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Recensione – Indiana Jones e il quadrante del destino, diretto da James Mangold

La recensione di Indiana Jones e il quadrante del destino

Presentato fuori concorso alla settantaseiesima edizione del Festival di Cannes, distribuito nelle sale cinematografiche statunitensi il 30 giugno 2023 mentre in quelle italiane il 28 giugno dello stesso anno. Diretto e coscritto da James Mangold insieme a Jez Butterworth, John-Henry Butterworth e David Koepp, prodotto da Kathleen Kennedy, con la colonna sonora composta dal Maestro John Williams. Il cast comprende: Harrison Ford, Mads Mikkelsen, Phoebe Waller-Bridge, Toby Jones, Boyd Holbrook, John Ryes-Davies, Thomas Kretschmann, Ethann Isidore, Shaunette Renée Wilson ed Antonio Banderas.

La trama di Indiana Jones e il quadrante del destino, diretto da James Mangold

Indy che non è più quello che affrontava i nazisti su un treno in corsa, nel lontano 1944: siamo infatti nel 1969, nei frenetici giorni dell’allunaggio, ed è ormai prossimo al ritiro, si sente superato dal mondo che lo circonda (tanto che scienziati ex-nazisti come Voller collaborano persino con la NASA) e si ritrova a guardarsi allo specchio pieno di rimpianti. Proprio quando sta per festeggiare la sua meritata pensione, il professor Henry Walton Jones Junior viene coinvolto dalla sua figlioccia Helena in una nuova avventura intorno al mondo, per intercettare un oggetto antico che cerca anche Voller, in compagnia del suo lacchè Klaber: il quadrante di Archimede, un manufatto in grado di riscrivere la storia(?).

 

 

 

 

La recensione di Indiana Jones e il quadrante del destino, con Harrison Ford e Mads Mikkelsen

Non è una situazione comune quella di trovare una saga diretta interamente dallo stesso regista, ancora più raro se si tratta di un autore dalla spiccata genialità quale è Steven Spielberg. Dopo un quarto capitolo che sembrava mettere la parola fine, la crisi di idee dell’industria cinematografica hollywoodiana non ha risparmiato nemmeno il ripescaggio del marchio con l’archeologo più famoso del mondo. Le perplessità si sprecano, soprattutto se per la prima volta il timoniere non è più lo stesso a guidare la nave, ma James Mangold conferma, a livello tecnico, quanto di buono visto nei suoi più recenti lungometraggi, confermandosi a suo agio nelle sequenze d’inseguimento, in cui sale il ritmo e l’adrenalina, riuscendo a rendere comprensibili i lunghi momenti d’azione, requisito fondamentale per il pubblico medio contemporaneo. L’intento è quello di organizzare una struttura che possa accontentare fasce di pubblico diverse tra loro: principalmente si vuole rimanere fedeli ai capitoli precedenti ma aggiungendo un tocco cine-fumettistico, che possa far breccia nel cuore dei più giovani; già il personaggio stesso di Indiana, fin dall’inizio della sua avventura sul grande schermo, ha presentato connotati “supereroistici”: l’avere una doppia vita, da insegnante universitario ad esploratore; indossare un “costume” ogni volta che entra in azione; una schiera di cattivi sempre diversi e soprattutto il successo professionale va di pari passo con una tortuosa vita privata.

 

 

Per conformarsi all’offerta commerciale odierna, si prefigge il raggiungimento di una durata, ormai diventata standard, nonostante non ce ne siano i presupposti. Si riscontrano quindi momenti allungati eccessivamente, in particolare le scene d’azione, dilatate in maniera consistente, così come il finale dà la sensazione di rallentare ingiustificatamente. Lo standard qualitativo estetico non viene rispettato totalmente, l’utilizzo degli effetti visivi è studiato in modo tale da mostrarli il meno possibile, tuttavia quando il green-screen risulta necessario, salta all’occhio troppo facilmente, non amalgamando i personaggi con lo sfondo alle loro spalle, mentre invece fa fatto un plauso alla resa del ringiovanimento digitale applicato a Harrison Ford.

 

 

 

 

Le tematiche di Indiana Jones e il quadrante del destino, presentato fuori concorso a Cannes 2023

Il ritorno dei nazisti come cattivi non è solamente un espediente nostalgico per omaggiare I predatori dell’arca perduta (1981), ma pone un riflessione seria sulla situazione politico-sociale attuale: determinate ideologie stanno prepotentemente cercando di tornare alla ribalta tra le masse, vogliono far tornare indietro le lancette della storia di decenni, cambiando nella forma e nell’aspetto ma non nella sostanza, dividendo così il mondo in due tronconi: chi vuole proseguire nel percorso riformatore e chi invece intende difendere un modo di pensare reazionario e conservatore. 


Il tempo che passa e i costumi che evolvono provocano degli effetti che sul protagonista sono tangibili: la situazione di Indiana è la situazione della “Settima Arte”, entrambi meditano sulla loro condizione, inevitabilmente mutata; come i giovani del 1969 sono distaccati dall’archeologia, quindi dalle faccende terrestri, per alzare lo sguardo verso lo spazio infinito, così i giovani del terzo millennio hanno tolto la centralità al cinema per darla a numerose alternative d’intrattenimento che si sono sviluppate nel medio-lungo periodo. Scatta quindi il dubbio legittimo nel quale si pone il quesito di essere o no ancora utili, ancora importanti, oppure se la soluzione sia rifugiarsi in un passato più glorioso, in cui ci si possa sentire ancora capaci di trasmettere qualcosa.

Voto:
3.5/5
Andrea Barone
4/5
Andrea Boggione
3/5
Christian D'Avanzo
3.5/5
Gabriele Maccauro
2.5/5
Riccardo Marchese
3/5
Matteo Pelli
3.5/5
Vittorio Pigini
1/5
Bruno Santini
3/5
0,0
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