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Recensione – Boyhood: un’ambizioso inno alla vita

Boyhood di Richard Linklater

SCHEDA DEL FILM

Titolo del film: Boyhood
Genere: Drammatico
Anno: 2014
Durata: 165′
Regia: Richard Linklater 
Sceneggiatura: Richard Linklater 
Cast: Ellar Coltrane, Patricia Arquette, Ethan Hawke e Lorelei Linklater 
Fotografia: Lee Daniel, Shane Kelly 
Montaggio: Sandra Adair
Colonna Sonora: Richard Linklater, Randall Poster 
Paese di produzione: Stati Uniti d’America

Boyhood” è un progetto decisamente ambizioso, in lavorazione da ben dodici anni, realizzato da Richard Linklater, regista e sceneggiatore di un film che ha riscosso un enorme successo e che, dopo la presentazione in anteprima al Sundance Film Festival, è stato protagonista di numerose manifestazioni cinematografiche, dalla Berlinale agli Academy Awards passando per i BAFTA e anche i Golden Globe. Il cineasta statunitense riesce ad elaborare ancora un volta la sua originale visione e poetica attraverso una storia di crescita che ha avuto inizio nel lontano 2002. Di seguito la trama e la recensione del diciassettesimo film di Linklater. 

La trama di Boyhood, il diciassettesimo film di Linklater 

Il film segue la storia di una famiglia ordinaria americana di una piccola cittadina dello stato del Texas, Stati Uniti. Mason Evans (Ellar Coltrane), un bambino di soli 6 anni, e sua sorella maggiore Samantha (Lorelei Linklater) vivono con la loro madre Olivia (Patricia Arquette), la quale ha divorziato dal marito e padre dei due ragazzini, Mason Sr. (Ethan Hawke). Il classico complesso familiare a tratti disfunzionale di cui viene raccontata al pubblico la loro storia per ben dodici anni, dai primi anni 2000, quando si trasferiscono a Houston alla ricerca di un futuro migliore, fino al 2013 durante l’ultimo anno di liceo dell’oramai cresciuto e quasi adulto Mason. Tante e diverse sono le peripezie e difficoltà che questa famiglia incontra lungo il suo cammino tra amicizie, problemi, relazioni, momenti felici ed altri più drammatici. 

Boyhood di Richard Linklater

La recensione di “Boyhood” (2014) 

Solo un autore dall’incredibile delicatezza e capacità narrative di Richard Linklater poteva portare in scena sul grande schermo questa folle quanto bizzarra idea: nel 2002 quando venne annunciato il progetto non c’era un titolo definitivo o una sceneggiatura completa, ma regista, troupe e attori hanno solamente pianificato di ritrovarsi per alcune settimane di riprese saltuariamente per più di dieci anni, dodici per la precisione prima dell’effettiva uscita nelle sale di tutto il mondo. Non c’è idea più originale di quella di trasporre al cinema una storia con l’obiettivo di raccontare la vita di un bambino dall’infanzia fino all’età adulta, seguendolo anno dopo anno. L’elemento che salta subito all’occhio e cattura immediatamente l’attenzione è il concetto di tempo, il vero protagonista di questa favola moderna. Il passare dei minuti, delle ore e dei giorni lo spettatore lo avverte man mano che la narrazione prosegue e descrive passo dopo passo la vita di Mason e della sua famiglia. Gli attori crescono ed invecchiano per davvero, il tempo passa effettivamente anche per loro e l’avanzare dell’età viene percepito realmente: un’esperienza quindi non solo cinematografica, ma che lo spettatore prova sulla propria pelle. Come se non bastasse, i cambiamenti non si limitano ai solo personaggi, ma, ovviamente, anche a tutto quello che li circonda che si modifica e si evolve, dalla società alla tecnologia. 

 

La grandezza di “Boyhood” si trova in quella capacità da parte del regista di riuscire a realizzare un ambizioso inno alla vita, una riflessione sul presente e futuro di più di una generazione, un termine molto caro al cinema ed alla storia di Linklater. L’autore statunitense, dopo i suoi primi tre film dal fascino particolarmente sperimentale, prosegue e approfondisce la sua visione del mondo e della settima arte attraverso un’opera meravigliosa con l’obiettivo di raccontare una storia di crescita, sotto differenti punti di vista. Il diciassettesimo lungometraggio del cineasta, ma teoricamente considerabile come il quarto della filmografia di un regista che, oltre all’evoluzione dei suoi personaggi e di quello che affrontano, mostra lungo tutti questi anni anche i suoi personali cambiamenti. Un processo che ha portato Linklater ha collaborare con gli stessi attori così da scavare ancora più nel profondo delle varie sfaccettature dei protagonisti attraverso le esperienze personali di ognuno di loro. Inoltre, il film, grazie a questo tipo di struttura, riesce a trattare e parlare di molti più argomenti: non manca la classica relazione genitori – figli, temi legati al bullismo e all’educazione sessuale, senza tralasciare discorsi più politici sulla società e la cultura. Ogni tema viene approfondito e si ritaglia uno spazio importante all’interno della narrazione, partendo dal semplice sguardo sul mondo di un bambino di soli sei anni. 

