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Recensione – Ospiti: la quotidianità universale di Matteo Garrone

Recensione: Ospiti di Matteo Garrone

SCHEDA DEL FILM

Titolo del film: Ospiti

Genere: Commedia, Drammatico
Anno: 1998
Durata: 78

Regia: Matteo Garrone
Sceneggiatura: Matteo Garrone, Attilio Caselli

Cast: Julian Sota, Liazar Sota, Corrado Sassi, Pasqualino Mura, Gianni Di Gregorio, Paola Rota, Dino Abbrescia

Fotografia: Marco Onorato
Montaggio: Marco Spoletini
Colonna Sonora: Banda Osiris
Paese di produzione: Italia

Matteo Garrone inizia ad addentrarsi seriamente nel mondo del cinema realizzando la sua prima opera ideata per essere un lungometraggio: si sta parlando di “Ospiti“. Scopriamo come il film delinea alcuni passaggi fondamentali della sua filmografia continuando la retrospettiva sul regista.

La trama di Ospiti, diretto da Matteo Garrone

La trama del film, il quale vede Matteo Garrone esplorare le aree urbane di Roma, è la seguente:

Gheni e Gherti sono due giovani immigrati albanesi che vivono a Roma. Entrambi lavorano in un ristorante e si stabiliscono in casa del fotografo Corrado, il quale diventa amico di Gheni. In una città torrida e svuotata per le vacanze estive Gherti, più irrequieto, lega con Lino, anziano sardo che ogni giorno accompagna per la città la moglie malata di mente. Gheni invece continua la sua piccola scalata nel ristorante e rafforza la sua amicizia con Corrado.”

La recensione di Ospiti di Matteo Garrone

Il film è girato con un budget estremamente minuscolo non solo rispetto a qualsiasi produzione mai realizzata da Garrone, ma rispetto anche a qualsiasi produzione italiana in generale, attraverso un budget di poche migliaia di euro. Questo grande limite permette all’autore di cercare soluzioni che mostrino il meno possibile la mancanza di fondi, esercitandosi fortemente nell’utilizzo della macchina da presa a mano. In questo modo l’autore riesce a focalizzarsi il più possibile sulla ricerca dello sguardo dei personaggi, riprendendo i dettagli delle loro palpitazioni durante i silenzi e durante gli ascolti, delineando una base che poi verrà seguita per il resto della sua intera carriera. Julian Sota Gherti e Llazar Sota si mettono al servizio delle inquadrature, apparendo naturali e spontanei, anche se la loro scena rischia di essere rubata più volte da Corrado Sassi e Pasqualino Mura. Splendide le musiche della Banda Osiris, con il quale il regista intraprende la prima collaborazione.

Matteo Garrone si allontana dai normali canoni riguardanti la descrizione della vita degli extracomunitari in Italia. Sicuramente l’opera mostra il tentativo da parte di immigrati di trovare un posto nella penisola per andare avanti, ma lo fa attraverso il ritratto della quotidianità. L’autore infatti sceglie di estendere i rapporti umani non soltanto tra capo e dipendente, mostrando un leggero divario dei protagonisti in quanto lavoratori, ma anche nella creazione di un rapporto d’amicizia, evidenziato nella confidenza tra Gheni e Corrado. L’obiettivo è infatti quello di inserire i personaggi in situazioni particolarmente divertenti nate a causa di distrazioni o normali ostacoli nella routine quotidiana del lavoro.

La ricerca della normale routine

Secondo Garrone non a caso è proprio lo stesso quartiere e le abitudini intraprese dai personaggi ad accomunare la vita di ogni individuo. Attraverso delle situazioni in cui i personaggi sono costretti a collaborare ed a essere furbi nel cercare di risolvere delle difficoltà a cancellare il concetto di emarginazione. Ovviamente l’autore non rinuncia a denunciare il razzismo, evidenziato in piccoli dettagli mostrati in abitudini considerate innocue dal contesto romano ma non per questo meno disagianti per i due albanesi. La cosa però non viene mai fatta con estremo didascalismo ed il regista si focalizza soprattutto nei momenti in cui compare un accenno di saluto, una possibilità affinche delle persone, provenienti da ambienti così diversi, riescano ad incrociarsi.

I momenti più divertenti sono infatti inseriti per evidenziare come emozioni piccole ma umane, ovvero la serenità, la leggerezza e persino l’imbarazzo, siano un fattore che possano rendere simili tutti quanti noi. La voce e le sensazioni sono il vero collante delle anime dei protagonisti e dei loro interlocutori, anche se la leggerezza di Garrone crea uno squilibrio con gli approfondimenti sociali che avrebbero meritato più spazio. La presenza di parti drammatiche c’è sicuramente, ma il tentativo di sperimentare da parte dell’autore mostra i limiti e le difficoltà nel riuscire a fornire la giusta dose senza lasciare lo spettatore leggermente straniato. Tuttavia, nonostante i difetti, “Ospiti” rimane un esordio interessante con dei momenti imperfetti ma decisamente umani e ricchi di spontaneità.

Voto:
3/5
Gabriele Maccauro
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