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Recensione – Gomorra: la denuncia spietata di Matteo Garrone

Gomorra: la recensione del film

SCHEDA DEL FILM

Titolo del film: Gomorra
Genere: Gangster
Anno: 2008
Durata: 137 min
Regia: Matteo Garrone
Sceneggiatura: Matteo Garrone, Roberto Saviano, Massimo Gaudioso, Maurizio Braucci, Ugo Chiti, Gianni Di Gregorio
Cast: Salvatore Abruzzese, Maria Nazionale, Toni Servillo, Gianfelice Imparato, Marco Macor, Ciro Petrone
Fotografia: Marco Onorato
Montaggio: Marco Spoletini
Colonna Sonora: Massive Attack
Paese di produzione: Italia

Gomorra“, tratto dall’omonimo libro di Roberto Saviano, è un film fondamentale per la carriera di Matteo Garrone, dal momento che ha lanciato definitivamente la carriera di quest’ultimo non solo per la grande accoglienza da parte della critica, ma anche per essere ancora oggi il film italiano avente il più grande successo internazionale degli ultimi 20 anni. Analizziamo l’opera continuando la retrospettiva del regista.

La trama di Gomorra, diretto da Matteo Garrone

Per entrare nel vivo dell’opera, occorre sapere di cosa parla, per questo ecco la trama:

Quattro vicende antologiche raccontano la presa della camorra sulla vita delle persone: quella del sarto Pasquale, richiesto dai sarti cinesi grazie alla sua lunga esperienza nel campo; quelle dei piccoli criminali Marco e Ciro, odiati dagli altri gangster a causa del loro atteggiamento ribelle; quella degli imprenditori Franco e Roberto, intenti a smaltire i rifiuti anche avvelenando i terreni; infine quella del piccolo Totò, intento ad entrare nel girone malavitoso.”

Gomorra di Matteo Garrone: la recensione

La recensione di Gomorra di Matteo Garrone

La regia di Matteo Garrone abbandona qualsiasi tono elegante per aggrapparsi ad un’impostazione profondamente documentaristica, seguendo i personaggi attraverso l’obiettivo di una telecamera in costante movimento, quasi come se un giornalista, in costante silenzio, fosse mimetizzato con la città per riprendere eventi in diretta di persone totalmente ignare. Garrone torna ai concetti basi del neorealismo italiano: Rossellini diceva che se nei suoi film avesse ripreso una sola inquadratura bella, lui l’avrebbe tagliata. La stessa ideologia sceglie Matteo Garrone: non esiste nulla di visivamente elegante, c’è solo sporcizia per evidenziare l’oscurità che avvolge tutti gli individui presenti, con colori desaturati dalle ombre e la polvere dei quartieri malfamati che quasi copre l’obiettivo.

L’unica inquadratura che sembra effettivamente elegante è il momento in cui il piccolo Totò gioca in piscina all’ultimo piano di un palazzo che sembra cosparso di lusso: il campo lungo rivela che il benessere del palazzo è attorno ad altri palazzi in rovina, come per evidenziare l’illusione di una felicità falsa o la trasparenza di soldi generati dalla sofferenza. Le inquietanti musice dei Massive Attack accompagnano solo i titoli di coda: la colonna sonora delle scene non è altro che il rumore degli spari e dei lenti passi dei personaggi dettati dalla paura, fatta eccezione delle canzoni ascoltate da questi ultimi che sembrano voler rendere meno pesante il loro fardello deciso fin dall’inizio, ma le parole della musica non riescono ad allontanare nulla. Non c’è distinzione tra gli attori professionisti e quelli che non recitano di mestiere: la realtà avvolge i loro corpi ed i loro sguardi e fa apparire tutto spaventosamente vero.

La crudezza cinica, impattante e reale

Quando si parla di “Gomorra” è difficile, perché non si sa da dove cominciare con tutta la distruzione che il film di prepotenza inserisce sullo schermo senza alcun pelo sulla lingua. Si potrebbe partire dalla gioventù bruciata, descritta come una lenta discesa negli inferi, con bambini di 10 anni che vengono esortati a farsi sparare per essere degli “uomini”: il piccolo Totò indossa un giubbotto antiproiettile, ma il livido indelebile lasciato dal primo sparo si avverte e non se ne va più via. Garrone dà molta attenzione al contesto: oltre a mettere in evidenza i quartieri malfamati, mostra come i piccoli ragazzi siano lentamente manipolati per avere la violenza come unico punto di riferimento. Si vede l’innocenza che viene trasformata, plagiata, contaminata dal ferro e dalle parole, le quali, ad un certo punto, fanno capire che non c’è più forza di volontà.

