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Recensione – Il Giardino delle Parole: sapersi prendere del tempo, mentre questo continua a scorrere

Il giardino delle parole - recensione Makoto Shinkai

Presentato al Gold Coast Film Festival in Australia nel 2013, “Il giardino delle parole” è la quarta opera dell’animatore e regista giapponese Makoto Shinkai che, nel fare le prove generali per quello che sarà poi il suo attuale capolavoro, realizza un film particolarmente personale e sentito, nonostante il poco minutaggio. Di seguito la recensione di “Il giardino delle parole” di Makoto Shinkai.

Il giardino delle parole Shinkai

Il giardino delle parole: la trama della quarta opera di Shinkai

<<Quand’ero piccolo il cielo mi sembrava molto più vicino: per questo mi piace la pioggia, perché porta con sé l’odore del cielo.>>

 

 

Studente quindicenne delle scuole superiori, il giovane Takao sogna di diventare un calzolaio e, abitualmente, decide di marinare la scuola nei giorni di pioggia per recarsi presso un giardino isolato dove poter coltivare la sua passione. Mentre un giorno, cullato dallo scroscio della pioggia, Takao stava portando avanti la bozza di un disegno per delle nuove scarpe, al giardino arriva una misteriosa donna beccata dal giovane a recitare dei versi di un tanka.

 

 

All’inizio i due non si scambiano nemmeno una parola, se non qualche occhiata veloce, ma i giorni degli incontri aumentano dato che Takao e la donna continueranno ad incontrarsi sempre e solo durante i giorni di pioggia allo stesso giardino. Questa confida al giovane parte della propria vita e Takao le rivela la passione per le calzature, chiedendole anche di poter realizzare un modello su misura per lei. I due si sono ormai avvicinati, ma la stagione delle piogge è ormai finita, inizia l’estate e la donna non incontrerà più Takao al giardino, con delusione di quest’ultimo. Con l’inizio del nuovo anno scolastico, il giovane farà una scoperta che non avrebbe voluto fare.

Il giardino delle parole – Recensione: sapersi prendere del tempo, mentre questo continua a scorrere

<<Il rombo del tuono nel cielo nuvoloso. Forse pioverà. E quando accadrà, resterai con me?>>

 

 

Dopo essersi addentrato nel fantasy più appassionato, all’interno del magico mondo sotterraneo di Agartha, Shinkai torna al realismo degli episodi quotidiani narrati in “5 cm al secondo”, andando anche oltre il “semplice” realismo materiale. Ciò che immediatamente colpisce ne “Il giardino delle parole” è sicuramente la complessità e delicatezza della sua tematica resa e perfettamente esaurita in appena 46 minuti di durata. Come nei precedenti lavori di Shinaki, ovviamente torna il tormentato legame che viene insidiato principalmente dal tempo, distante, inesorabile ed indomabile. Tuttavia qui il regista non si limita alla “semplice” malinconia sprigionata dal senso più puro di nostalgia, con la lontananza e la mancanza, ma alza ulteriormente il tiro e assesta una distanza che è effettivamente incolmabile: quella anagrafica.

 

 

Ormai lo spettatore della filmografia di Makoto Shinkai ha imparato che la dimensione spaziale e quella temporale si sovrappongono in un unico limbo, tenuto insieme e fatto girare dalla forza dei propri sentimenti. Se il proprio amore vive in un’altra città, la nostalgia e la distanza si fanno fortemente sentire, con la promessa e la speranza che ci si possa rivedere presto. Se una persona cara è ormai scomparsa o un ricordo d’infanzia particolarmente sentito è ormai lontano, il ricordo tiene vivo quel sentimento. Ma se, soprattutto in una società ed un Paese tradizionalista come il Giappone, un ragazzo non decide di innamorarsi di una donna che ha quasi il doppio dei suoi anni, non è più così “facile”.

