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Recensione – Zodiac, la consacrazione di David Fincher

Uscito nelle sale italiane nel 2007, Zodiac è uno dei migliori film di David Fincher. Ma per quale motivo è così importante?
Il film del 2007 di David Fincher, Zodiac

La retrospettiva dedicata a David Fincher continua con Zodiac, il film diretto dal regista di Denver nel 2007 e con un cast stellare – Jake Gyllenhaal, Robert Downey Jr, Mark Ruffalo, Brian Cox, John Carroll Lynch e Chloe Sevigny – che, nonostante sia ricordato meno rispetto a titoli come Seven o Fight Club, ne ha sancito la definitiva consacrazione. Di seguito, ecco quindi trama e recensione di Zodiac.

La trama di Zodiac, il sesto film diretto da David Fincher

Prima di passare all’analisi del film, è bene spendere due parole sulla trama di Zodiac, visto che è tratto da una storia vera ancora oggi irrisolta. Nell’estate del 1969, un uomo uccide sette persone – di cui tre uomini e quattro donne – in California. Nel farlo, lascia indizi e tracce del suo operato, con enigmi a cui polizia ed investigatori non riuscirono mai a trovare una soluzione, avvicinandosi sempre di più ad una risposta senza però riuscire ad agguantarla. Il film infatti arriva fino al 1982 e ci racconta inoltre di come, fino al 2007 – anno di uscita del film – il caso non sia mai stato risolto, come d’altronde non lo è ancora oggi.

Il film diretto da David Fincher nel 2007, Zodiac

La recensione di Zodiac, la consacrazione di David Fincher e l’ossessione

Presentato in anteprima alla 60esima edizione del Festival di Cannes, Zodiac è il sesto lungometraggio diretto da David Fincher. Un regista simbolo degli anni ’90 – sono ormai cult assoluti i suoi Seven e Fight Club – che è stato però sempre in grado, o almeno quasi sempre, di leggere il presente e soprattutto di trasporlo in pellicola immediatamente. Ne è un esempio perfetto The Social Network, ma lo è in realtà anche questo film. Sì perché quella di Zodiac è una storia vera ed ancora oggi irrisolta, che dunque nel 2007 non era di pura attualità, ma ancora argomento di conversazione. Una storia perfetta anche per lo stile del regista ed in linea, per esempio, con il già citato Seven. Una storia dunque cucita addosso a David Fincher che, in tutti i suoi 162 minuti di durata, dà il meglio di sé e realizza quella che è, probabilmente, la miglior opera da lui mai diretta.

 

Dopo una carriera iniziata con un Alien 3 su commissione e da lui stesso rinnegato, David Fincher ha poi iniziato a creare un proprio stile autoriale, nato con Seven e proseguito con Fight Club, The Game e Panic Room che, a prescindere da quanto siano riusciti, hanno tutti in comune la stessa cosa: l’ossessione. Zodiac non fa eccezione ed anzi, porta Fincher su un livello mai raggiunto prima: complice forse anche una questione anagrafica, ma Zodiac è senza dubbio il film più quadrato nella carriera del regista di Denver e che anche grazie alla meravigliosa fotografia di Harris Savides ed alla messa in scena, con ambientazioni quasi sempre notturne o in interni, getta immediatamente lo spettatore all’interno della storia. Fincher non si limita a questo però, ma rende lo spettatore parte attiva della narrazione e lo fa consapevole del fatto che gli uomini sono uomini e che le ossessioni che tratta sono più comuni di quanto si possa pensare, ricordandosi che non c’è o bianco o nero ed anzi, sfaccettando perfettamente i propri personaggi, facendo sì che lo spettatore possa empatizzare con tutti loro: Paul Avery – un eccezionale Robert Downey Jr. in uno dei ruoli migliori della sua carriera – è un uomo scontroso ed alcolizzato, il Dave Toschi di Mark Ruffalo una persona quasi delusa dalla propria vita, amareggiata, mentre il Robert Graysmith di Jake Gyllenhaal è quasi un sociopatico, ossessionato dalla storia del Killer dello Zodiaco e che finisce per distruggere – cosa che tra l’altro ci viene sottinteso sia già avvenuta una volta – la propria vita e famiglia pur di inseguire una sua ossessione, forse utopica.

 

Egli inoltre non si concentra solo sulla specifica storia di Zodiac, ma si allarga, passando dal particolare al generale e ci racconta un paese intero, gli Stati Uniti, con la sua ipocrisia, i sorrisi di facciata e di come tutto venga costantemente spettacolarizzato, visto che ci sono centinaia di morti nel corso degli anni toccati dalla pellicola e quelli del Killer dello Zodiaco sono una piccolissima percentuale, eppure finisce per prendersi sempre le copertine di tutti i giornali e riviste perché, come diremmo oggi, fa tendenza. Fincher decide sì di mostrare la violenza attraverso alcune sequenze di omicidio, ma spesso e volentieri è fuori campo che accadono le cose, decidendo dunque di concentrarsi sull’indagine e spostando l’obiettivo non dell’inchiesta, ma del film stesso. Di nuovo, non è più tanto l’assassino in sé quanto la strada da percorrere per poterlo catturare, gli enigmi, i punti interrogativi mai risolti e come un uomo possa finire, se riesce a tenere botta, a dedicare la propria esistenza ad un’ossessione. Zodiac è un puzzle da ricomporre, un film fatto di lunghi dialoghi, di parole su parole, un thriller eccezionale ed ancora oggi il vero grande capolavoro di un regista che forse, dirigendolo, ha voluto anche togliersi di dosso i panni del regista generazionale legato ai suoi lavori anni ’90, consacrandolo definitivamente come uno degli autori più importanti degli ultimi decenni.

Voto:
4.5/5
Riccardo Marchese
4.5/5
Andrea Boggione
4.5/5
Christian D'Avanzo
4.5/5
Alessio Minorenti
4.5/5
Matteo Pelli
4/5
Paola Perri
4.5/5
Vittorio Pigini
4.5/5
Bruno Santini
4.5/5
Giovanni Urgnani
4/5
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