Recensione – Regina Cleopatra, la docu-serie Netflix prodotta da Jada Pickett Smith

Recensione - Regina Cleopatra, la docu-serie Netflix prodotta da Jada Pickett Smith

Articolo pubblicato il 11 Maggio 2023 da Bruno Santini

Distribuita su Netflix a partire dal 10 maggio 2023, Regina Cleopatra è una docu-serie anticipata dalle polemiche e prodotta da Jada Pinkett Smith. Il progetto in questione, che alterna interventi di esperti con scene di finzione, racconta la storia di Cleopatra in medias res, ponendo l’accento su un discorso di enpowerment che riguarda una delle sovrane più conosciute e studiate della storia. Ma quale sarà stato il risultato? Di seguito, si indica la trama e la recensione di Regina Cleopatra, la docu-serie Netflix prodotta da Jada Pinkett Smith che vede Adele James nei panni della protagonista. 

La trama di Regina Cleopatra

A seguito della morte di suo padre, Cleopatra si troverà a regnare sull’Egitto inizialmente con suo fratello, Tolomeo XIII, in un periodo storico particolarmente difficile per i rapporti con la civiltà romana e per l’imperversante guerra civile di Alessandria. Cleopatra, una delle sovrane più importanti che si siano distinte nella storia, rappresenta una figura carismatica molto importanti, con incredibili doti di leadership e con una componente strategica marcata, che porta ad alleggerire gli aspri rapporti tra l’Egitto e Roma, attraverso il rapporto con Giulio Cesare. La trama di Regina Cleopatra segue la storia, per mezzo dell’alternanza tra fiction e documentario, con interventi di esperti e addetti ai lavori che tentano di porre l’accento su alcune dinamiche storicamente (o meno) accertate a proposito della Regina d’Egitto. Queen Cleopatra è il primo di numerosi progetti che vedranno Jada Pinkett Smith impegnata, in sede di produzione, nel cercare di restituire lustro e notorietà a regine africane. 

Recensione di Regina Cleopatra: un format disfunzionale

Uno dei comparti per cui cerca di emergere negli ultimi anni Netflix è quello documentaristico, grazie allo sfruttamento di quel trend crime che tanto appassiona diverse persone e che viene mostrato per mezzo di storie che raccontano delitti, serial killer o storie agghiaccianti. La stessa Netflix, inoltre, ha accolto anche altri documentari dalla qualità indubbiamente elevata, come Sr. che Robert Downey Jr. ha dedicato a suo padre. Con Regina Cleopatra si segue la scia del documentario per la rappresentazione della sovrana egiziana, in un prodotto che segue stilisticamente la condotta che era già stata osservata – di recente – nella docu-serie Gli ultimi Zar. Si cita proprio questo prodotto non soltanto per analogie di formato, ma anche per risultato: nel suo proporsi attraverso l’intervento intrusivo dell’esperto – rispetto alle scene mostrate – la serie prodotta da Jada Pinkett Smith non sa emergere né come serie TV, né come documentario.

 

A metà tra due formule che vengono ibridate in malo modo, la serie risulta tradire le sue stesse aspettative pedagogiche, raccontando davvero poco di ciò che avrebbe da dire. Uno dei difetti più grandi che possano essere riscontrati in un impianto documentaristico, infatti, è quello di raccontare banalità: la storia narrata da Regina Cleopatra è da banchi di scuola liceali, non presenta approfondimento alcuno né nella componente fiction, né nell’intervento degli esperti. È evidente, infatti, che si tenti di porre l’accento su altro, concentrandosi su un discorso femminista che può essere più o meno riuscito ma che, nei fatti, cancella ogni altra forma rappresentativa, anche quando ci sarebbero delle basi che vengono mostrate all’interno degli episodi. Scene fugaci, salti temporali molto rapidi e una trattazione sterile non di personaggi, ma di eventi narrati sono i marchi di fabbrica di una serie che non ha alcuna intenzione di parlare della storia, concentrandosi su una riabilitazione (davvero necessaria?) di Cleopatra, che da donna tradizionalmente e culturalmente riconosciuta come seduttrice viene qui presentata come abile, stratega, impegnata nel migliorare le sorti del suo popolo. Come diceva William Shakeaspeare – autore che la storia l’ha sempre sviscerata attraverso le sue opere, pur quando ha deciso di cambiarla restituendola alla cultura del suo tempo – in una sua commedia: Molto rumore per nulla.

Strizzare l’occhio alla polemica e poco altro

“Non importa cosa ti dicono a scuola, Cleopatra era nera”. Con questa frase, posta nei primi cinquanta secondi del primo episodio, inizia Regina Cleopatra; una serie, prodotta da Jada Pinkett Smith, che sapeva certamente di andare incontro alla polemica in virtù della scelta di Adele James nei panni della protagonista, in un prodotto che presenta l’etichetta di docu-fiction e che, dunque, ha dovuto confrontarsi con un quantitativo di polemiche enormemente più elevato rispetto al normale. Blackwashing, revisionismo storico e menzogna sono stati i temi più caldi di cui si è dibattuto a proposito del prodotto uscito su Netflix il 10 maggio 2023, che ha restituito un interrogativo: Cleopatra era davvero nera? Difficile a dirlo, guardando alle testimonianze degli storici, che sono sicuri del fatto che la generazione che precede la sovrana (almeno fino al bisnonno) fosse macedone, dunque bianca. Alcuni studi portano a sottolineare che la linea macedone sia proseguita fino alla madre della sovrana e che, dunque, Cleopatra non poteva essere nera. Dall’altro lato, si oppone la questione geografica e la discendenza da parte di padre, che giustificherebbero il colore della pelle mostrato all’interno della serie. 

 

Il punto, però, non è certamente questo, di cui si è offerta rapida sintesi per motivi di completezza: Regina Cleopatra è un prodotto perfettamente consapevole della polemica che avrebbe generato e che, si può azzardare, viene strutturato e confezionato per la medesima. Come se non fossero bastati gli scontri social precedenti alla serie stessa, di cui si è parlato di ogni tema, meno che della sua effettiva riuscita, il prodotto ripropone ancora una volta la polemica, questa volta sotto forma di provocazione, in più punti dei quattro episodi. Ciò, unito alla componente romance di cui spesso Regina Cleopatra si arricchisce, svilendo anche ogni possibile interesse che potrebbe nascere dall’osservazione di quello che dovrebbe essere un documentario, genera inevitabilmente un risultato: nei suoi intenti pedagogici, la docu-serie fallisce miseramente. Ne deriva un interrogativo che non può non essere considerato, relativamente alla condotta di una piattaforma – Netflix – che sta incontrando difficoltà enormi, soprattutto dal punto di vista produttivo, negli ultimi anni: è davvero questa la strada? È qui evidente che si ricatti lo spettatore, attirandolo per mezzo del proposito della polemica, per poi restituire poco altro rispetto alla polemica stessa. Prodotti di questo genere non soltanto sono svilenti, ma risultano essere anche insultanti e lesivi per lo spettatore e per la piattaforma.

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