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Recensione – Boris 4: una serie “molto anglosassone” su Disney+

Recensione di Boris 4, serie su Disney+, finale di stagione di Boris

Fin dal momento in cui era stata annunciata, la quarta stagione di Boris su Disney+ era stata accolta con una certa ritrosia da parte del pubblico, mossa da due dubbi fondamentali: quanto peserà l’assenza di Mattia Torre nella scrittura della fuori-serie di grande successo? Come si evolveranno la satira e il contenuto di Boris 4 che, per la prima volta, viene prodotto e distribuito direttamente su Disney+? In grado di rispondere perfettamente ai due sopracitati interrogativi, la quarta stagione di Boris su Disney+ ha fatto addirittura di più rispetto a quanto ci si aspettasse, confermando il suo enorme valore e aggiungendo, a quest’ultimo, delle innovazioni contenutistiche incredibili. Viene di seguito offerta, a questo punto, la recensione di Boris 4, una serie – per la prima volta – non più troppo italiana, ma decisamente molto anglosassone

Boris 4: trama della quarta stagione della serie su Disney+

Ucronia, Alessandro: in italiano si dice ucronia. L'America non se la sono scoperta da soli. 

La quarta stagione di Boris prende le mosse da un problema pratico, che viene trasformato in opportunità: raccontare la televisione delle prime tre stagioni della fuori-serie italiana apparirebbe sostanzialmente anacronistico; dimenarsi in una rappresentazione di quell’altra televisione italiana, brevemente presentata nel corso di Boris 3, potrebbe significare, invece, un ritorno a certi canoni narrativi che erano già stati ampiamente superati dalla serie con René Ferretti, Stanis La Rochelle e Corinna Negri, la cagna maledetta. Per questo motivo, si sceglie una via alternativa: la trama di Boris 4 risponde esattamente a quel dubbio che aveva animato gli spettatori e che aveva fatto pensare a una perdita di qualità, qualora il prodotto fosse distribuito su Disney+.

 

 

Cosa succede a una serie che si fonda sulla satira e sulla rappresentazione di un ambiente marcio e corrotto (oltre che ricco di razzismo, omofobia, sessismo, mazzette, infiltrazioni criminali, fallimento e disillusione) che può non esprimere il suo potenziale in virtù di una piattaforma storicamente considerata come l’epicentro del politically correct? Boris 4 risponde in modo molto semplice: mostrando esattamente quegli stessi temi, intrisi in un senso generale di costrizione e di divieti dettati dalla presenza di una piattaforma e di un algoritmo che prescrive, vieta, “consiglia” e suggerisce di includere, tollerare ed evitare qualsiasi ambiguità

 

 

All’interno di Boris 4 si racconta di una nuova serie – Vita di Gesù – che dovrà essere realizzata dalla storica troupe de Gli Occhi del Cuore: questa volta, però, il budget è maggiore (così come i controlli di ogni aspetto della produzione) in virtù della promozione della piattaforma, governata da un algoritmo che regola l’interesse del pubblico e valuta l’indice di gradimento a proposito di ogni possibile scelta. Ne deriva una stagione in cui tutti quei meccanismi satirici che erano stati presentati nelle prime tre stagioni di Boris vengono riproposti in una dinamica totalmente differente, in cui l’obiettivo non è lo share (“una serie che fa 11 milioni non finisce!”), né l’approvazione della rete, ma l’inclusività ad ogni costo, tale da soddisfare ogni possibile e minima richiesta dell’algoritmo. 

Il cast di Boris 4: gli storici attori della serie e nuovi membri 

 
Boris 4 si basa sicuramente su un cast d’eccezione, che permette di condensare – all’interno delle 8 puntate della serie su Disney+ – la maggior parte degli attori che avevano lavorato all’interno delle prime tre stagioni della fuori-serie italiana. Da Francesco Pannofino a Pietro Sermonti, da Carolina Crescentini ai fratelli Corrado e Caterina Guzzanti, da Valerio Aprea a Ninni Bruschetta, da Paolo Calabresi ad Alessandro Tiberi, gli storici attori di Boris sono presenti anche nell’ultima stagione su Disney+, dove non mancano anche Giorgio Tirabassi, Karin Proia, Antonio Catania, Luca Amorosino, Carlo Luca De Ruggieri, Alberto Di Stasio, Andrea Sartoretti, Massimo De Lorenzo, Eugenia Costantini e Massimiliano Bruno. Tra le nuove presenze di Boris 4, è degna di nota sicuramente quella di Edoardo Pesce, che veste i panni del mitologico Tatti Barletta che era stato più volte oggetto di citazioni nella serie (Chi min**ia è Tatti Barletta?).
 
I due volti che mancano, nella quarta stagione di Boris, sono quelli di Mattia Torre e Roberta Fiorentini, ai quali vanno le dediche della serie nella prima e nell’ultima puntata del prodotto televisivo. Per Mattia Torre, è pregevole l’omaggio condotto da Valerio Aprea, che costituiva parte del trio storico di sceneggiatori e che, in Boris 4, appare in quanto visione degli altri due, in grado di suggerire e indirizzare la riuscita della serie. La storica Italia, che aveva accompagnato René in quanto segretaria di edizione, era diventata una figura iconica di Boris. Parafrasando il magistrale Glauco interpretato da Giorgio Tirabassi, la si ricorda con la più celebre delle sue citazioni: “Daje cor vino”. 

Recensione di Boris 4: tutti i cambiamenti per far funzionare la serie 

Goditela quest'infelicità, Biascica. La felicità fa andare più veloce il tempo, la felicità ti avvicina alla morte: bisogna usarla con cautela. Goditi la tua infelicità, lentamente.

