Articolo pubblicato il 8 Giugno 2023 da Bruno Santini
Dopo il grande successo ottenuto con Strappare lungo i bordi, Zerocalcare torna su Netflix con la serie Questo mondo non mi renderà cattivo che, a differenza della prima (ispirata a La profezia dell’armadillo) rappresenta un più personale e originale approccio dell’autore alla realtà sociale, politica e ideologica contemporanea. Ancora una volta regista, scrittore e doppiatore di tutti i personaggi – meno che l’Armadillo doppiato da Valerio Mastandrea -, Questo mondo non mi renderà cattivo esordisce sulla piattaforma di streaming in occasione del 9 giugno 2023. Di seguito, la trama e la recensione della serie TV in 6 episodi.
La trama di Questo mondo non mi renderà cattivo di Zerocalcare su Netflix
Prima di proseguire con la recensione di Questo mondo non mi renderà cattivo, si legge innanzitutto della trama della serie di Zerocalcare, presente su Netflix. La sinossi ufficiale del prodotto scritto, diretto e doppiato da Zerocalcare è offerta direttamente dal servizio di streaming, e recita quanto segue: “Un vecchio amico torna nel quartiere dopo diversi anni di assenza e fatica a riconoscere il mondo in cui è cresciuto. Zerocalcare vorrebbe fare qualcosa per lui ma si rende conto di non essere in grado di aiutarlo a sentirsi di nuovo a casa e a fare la scelta giusta per trovare il suo posto nel mondo. Questo mondo non mi renderà cattivo racconta la difficoltà di rimanere se stessi in mezzo alle contraddizioni della vita. Il titolo stesso della serie, che trae ispirazione da un brano di un cantautore romano, rappresenta una sorta di mantra, una frase che lo stesso Zerocalcare si ripete, quasi per auto-convincersi, nei momenti più difficili, quelli in cui diventa più forte il rischio di fare scelte sbagliate e rinnegare i propri ideali pur di togliersi dai guai.”

La recensione di Questo mondo non mi renderà cattivo
Scontri ideologici, paradossi sociali, contrasti emotivi e un clima costantemente immerso in quel (simil)nichilismo alla Zerocalcare che aveva già caratterizzato Strappare lungo i bordi: è questo il mix perfetto che caratterizza Questo mondo non mi renderà cattivo, di cui si offre una recensione non già sulla sua rappresentazione tematica, quanto sul trattamento di quegli elementi che vogliono essere idealmente inseriti in un mosaico ideologico da parte del suo autore. A ben vedere, ciò che aveva reso la prima serie un successo dell’autore torna qui rinforzato e maggiormente decisivo: il contenutisticamente sgrammaticato flusso di coscienza dell’autore viene accompagnato alla presenza costante dell’armadillo, doppiato da Valerio Mastandrea, capace di riportare la narrazione su un tono squisitamente pungente, per mezzo di quella costante ironia che ha sempre caratterizzato il personaggio più amato della penna (e della mente) di Zerocalcare.
Con i pregi, però, tornano anche i difetti del fumettista romano: l’impianto da soliloquio è ancora una volta confusionario, pur con una pecca di estrema confidenza nei propri mezzi narrativi; ancora, torna la dozzinale rappresentazione di quel mondo che si descrive non di certo aprendo gli occhi, ma con la costante consapevolezza di tenerli (almeno) socchiusi. Chi scrive, non crede di commettere un torto sostenendo che quelle di Zerocalcare sono tutte pedisseque e ammorbanti ovvietà, accompagnate ad una “smorfia” sociale che si camuffa ora da ironia, ora da critica. Il mondo rappresentato da Zerocalcare esiste ed è tangibile, talvolta semplicemente affacciandosi dalla propria finestra: eppure, finisce per diventare irrimediabilmente ridondante e banalizzato, caricaturale in ognuna delle sue forme e svilito di ogni sfumatura/connotazione. Così, il tanto decantato esistenzialismo dell’autore appare molto più simile ad una concreta capacità descrittiva, in cui l’umano ha però poco valore.
È per questo motivo che, non a caso, la serie diventa interessante quando Zerocalcare parla di sé, di ciò che conosce davvero: di quel costante senso di colpa da espiare, del successo che costituisce il divario esistenziale che separa dall’altro, di quella contraddizione ideologica che è insita in chiunque voglia davvero insegnare qualora, di quel sacrosanto valore di tacere a proposito di quei temi per cui (l’autore ne è conscio, a quanto pare) non c’è sempre motivo e possibilità di parlare. Spunti narrativi ed etici interessantissimi, che finiscono per acquisire un peso sempre più importante nella serie, tanto da non poterla certo definire con una completa bocciatura, ma che si lasciano troppo spesso sovrastare da una visione del mondo a metà tra il non colto e il non saputo dire.

Grattare lungo i bordi (e comunicare ben poco)
Ancora una volta, Zerocalcare dimostra di adagiarsi in una comfort zone tematica che appare legata più ad una precisa vocazione di natura ideologica quanto ad un bagaglio di conoscenze appartenenti all’autore. Una serie come Questo mondo non mi renderà cattivo muove da un preciso motivo politico, di cui abilmente si serve pur nel sottofondo di storie personali vissute e descritte con una certa sovrabbondanza di dettagli. Quando c’è bisogno di fare il passo ulteriore verso quella viscerale rappresentazione del mondo che si descrive, però, la serie si sfalda di fronte a quella auto-riferita costruzione che comunica un quantitativo enorme di temi, pur con la sensazione di non riuscire mai a offrire davvero un qualcosa. Ne deriva un impianto che si fonda sulla continua autocitazione, sul riferimento meta-testuale che strizza l’occhio alla polemica, che sbeffeggia – con fare sardonico – la (potenziale) critica che gli potrebbe essere mossa contro.
Uno stile (o meglio, un retro-pensiero) comunicativo che appartiene particolarmente ad un modus operandi di numerose realtà sociali della contemporaneità, mai in grado di comunicare davvero se non ad una precisa ed elitaria utenza: eppure, in questo caso, non si parla certo di naturali discorsi di target, quanto più di un’esclusività che si crede bene di conquistare attraverso la pretesa di un’intelligenza superiore, di una dote rappresentativa maggiormente vispa, di uno scherno mosso verso l’altro, talvolta verso se stessi. La comunicazione esterna italiana, che passa attraverso numerosi esponenti dalla volontaria portata altamente divisiva di cui anche la stessa Netflix sovente si serve, dimostra di star migrando sempre più verso una faziosità estenuante che – si badi bene – non ha nulla a che vedere con il politicamente e socialmente sacrosanto tema trattato. Questo mondo non mi renderà cattivo è, ancora una volta, una serie che non va mai a fondo di ciò che tratta, che preferisce tenersi in superficie. Di grattare lungo i bordi, parafrasando il titolo del grande successo Netflix di Zerocalcare, e comunicare ben poco.