 

 

Ne “Il giardino delle parole” però Shinkai non fa e non vuole assolutamente fare un trattato socio-politico sull’etichetta attribuita, dalle malelingue, a due persone che si amano divise da svariati anni di differenza, ma al solito decide un trattamento molto più intimista. Nella sua delicata poeticità, il regista narra dell’incontro fra Takao e Yukari come di un’avventura passeggera, nel senso più onorevole del termine. Un’esperienza catartica e salvifica per entrambi, necessaria, scaturita e nata da quello che dovrebbe essere un altrettanto necessario istinto dell’uomo: prendersi del proprio tempo. Come specificato dallo stesso Shinkai, la formazione dei gruppi sociali e l’instaurazione di rapporti e legami con gli altri è sicuramente fondamentale, ma lo è anche il sapersi prendere del tempo per sé stessi, la solitudine, non vista qui per forza con accezione negativa.

 

 

Nessun errore da dover rimediare, nessuna condizione di cui doversi vergognare, scegliere e decidere di prendere del tempo per potersi dedicare a sé stessi permette di approfondire i propri pensieri, conoscersi e coltivare le proprie convinzioni sulla compagnia di chi si voglia stare. Conoscersi e stare bene con sé stessi e con le proprie passioni, per imparare a stare con gli altri. Questa la lezione insegnata a Takao fuori dalla scuola marinata. Prendendosi del tempo per sé accadono cose belle ed impreviste, come un incontro casuale che regala un vortice di sentimenti.

Il giardino delle parole – Recensione: Shinaki perfeziona e sperimenta la sua Arte per il grande salto

<<Il rombo di tuono nel cielo nuvoloso. E anche se non piovesse, resterò con te.>>


Poeticamente delicato nella sua trattazione narrativa, con “Il giardino delle parole” Makoto Shinkai si permette di perfezionare la sua maturazione tecnica – ormai sempre più consolidata – e sperimenta nuove tecniche per incrementare la spettacolarità della messa in scena. Disegno a mano e digitale si mescolano così in una tavolozza di colori a dir poco stupefacente, con l’impianto grafico che sprigiona tutta la sua potenza sensoriale accompagnato da quello sonoro.


In solo 46 minuti si assiste ad un’esperienza cinematografica fuori dall’ordinario, dove la grafica e il sonoro avvicinano il film ad uno dei contenuti dal fine rilassante e a sfondo naturalistico. Forse più delle precedenti fatiche del regista ed animatore giapponese, in “Il giardino delle parole” Shinkai mette ben in evidenza i dettagli e la bellezza della Natura, i caratteristici giardini giapponesi che cambiano al mutar delle stagioni, la culla dondolata dalla pioggia tanto incessante quanto delicata e la catarsi che viene da sé. La bella colonna sonora, che ritma le suggestive immagini, viene firmata dal compositore e chitarrista giapponese Kashiwa Daisuke, che prende il posto del precedente collaboratore di Shinkai, Tenmon, ma che regala la solita soundtrack dal grande impatto. Oltre che dalle note e dalla canzone principale Rain, anche in questa opera vivono le emozioni regalate appunto non solo dalla componente grafica e sonora, ma anche e soprattutto dalla sceneggiatura nei suoi ricercati personaggi.


È lo stesso regista ad immedesimarsi fortemente in quello di Takao, rappresentato fin da subito come un ragazzo dal chiaro intento di voler creare qualcosa, in questo caso scarpe. L’atto in sé, ovvero quello di creare qualcosa, non deve infatti essere estrapolato unicamente come esteriorizzazione del proprio talento, o per scopi professionali, ma per Shinkai costituisce sempre un fine salvifico, la realizzazione di qualcosa che infatti – riallacciato al discorso sopracitato – permette all’autore di stare bene con sé stesso e con la propria passione. Affascinante è anche e quasi soprattutto il personaggio di Yukari, particolarmente ricercata nella sua caratterizzazione. La donna prende infatti molto le distanze da molte altre celebri rappresentazioni anime al femminile, non essendo né una scolaretta alle prese con le proprie storie, né una fredda donna action che non ha paura di niente e né il personaggio premuroso dai giusti consigli. Yukari è una donna, semplice, in carriera, fiera e determinata eppure particolarmente fragile, capace di provare un sentimento vero per un giovane ma conoscendo anche la cosa giusta da fare. “Il giardino delle parole” regala in tal senso un finale suggestionabile, con una scena post-credit da non perdere.

Valutazione
4/5
Christian D'Avanzo
4/5
Giovanni Urgnani
4/5
Bruno Santini
2/5
0,0
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