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Recensione – Private, il film d’esordio di Saverio Costanzo

Recensione - Private, il film d'esordio di Saverio Costanzo

Vincitore del Pardo d’oro al Locarno Festival, Private è il film d’esordio di Saverio Costanzo, con cui il regista di Hungry Hearts è stato premiato anche come miglior regista emergente ai David di Donatello. Il film del 2004, scritto da Saverio Costanzo con Alessio Cremonini e Camilla Costanzo, rappresenta uno spaccato importante della questione palestinese, di cui il regista italiano offre un contributo attraverso una narrazione visivamente claustrofobica, servendosi anche della collaborazione con il regista, sceneggiatore e attore palestinese Mohammad Bakri. Di seguito, la trama e la recensione di un film da recuperare assolutamente. 

La trama di Private, esordio di Saverio Costanzo

Prima di proseguire con la recensione di Private, è importante valutare innanzitutto la trama del film d’esordio di Saverio Costanzo; il racconto si basa su una famiglia palestinese: Mohammad B. e sua moglie Samiah vivono, con cinque figli, all’interno di un appartamento che si trova al confine tra Israele e Palestina e, per questo motivo, ogni notte subiscono le incursioni da parte dei soldati israeliani, che mettono a dura prova la loro sopravvivenza. Nonostante questo, Mohammad è un fautore della non-violenza e decide di non reagire con la forza, decidendo di non abbandonare la sua casa così come fatto da tutti gli altri: il luogo diventa strategico per gli israeliani, che decidono di occuparlo e dividerlo in tre zone. 

 

Nella zona del piano terra può vivere la famiglia, che deve trovarsi confinata nel salone a meno che non sia concessa la possibilità di spostarsi anche all’esterno o in cucina, mentre il primo posto è occupato dai soldati. La situazione crea sempre più scontri all’interno della famiglia: Mohammad B., insegnante di inglese e unico che sappia parlare con i soldati israeliani, tenta di frenare gli istinti della sua famiglia, rappresentati soprattutto da suo figlio Yusef che vuole ribellarsi a questi ultimi e abbandonare la casa. Ben presto, Mariam inizierà a recarsi di nascosto al piano superiore e ad osservare i soldati nei loro comportamenti quotidiani. 

La recensione di Private

Considerata la trama del film, è possibile proseguire con la recensione di Private: il film d’esordio di Saverio Costanzo rappresenta un modo più che convincente per avviare una carriera cinematografica, lasciando il segno non soltanto per risultato, ma anche per intenzioni. È evidente fin da subito che il regista abbia dei marchi distintivi, tanto dal punto di vista narrativo quanto per motivi di natura estetica, che emergono dalla narrazione di Private; se esordire con un film che racconta l’occupazione palestinese è, di per sé, un azzardo, considerare il fatto che il prodotto sia del 2004 e che Saverio Costanzo si sia servito di un consulente palestinese durante le sue riprese aumenta ancor più la connotazione positiva di un prodotto che sa raccontare, attraverso uno spaccato pregevole, la drammatica situazione vissuta da un popolo che viene, troppo spesso, avvertito come lontano. 

 

I segni caratteristici del cinema di Saverio Costanzo emergono fin dal primo film: la claustrofobia e la dilatazione delle scene fino a stremare lo spettatore, il ricorso alla camera a mano, che permette di “sporcare” ancor più la visione, così come la concezione di scene mai limpide, che si servono di una costante alternanza tra chiari e scuri, lasciando a questi ultimi la (non)rivelazione degli eventi narrati. Costanzo si fida particolarmente delle immagini, anche quando queste non sono chiare e nette sullo schermo: è grazie alla giusta cura del sonoro e alla concezione di un climax crescente che il film riesce in ciò che maggiormente deve offrire, impressionando lo spettatore per la crudeltà di quanto raccontato e offrendo una disamina lucida a proposito di un popolo e una guerra di cui molti ignorano le componenti. 

 

La stessa casa in cui vivono i protagonisti del film diventa, così, un luogo di segregazione, divisa com’è in tre zone il cui accesso è garantito soltanto dal benestare dell’esercito israeliano: lo spazio interno dell’ambiente in cui vive la famiglia palestinese si fraziona ancor più, dunque, nelle fattezze di una sola stanza, per poi limitare maggiormente lo spazio (anche emotivo) attraverso le scene in cui Mariam si rifugia nell’armadio del primo piano, per osservare da una sola fessura i soldati israeliani. È la capacità di vedere oltre ogni ostacolo, di stabilire un bisogno primordiale da parte dell’essere umano: conoscere, nonostante le privazioni. Saverio Costanzo è un regista che, a seguito di questo film, dimostrerà di avere un’incredibile capacità di trattare gli aspetti sensoriali ma che, già in Private, riesce nel suo intento, nonostante gli evidenti limiti (strutturali soprattutto) di una concezione cinematografica ancora acerba. 

Private e l’importanza di fare a meno della falsa retorica

Ciò che emerge maggiormente dalla visione di Private è la capacità, da parte di Saverio Costanzo, di raccontare la crudeltà senza fare affidamento alla falsa retorica, che sarebbe ben più semplice da concepire per un film di questo genere. Fin dall’inizio, l’interrogativo di Mohammad è letterario: “essere o non essere? Questo è il problema”, attraverso la citazione shakespeariana che accompagna questo film in una dicotomia di fondo che viene soltanto mostrata, lasciando che sia lo spettatore a trattare le sue conclusioni. L’occupazione israeliana è certamente un evento negativo per la famiglia di Mohammad B., che però non reagisce: durante tutta la visione lo spettatore si chiede se un atto di questo genere sia giusto o sbagliato, se si parli di coraggio o di incoscienza. 

 

Allo stesso tempo, nelle scene più cariche di tensione del film, in cui Mariam visita il piano superiore della sua casa per osservare i soldati israeliani, si è combattuti nel giudizio: si tratta di un atto soltanto evitabile o della necessaria affermazione della propria libertà di guardare, nonostante la privazione? In tutto il film di Saverio Costanzo emergono degli interrogativi che il regista sa ben offrire al suo spettatore: certo è che la presenza di Mohammad Bakri, nei panni del protagonista (regista che aveva diretto, tra gli altri, il documentario Jenin, Jenin sui disastri dell’occupazione israeliana della Palestina), è di per sé un indicatore di ciò che il film vuole raccontare e del modo in cui questo racconto vuole essere condotto. A Saverio Costanzo non interessa il benestare di pubblico e critica, per cui non si affida mai ad una retorica spicciola che semplificherebbe quello che la guerra è: nella sua confezione, Private è un film che soprattutto al giorno d’oggi merita di essere recuperato, per avere uno sguardo migliore e più completo sul presenze, per non farsi affabulare da false retoriche e per costruire la propria verità. 

Voto:
3.5/5
Christian D'Avanzo
3/5
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Data di rilascio:
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