo patriottico. Quest’ultimo teme che la bocciatura possa precludere al figlio ogni forma di futuro, in un paese combattuto fra decisioni conservatrici e sprazzi di flebile cambiamento emancipatorio. “L’ardua sentenza” viene accettata quasi con passività da Abel, quasi a confermare una scarsa volontà nel scegliere una via. L’ingenuo ragazzo (espressione di questa frattura politica) è fermo ad un bivio, superato già dai suoi compagni giunti ad una maggiore consapevolezza del mondo che li circonda, come il personaggio di Janka di cui Abel è platonicamente innamorato. Il personaggio del professore di storia (colui che prende la decisione di non ammettere Abel) copre l’altra faccia della medaglia. Un uomo di famiglia dalla mentalità più libera e aperta. Il professore sembra punire lo studente dopo aver notato la coccarda ungherese sul petto del ragazzo.

 

La coccarda è il simbolo nazionale che gli Ungheresi indossano il 15 Marzo in occasione dell’anniversario della Rivoluzione Ungherese del 1848, per ricordare l’autonomia patriottica dalla dominazione asburgica. Il simbolo indossato da Abel sotto consiglio del padre viene inteso dal professore come esplicita ostentazione di un pensiero politico, poco opportuna in un contesto scolastico. Eppure lo spettatore è consapevole che la bocciatura sia solo una pura conseguenza della scarsa preparazione dell’alunno. Ciò nonostante, entrambe le figure del padre e del professore non possono che sentirsi in colpa per quanto accaduto al ragazzo. In loro si instaura inevitabilmente il dubbio che la controparte sociale abbia innescato un senso di disagio nel giovane ragazzo, impedendogli di dare una buona resa durante il colloquio. Il film non punta propriamente il dito, non sceglie quale delle due fazioni abbia ragione o torto. Ma anche il solo mostrare le incomprensioni emerse pone interessanti spunti di riflessione, particolarmente sul modo in cui i governi politici amministrano i nostri paesi. Spesso più simili di quanto si pensa.

Voto:
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Gabriele Maccauro
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