Boyhood di Richard Linklater

Se all’apparenza il film può apparire banale e prolisso, in realtà, anche senza conoscere la lunga lavorazione o la poetica dello stesso Linklater, è impossibile non rendersi conto di trovarsi di fronte ad una pellicola rivoluzionaria che racconta una storia in cui ogni persona, in qualche modo, può immedesimarsi e provare o aver provato delle situazioni simili. Una sensazione trasmessa dagli stessi attori che, grazie ad una sceneggiatura incompleta e assemblata anch’essa anno dopo anno, con le loro performance hanno potuto improvvisare e portare un po’ di loro stessi sullo schermo. Una scelta forte da parte di tutto il cast, a partire da Ellar Coltrane, il protagonista, di cui il pubblico finisce per vedere il più grande cambiamento fisico, ma anche la stessa Lorelei Linklater si dimostra perfettamente in parte, nonostante la presenza del padre dietro la macchina da presa. Tra gli adulti, ovviamente, spiccano le performance di Patricia Arquette nei panni della madre di Mason e Samantha, premiata con l’Oscar per la miglior attrice non protagonista, ed anche quella dell’attore feticcio di Linklater Ethan Hawke, il quale interpreta un padre ed un ex marito, ma che incarna una delle figure cardine dell’intero racconto, oltre ad essere selezionato dallo stesso regista come suo successore a capo del progetto nel caso, vista la lunga gestazione, di una sua prematura dipartita. Una scelta che non fa altro che sottolineare il legame tra Linklater e Hawke. 

 

Nonostante le particolarità legate fin dall’inizio al progetto da un punto di vista artistico, è stato altrettanto sorprendente come a livello produttivo sia stato possibile portare a termine un film del genere, soprattutto vista la grande libertà creativa concessa al regista. Il budget, per via di una storia priva di effetti speciali o chissà quali grandi star, pare si aggiri intorno ai soli 4 milioni, di conseguenza i quasi 60 milioni di dollari guadagnati al botteghino hanno permesso al film di ottenere un ritorno importante, visto il tipo di scommessa che si sono giocati i produttori e lo stesso Linklater. Un successo segnato anche dalla successiva stagione dei premi e festival, infatti, il film vanta un gran numero di riconoscimenti tra cui, oltre a quelli precedentemente citati, ben 6 nomination agli Academy Awards, 3 Golden Globe, 3 BAFTA, 1 Screen Actors Guild Award, 2 Satellite Award e 2 Independent Spirit Awards, senza dimenticare la vittoria per la miglior regia al Festival di Berlino e l’inserimento nei 10 migliori film del 2014 da parte della National Board of Review Awards. Un bottino niente male per un titolo così ambizioso e rischioso, un progetto talmente originale da essere elogiato da critica e pubblico per via del suo incredibile realismo e la sorprendente perseveranza di un regista indipendente come Linklater. 

Il film più ambizioso di Richard Linklater 

Boyhood” è senz’altro il film più ambizioso di Richard Linklater, almeno fino ad oggi visto che sono iniziate la pre-produzione e forse le prime riprese di “Merrily We Roll Along”, un coming of age in salsa musical che probabilmente avrà una gestazione ancora più lunga: un film iniziato nel 2019 ed al momento in uscita nelle sale non prima del 2039. In prospettiva un’altra grande sfida, proprio come quella affrontata con il titolo del 2014, “Boyhood” alla fine non è altro che un lungo viaggio che segna il passaggio dall’infanzia all’età adulta di un ragazzino e che, in seconda battuta, propone una profonda e delicata riflessione sulla vita, scandita sul finale dalle note della splendida “Hero” dei Family of the Year. Il pubblico si trova di fronte ad un’opera singolare, coinvolgente ed estremamente curata in ogni dettaglio, una perla rara all’interno di un panorama cinematografico spesso povero di idee originali. Un film che gioca sulla spontaneità e che mescola i toni più leggeri della commedia a situazioni decisamente più drammatiche, senza per forza precludersi la possibilità di emozionare ed elaborare discorsi più seri, ma che alla fine resta semplicemente un’ottima rappresentazione dell’ordinario che finisce per essere straordinario. 

Voto:
4.5/5
Christian D'Avanzo
4.5/5
Gabriele Maccauro
4.5/5
Riccardo Marchese
5/5
Paola Perri
4/5
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