Non importa a quale clan una persona appartiene: non si può decidere. Anche quelli che sembrano amici costringeranno delle povere anime a fare qualcosa, ad agire contro i loro stessi parenti, a tradire, a sporcarsi le mani. Ogni persona è un burattino, un oggetto vuoto che per la camorra è soltanto un altro sacco di carne da seppellire, come i rifiuti gettati nella terra dei fuochi. Persone come il contabile Don Ciro ed il sarto Pasquale, chi più e chi meno, sembrano innocenti perché loro non devono uccidere ed hanno incarichi piccolissimi, ma la prepotenza del gangster, la ferocia dell’uomo, non guarda in faccia a nessuno: se un giorno qualcuno vuole premere il grilletto perché una persona gli è antipatica, lo fa. Come dice uno stesso boss, le persone coinvolte sono sempre più morte che vive.

Gomorra: la recensione del film di Matteo Garrone

Allora dall’esperienza passiva si passa all’esperienza attiva: Marco e Ciro, adolescenti cresciuti nel mondo sbagliato, si ispirano a Scarface e trattano le pistole e le armi come se fossero dei giocattoli. Vedono il più feroce dei gangster come il loro eroe, sognando di poter essere indipendenti e di potersi ribellare ai boss, ai padroni. I padroni non amano nemmeno i dispetti e le reazioni non tardano ad arrivare. Non c’è speranza nel cercare di risolvere tutto con le armi ed i padroni provocati reagiscono molto peggio di quanto i ragazzi possano pensare. La carne tagliata si sente, lo sporco delle teste finite a terra a causa dei pugni si sente, la voce urlante dei ragazzi che sperano e piangono non lascia indifferente, è tutto distruttivo fino alla fine.

Dopotutto è solo una questione di affari: si parla di uccidere minorenni e di avvelenare le persone come se si stesse decidendo di fare un taglio al personale, come se si stesse decidendo di andare a fare la spesa, una freddezza che fa gelare ancora più dell’urlo delle vittime. Non meno importante è infatti la rappresentazione dell’imprenditore Franco, che mette in evidenza come la camorra si faccia borghese, si mischi con i ceti più alti per fare sembrare puliti i propri bilanci, avvelenando la gente più povera solo per risparmiare i costi e guadagnare di più. La cosa viene messa in evidenza non solo per la Terra dei Fuochi, ma anche per i sarti cinesi che vogliono cercare di tirare avanti nel mercato nero: via tutti, liquidati tutti, uccisi tutti. Non solo non si può provare a combattere in altri clan, ma le persone non possono provare a lavorare in altri settori, seppur innocui. La camorra non può avere rivali economici, deve prendersi ogni cosa, mentre altre persone più ricche stanno in silenzio mentre il sistema si avvelena.

“Gomorra” ha cambiato il cinema italiano ed europeo, mostrando i lati della malavita attraverso una visione della realtà così spaventosa e diretta con cui forse nemmeno Scorsese, Coppola o De Palma erano stati così diretti. La cinepresa si sporca del sangue degli emarginati, mostrando un’eterna lotta tra deboli e forti dove non c’è alcuna speranza se non attraverso lo spettatore che può guardare all’obiettivo di una realtà oggettiva per rendersene conto, per stare attento, per non stare più in silenzio. Non c’è più interpretazione, non c’è più poesia, non c’è più simbologia: ci sono solo i corpi senza vita degli uomini, delle donne e dei bambini, non si fa differenza. Con questo film, Matteo Garrone rende la realtà completamente nuda e realizza la sua opera più importante dando vita ad uno dei più grandi capolavori che il cinema abbia mai conosciuto.

Voto:
5/5
Christian D'Avanzo
5/5
Gabriele Maccauro
5/5
Riccardo Marchese
4/5
Alessio Minorenti
4.5/5
Matteo Pelli
5/5
Paola Perri
4.5/5
Vittorio Pigini
3/5
0,0
Rated 0,0 out of 5
0,0 su 5 stelle (basato su 0 recensioni)
Voto del redattore:
Data di rilascio:
Regia:
Cast:
Genere:

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