Boris 4 ha avuto bisogno, inevitabilmente, di numerosi cambiamenti affinché l’intera struttura funzionasse, non apparendo noiosamente ripetitiva e non apparendo come solo e semplice fan service. Per quanto sia chiaro che la reunion del cast di Boris risponda ad una richiesta specifica dei fan di Netflix, che hanno riscoperto e apprezzato la serie ad anni di distanza, la nuova struttura della serie ha permesso di giustificare al meglio quanto osservato, dando una nuova anima al prodotto Boris e rendendo possibile una nuova originalità nel prodotto in questione. René Ferretti, lo storico regista ormai disilluso, si ritrova di fronte alla serie Vita di Gesù, i cui canoni dovranno essere naturalmente differenti rispetto ad Occhi del Cuore

 

 

Ciò che funziona maggiormente, in Boris 4, è il senso della piattaforma. Sostituendo il Dottor Cane, le cui logiche produttive sembrano essere assolutamente superate, l’algoritmo impone un regime e un modus operandi che cambiando considerevolmente, pur conservando tutti quei tratti che avevano permesso a Boris di diventare ciò che attualmente è per ogni suo spettatore; il clima malavitoso e di corruzione presente sul set di Occhi del Cuore viene incrementato in Boris 4, tramite la presenza del “cugino di Lopez, lo zio Michele”, un esponente della ‘ndrangheta calabrese che finanzia l’intero progetto, obbligando la troupe a scegliere soltanto comparse calabresi (“Farisei, sadducei, viandanti, lebbrosi, mendicanti, posseduti… so’ tutti calabresi: ma è una scelta?”). 

 

 

Intanto, la piattaforma è chiara: c’è bisogno di inclusività. Sulla base di questo espediente Boris 4 riesce a mostrare tutta quella ipocrisia tipica di chi ricerca l’inclusività ogni costo, la storia thin, che viene presentata non attraverso un proposito qualitativo, quanto più in quanto richiesta inderogabile che serve alla serie di esiste. Il set di Vita di Gesù si arricchisce di un San Tommaso nero, un San Marco bambino cinese (forse vietnamita), un Giuda omosessuale e ha bisogno, necessariamente, di inclusività anche nella sua troupe: se un amico necrofilo proprio non convince, allora, è Duccio Patané che – nel suo senso di disillusione e nel suo festeggiare i 25 anni di inattività sessuale – rappresenta il prototipo ideale: l’asessuale

Boris 4: una serie fin troppo anglosassone

Il superamento del modello “troppo italiano” che Stanis La Rochelle aveva teorizzato all’interno di Boris avviene non soltanto per mezzo di forzati anglicismi, algoritmo, piattaforma, una produzione esecutiva anglosassone e tutto quel divario che c’è nel parlare con quest’ultima (“One scene!”), ma anche in virtù di un prodotto completamente diverso nei suoi aspetti. Non c’è dubbio che Boris 4 faccia, ancora una volta, della satira il suo perno fondamentale, così come non c’è dubbio che questa satira sia completamente ragionata, controllata entro meccanismi assolutamente funzionali e ripetuti, che spesso rimandano ai fasti delle prime tre stagioni di Boris. 


Attraverso un citazionismo incredibile, che richiama alcune delle più celebri battute di Boris, si può assistere ad un meccanismo che porta lo spettatore – guidato lungo il suo percorso – a riscoprire quelle risate che la prima volta erano state spontanee: ritornano la cagna maledetta, il leitmotiv di Pierfrancesco Favino che fa tutti i ruoli, l’a cazzo de cane come stile di ripresa, regia e recitazione, il calcolo matematico che Corinna deve realizzare per dissimulare le sue scarse doti recitative; ritornano il vino con Glaucio, la droga con Duccio e Alfredo, troppo spesso nel camerino a pensare. Sono di nuovo presenti il tema musicale de Gli Occhi del Cuore e le frasi del Dottor Giorgio (“sono colpevole… colpevole di amarti” detto da Gesù sulla croce è la stessa frase che il Dr. Corelli aveva detto a Karin in Gli Occhi del Cuore). Ritornano, infine, i riferimenti ai più grossi fallimenti televisivi della carriera di René, come La bambina e il capitano, Libeccio, Caprera e Gli Occhi del Cuore. 


Boris 4 è una serie fin troppo anglosassone, che nasce per piacere a tutti, per accontentare i fan storici del prodotto e non dar dispiacere a chi, invece, lo scopre per la prima volta. Attraverso un ottimo lavoro su tutti i fronti, che coinvolge anche gli storici attori di Boris in una veste ancor più estrema (il Mariano Giusti di Corrado Guzzanti è diventato un fanatico amante delle armi ed emulatore del modello americano, mentre il Glauco di Giorgio Tirabassi, cambia la storia della serie con il suo concetto di prensilitè), la quarta stagione della serie dimostra di avere qualcosa da dire e, soprattutto, di saper donare un finale degno del suo nome. In un certo senso, il pubblico in sala pronto a guardare il lavoro di René Ferretti è lo stesso che, alla fine del film su Boris, aveva osservato il lavoro del regista che, a seguito dei suoi fallimenti con un film politico, aveva trasformato il tutto in un cinepanettone. Adesso, invece, finalmente René può dire di aver avuto il finale che meritava, così come tutti i fan della serie. 

Voto:
4/5
Christian D'Avanzo
0/5
Andrea Boggione
4.5/5
Paola Perri
4/5
Vittorio Pigini
4/5
0,0
Rated 0,0 out of 5
0,0 su 5 stelle (basato su 0 recensioni)
Voto del redattore:
Data di rilascio:
Regia:
Cast:
Genere:

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