Cerca
Close this search box.

Tár: il crudele anti-conformismo verso Hollywood

Uno dei film più attesi del festival di Venezia 2022 era “Tár”, il quale segna il ritorno dietro alla macchina da presa dell’acclamato Todd Field dopo 16 anni. La trama vede Lydia Tár, lodata compositrice di fama internazionale, impegnata a realizzare il suo prossimo progetto musicale, finché degli elementi controversi del suo passato non riappariranno improvvisamente per gettare nuove ombre sul suo animo e non solo.

Viviamo in un’epoca storica in cui gli autori di Hollywood, grazie all’esplosione del Me Too, denunciano fortemente il maschilismo tossico che da anni continua a tormentare le minoranze femminili e che affonda le sue radici proprio nel mondo dello spettacolo. Anche Todd Field vuole stare al passo con i tempi scegliendo determinati temi, ma la direzione che decide di adottare prende una piega inedita ed inaspettata.

Questa definizione appena affermata non è legata al fatto che lo sfondo dell’opera sia lo studio della musica classica tanto amata dai protagonisti, ma alle numerose sfumature che la pellicola affronta per esempio attraverso la ricerca dello sguardo: in essa vediamo le numerose pulsioni sessuali della protagonista la quale, grazie a dettagli seminati nelle inquadrature per nulla didascalici, insegue i suoi istinti che la influenzano costantemente.

Parliamo di una donna lesbica protagonista e questo elemento, che è una delle prime caratteristiche inizialmente mostrate, può far pensare che il film voglia mostrare i lati umani di una coppia LGBT come siamo abituati a concepire per la ricerca dell’integrazione ed in un certo senso è così… ma dall’altra parte sconvolge vedere che quella stessa donna lesbica porga spesso i suoi occhi su giovani figure femminili che lavorano con lei, a tal punto che una di queste ultime influenza il suo giudizio critico in un’audizione, proprio come la figura del maschio etero pregiudizioso che giustamente oggi viene attaccato.

Tuttavia, prima di vedere la scena descritta, l’opera inizia con una critica estremamente diretta nei confronti di chi prende i lati personali negativi di un’artista iconico e li usa come motivo per valutare negativamente o anche solo per non ascoltare i suoi importanti brani, relegando la grandezza di un compositore solo al proprio genere o al proprio carattere e di conseguenza limitando le potenzialità infinite dell’arte che può comunicare ad ognuno di noi in modi completamente diversi.

La presenza delle successive pulsazioni sessuali “tipicamente da maschio etero” può far pensare, a chi legge, che l’obiettivo sia proprio distruggere la difesa di artisti controversi nella vita privata, ma in realtà l’opera precisa che condannare determinate azioni non significa superare i limiti come, in questo caso, il cancellare dallo studio un’artista come Johann Sebastian Bach per le sue idee politiche relegate al tempo in cui è vissuto, togliendo ogni singolo contesto da un’analisi corretta che a causa di ciò non è più definibile tale.

Per Field quindi la distinzione delle opere dalla persona non implica una giustificazione dei propri comportamenti, ma colpisce il fatto che lui dichiari esplicitamente che la distruzione della carriera di un’artista arrivi in pochissimo tempo e possa cancellare qualsiasi cosa costruita con tanta fatica e sudore, anche con merito. Field quindi denuncia l’aggressività dei media, ma allo stesso tempo denuncia comunque il marcio presente ad Hollywood, mostrando che certe posizioni di potere possano nascondere dei demoni spaventosi e questi demoni spaventosi possono crescere in chiunque. Da qui arriva l’audacia di scegliere proprio una donna come possibile contenitore di tali demoni, evidenziando quindi l’importanza della parità dei sessi ma al contrario rispetto all’innocenza violata dal settore dello spettacolo.

E la scelta, per i ferrei sostenitori del Me Too, potrebbe risultare a favore del maschilismo, ma nonostante la controversa protagonista, nel film ci sono vittime di abusi e di inganni, vittime per cui proviamo pietà e dolore, ma anche vittime di scorrettezze legate non alla sessualità, ma alla ricerca costante del creare il massimo dall’opera musicale, interrogando quindi lo spettatore persino se sia legittimo violare delle amicizie per semplice onestà artistica. C’è anche il cinismo e l’indifferenza causate dall’essere umano che vuole fuggire dalle situazioni spiacevoli e per questo diventa freddo nel modo peggiore verso altri rapporti con le persone: la storia della vicina di casa di Tár è uno dei massimi simboli di questa cosa. Per Field ogni umano ha la sua corruzione ed il suo egoismo alimentato da una società avida che cerca la convenienza, da cui nessuno può scappare e che solo l’innocenza infantile sembra evitare. Non c’è comprensione perché non c’è comunicazione, la quale spesso viene sostituita con la manipolazione che distrugge i rapporti umani e lavorativi.

La regia rivela queste cose attraverso le azioni, evidenziando le figure corporee catturate da un’impostazione geometrica che spesso mette al centro di uno spazio le persone, ma tale spazio finisce per diventare claustrofobico proprio perché l’anima dei personaggi è soffocata e quindi non riesce a riempire i vuoti delle stanze che invece dovrebbero emettere calore. Quest’ultimo è invece assente anche grazie alla fotografia volutamente grigia che a volte distoglie delle sagome con la messa a fuoco per evidenziare il peccato. Gli sguardi che mostrano sofferenze e pulsioni sono aiutati fortemente da Cate Blanchett che, nei panni della protagonista, firma una delle più straordinarie interpretazioni della sua carriera, senza contare il resto del cast assolutamente perfetto.

Abbiamo parlato di calore assente, ma questo calore torna solamente nei momenti in cui si suona, perché nonostante la malignità che circonda tutto il film, Todd Field trova comunque il tempo di mostrare l’importanza della musica attraverso un sonoro eccellente che fa assaporare ogni singola nota, la quale viene accompagnata da ogni singolo strumento ripreso con inquadrature dettagliate che seguono le dita e le labbra che accarezzano gli strumenti, con un montaggio che evidenzia sempre di più la crescita della coesione e della sinfonia. L’autore evidenzia come, nonostante l’apparente assenza di umanità, la passione per l’arte riesca sempre a far trovare una comunicazione che forma dei team (in questo caso orchestre e compositori) che riescano a trasmettere negli altri le più potenti sensazioni. L’autore quindi denuncia i nostri vizi e la nostra società, ma allo stesso tempo eleva la grandezza dell’arte, nonostante anche questa stessa arte rischi di essere rovinata proprio dal contesto sociale distrutto dalla manipolazione.

“Tár” di Todd Field è un’opera che distrugge e ricostruisce il modo in cui il nostro mondo cinematografico è abituato a vedere la lotta per le minoranze, senza abbattere la base di fondo ma anzi, analizzando nuove sfumature che portano a delle riflessioni spesso inedite per opere di questo tipo… e proprio questo originale approccio, realizzato con tanta delicatezza e intelligenza, dimostra che il ritorno dell’autore dopo tanti anni è destinato ad essere forse considerato in futuro uno dei punti più importanti che siano mai stati trattati nel cinema nelle lotte sociali di questo decennio

Voto:
5/5
Andrea Boggione
4.5/5
Christian D'Avanzo
4.5/5
Gabriele Maccauro
5/5
Alessio Minorenti
4.5/5
Paola Perri
4/5
Vittorio Pigini
4.5/5
0,0
Rated 0,0 out of 5
0,0 su 5 stelle (basato su 0 recensioni)
Voto del redattore:
Data di rilascio:
Regia:
Cast:
Genere:

PRO