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Recensione – Primo Amore: l’anima senza peso di Matteo Garrone

Recensione: Primo Amore di Matteo Garrone

SCHEDA DEL FILM

Titolo del film: Primo Amore
Genere: Drammatico
Anno: 2004
Durata: 100 min
Regia: Matteo Garrone
Sceneggiatura: Matteo Garrone, Vitaliano Trevisan, Massimo Gaudioso
Cast: Vitaliano Trevisan, Michela Cescon, Roberto Comacchio, Alberto Re, Paolo Caoduro
Fotografia: Marco Onorato
Montaggio: Marco Spoletini
Colonna Sonora: Banda Osiris
Paese di produzione: Italia

L’emarginazione è sempre stato uno dei temi del regista Matteo Garrone, ma la cattiveria di fondo mostrata nella sua opera “Primo Amore” è considerata tra le più dure, nonché, allo stesso tempo, tra le più sincere. Analizziamo la sua opera continuando la retrospettiva sul regista.

La trama di Primo Amore, diretto da Matteo Garrone

Prima di analizzare il lungometraggio, è bene introdurre la trama di “Primo Amore” che è la seguente:

Vittorio, un piccolo artigiano orafo veronese, ha un’ideale femminile molto preciso: il suo apprezzamento per il corpo e per la mente di una donna deve essere allo stesso livello e il corpo della donna deve essere molto magro. Ad un appuntamento al buio incontra Sonia, che lo attrae ma che desidererebbe con molti chili in meno. La donna accetta di adeguarsi ed inizia una dieta strettissima che la conduce a una forma di schiavitù fisica e mentale.”

Primo Amore di Matteo Garrone: la recensione

La recensione di Primo Amore di Matteo Garrone

La regia di Garrone continua la sua ricerca intimista, fornendo lo sguardo dello spettatore attraverso le unioni corporee dei personaggi: la sua macchina da presa penetra quasi solo quando questi ultimi dialogano, con le inquadrature che forniscono un occhio in cui tatto e sguardo si incrociano, come se lo spettatore fosse direttamente nel mezzo in modo da seguire gli intrecci. La macchina da presa si allontana da ciò soltanto quando deve inseguire i dettagli del laboratorio di Vittorio: gli zoom sulle fusioni e sugli oggetti in fiamme sembrano un modo per fare percepire la loro trasformazione, il cambiamento disperatamente ricercato dal protagonista.

L’azione del fuoco è ripresa maniacalmente dall’autore in ogni singolo dettaglio ed ancora una volta sembra che lo spettatore possa addirittura entrare all’interno del fuoco. Questa fusione entra in parallelismo con le scene d’amore tra i protagonisti: la cinepresa riesce a far sentire la superfice della carne in modo che si possa percepire la sua mancanza, con le ossa di Sonia che sembrano quasi fuoriuscire dal suo stesso corpo. A tal proposito, l’interpretazione di Michela Cescon, i quali occhi continuano ad esprimere l’oggetto del desideiro, è incredibile, così come la sottrazione molto potente realizzata da Vitaliano Trevisan.

L’emarginazione e l’ossessione continuano ad essere le luci principali che avvolgono le figure mostrate da Garrone… ed il fatto che siano figure lo mostra l’autore stesso, dal momento che in un momento viene persino deciso di cancellare totalmente la messa a fuoco tra i due fidanzati mentre si parlano, con i volti che vengono letteralmente distorti. Questo tocco è per sottolineare quella che ormai è la totale mancanza di incompatibilità tra i due, lentamente costruita durante lo sviluppo della loro relazione sempre più tossica. Tale tossicità è stata formata a causa di un soffocamento causato dalla mancanza di forza, simboleggiata dalla continua ricerca di leggerezza da parte di Vittorio.

Recensione di Primo Amore

Le ossa dell’amore mancato

Vittorio viene presentato come un orafo ossessionato dalla definizione del peso. Tramite il peso lui può capire la consistenza dei suoi oggetti, verificarne il valore e la possibilità che possano piacere a qualcuno. Eppure, nonostante tutto il suo impegno, non riesce ad avere controllo sui suoi affari, si sente solo, afflitto e costantemente distrutto. Il peso degli oggetti rappresenta il peso della vita: siamo avvolti da numerose situazioni che diventano sempre più difficili e per questo, a causa dei macigni che dobbiamo portare, ci riesce difficile reagire e muoverci con le nostre sole forze. Questo Vittorio lo sa bene, ma il peso della vita è diventato troppo grande per lui.

Tale peso può essere sostenuto attraverso una persona che si ama e per questo non sorprende che il protagonista abbia bisogno delle attenzioni di Sonia, ma le cose si mettono molto male quando il protagonista diventa sempre più ossessionato dal dimagrimento del suo corpo, obbligando la sua metà a mangiare sempre di meno, costringendola praticamente alla fame. L’ossessione di Vittorio per far dimagrire Sonia riflette la sua paura per il peso: facendo dimagrire Sonia la rende sempre più leggera e questo non solo fa sentire l’uomo più sicuro di sé nel riuscire a reggere le sue condizioni sulle spalle, ma gli consente pure di riempire i vuoti che avvolgono le sue ossa, cercando di controllarla.

Il controllo che Vittorio vuole assumere su Sonia è il controllo che chiunque vorrebbe assumere nella vita stessa, ma portato fino all’estremo e fino alla distruzione. Sonia stessa è una ragazza dolce che cerca solamente affetto e sostegno, ma il vero peso è ciò che Vittorio versa su di lei, impedendole di respirare e soffocandola. Garrone quindi usa l’ossessione di Vittorio anche per denunciare la mania del controllo del genere maschile, il quale vuole arrivare a modellare non solo il carattere della donna, ma anche il suo aspetto fisico fino allo sfinimento. Tutti gli oggetti assumono delle forme e le donne, secondo Vittorio, possono essere modellate esattamente come i suoi gioielli.

Il film riesce estremamente a far sentire tutta la disperazione di Sonia, la quale chiede semplicemente di potersi nutrire. Il nutrimento non è solo quello fisico, ma anche ciò di cui sentiamo di avere bisogno: attenzioni vere, attenzioni che riguardano l’unione stessa dell’amore e non l’attenzione per compiacere solo il proprio ego o le nostre insicurezze. La stessa insicurezza di Sonia nell’osservare il proprio corpo la spinge inizialmente a dimagrire, evidenziando la problematica di riuscire ad accettare le nostre di forme. Anche un essere umano è fragile come un oggetto, ma c’è differenza tra la fragilità di Sonia nel riuscire a voler bene a sé stessa, fino alla sua ribellione, e le violenze psicologiche di Vittorio.

In conclusione, “Primo Amore” è un’altra conferma del talento eccezionale di Garrone nel riuscire a mettere a nudo qualsiasi desiderio umano, a prescindere dalle sue conseguenze. L’opera risulta infatti essere un magnifico ritratto della mancanza di accettazione dei propri limiti e nella ricerca del rispetto che viene sempre più a mancare, distruggendo i valori del patriarcato con una sublime originalità.

Voto:
4/5
Gabriele Maccauro
4/5
Riccardo Marchese
4/5
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Voto del redattore:
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