Articolo pubblicato il 5 Agosto 2023 da Bruno Santini
Prodotto dalla A24, Respiro Profondo è un documentario di Laura McGann distribuito sulla piattaforma di streaming Netflix a partire dal 15 luglio 2023. Il prodotto in questione, che tratta il delicato tema dell’immersione non risparmiandosi nelle sue rappresentazioni, si serve di materiale di archivio che viene unito – qualora ci siano delle riprese mancanti – a immagini e filmati di repertorio, raccontando la difficile storia e il rapporto con l’immersione da parte di Alessia Zecchini. Prodotto che ha saputo impressionare tutti gli spettatori in streaming di Netflix, lasciando con il fiato sospeso e non soltanto per il suo tema, di seguito si offre la recensione di Respiro profondo, titolo con cui è conosciuto in Italia il documentario The Deepest Breath.
La trama di Respiro Profondo, il documentario della A24 su Netflix
Prima di procedere con la recensione di Respiro Profondo, è importante innanzitutto considerare la trama del documentario prodotto dalla A24: Alessia Zecchini, messa in primo piano fin dalle prime scene del prodotto, è una nuotatrice esperta nelle immersioni che, fin dalle sue prime performance, ha dimostrato di avere un talento innato per l’apnea. Nonostante la preoccupazione del padre, i risultati sono stati immediatamente sotto gli occhi di tutti: 105 metri nuotati in apnea in piscina, non ancora maggiorenne, e 52 metri in profondità in mare, eguagliando alcuni record italiani che erano stati battuti da nuotatori molto più esperti e allenati. Da questo momento in poi, Alessia Zecchini si è allenata per raggiungere il suo vero e proprio idolo: Natalia Molchanova, una leggenda dell’immersione.
Contemporaneamente, il documentario mostra anche il percorso di Stephen Keenan, dalle sue prime esperienze in Africa fino all’amore per l’immersione, che l’ha portato a conoscere Alessia e a diventare parte di una coppia (non solo lavorativa) con lei. Dai 224 metri di record italiano in piscina alla rivalità con Hanako Hirose, passando per la competizione del Vertical Blue e l’esperienza tragica dell’Arco a Dahab, il documentario mostra un percorso catartico da parte della nuotatrice che, a posteriori, può parlare della sua carriera e di come tutto ciò le abbia cambiato la vita.

La recensione di Respiro profondo: un documentario capace di andare oltre il documentario
Dopo aver considerato la trama di Respiro profondo, è possibile proseguire con la sua recensione. Inevitabilmente, un documentario come The Deepest Breath fonda parte della sua intensità sulla capacità di convincere, attraverso le immagini, il suo spettatore: il primo compito a cui è chiamata Laura McGann è, dunque, quello di non intervenire in maniera costante attraverso cenni di un’autoreferenzialità che spezzerebbero il ritmo e rallenterebbero la frequenza cadenzata di un documentario come Respiro Profondo, che vive delle sue pause, delle sue immersioni non soltanto letterali, ma anche emotive, coinvolgendo lo spettatore anche attraverso silenzi e voci fuori campo. Un compito assolutamente portato a termine da parte della McGann, qui alla sua seconda regia di un lungometraggio; il grande merito di The Deepest Breath è catturare lo spettatore permettendo di comunicare, anche se soltanto in termini prospettici, quelle medesime sensazioni che sono provate dai protagonisti all’interno del racconto.
Inevitabilmente, chi guarda condivide per empatia quella stessa sorte, conscio di quali siano i rischi di ogni immersione e, soprattutto, istruito a conoscere il possibile esito di una carriera che non lascia scampo neanche ai più grandi. È perfetta la scelta di mostrare la crudeltà dell’immersione, non edulcorando mai ciò che si osserva e permettendo allo spettatore di comprendere la verità: il 99% delle immersioni in apnea presenta dei problemi, specie nella sua parte finale, e perdere conoscenza è all’ordine del giorno. Osservare lo svenimento di chi si immerge, comunicare la mancanza di aria nei polmoni, tanto da dover essere reintrodotta artificialmente, parlare di collasso polmonare a cui si potrebbe andare incontro proseguendo: Respiro Profondo non è un racconto eroico, non è la rappresentazione di chi ce l’ha fatta nonostante gli ostacoli, bensì la manifesta rappresentazione di una realtà difficile, omicida, ma che nonostante questo viene sfidata, ottenendo giorno per giorno delle vittime. In tal senso, per quanto il finale del documentario sia piuttosto telefonato, l’emotività riesce allo stesso modo ad essere restituita: Alessia Zecchini è consapevole del rischio di morte e con la morte combatte ogni giorno, ma forse non è pronta ad accettare che la perdita della vita riguardi chi le è più prossimo, nel tentativo di salvare la sua vita.
Laura McGann è brava a non intromettersi mai né con interventi extradiegetici, né con artifici retorici e stilistici, soffermandosi semplicemente su quel che racconta, restituendo al documentario quel che è, lasciando che la struttura stessa del suo prodotto vada oltre: per questo motivo, il taglio è anche “poco” documentaristico, lasciando che la comunicazione sia pregna di impianti emotivi, più che estetici; mai realizzando un’agiografia del suo protagonista e mostrando anche i risvolti di un carattere difficile; sostituendo il commento tecnico con la lacrima, lasciando parlare chi vive e non chi osserva; mostrando occhi sgranati che da soli sanno comunicare più di ogni altra parola.