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Joker: perché un sequel non è dannoso

Joker sequel

Dopo due anni trascorsi con varie voci e speculazioni, il sequel di “Joker“, il vincitore del Leone D’Oro diretto da Todd Phillips, è finalmente realtà. Infatti è stato proprio lo stesso Phillips a pubblicare su Instagram la notizia, mostrando il titolo della sceneggiatura che sembra essere “Joker: Folie À Deux“, con tanto di foto che vede il protagonista Joaquin Phoenix impegnato a leggere il copione.

 

Quella di “Joker” è stata una delle operazioni più singolari del panorama cinematografico odierno: l’opera prende il nome del villain di Batman più celebre della cultura pop, ma il genere a cui appartiene non si rifà agli schemi di quello supereroistico, ma assume la forma di un thriller psicologico con il minor numero possibile di scene d’azione, omaggiando il cinema di Martin Scorsese. Si prende piccoli elementi provenienti dall’universo di Batman per attirare persone abituate ai blockbuster d’azione affinché vedano un genere diverso dal solito ed allo stesso tempo si attrae un pubblico più di nicchia.

 

Un’operazione apparentemente rischiosa, tanto che la Warner stessa era estremamente titubante a lanciarla (prima dell’approvazione, alcuni produttori hanno protestato per possibili danni al merchandising ed hanno addirittura cercato di abbassare il più possibile il budget affinché il regista rinunciasse a farlo), ma il film, oltre ad essere stato sostenuto da una fetta grossa della critica ottenendo inaspettati riconoscimenti come il già citato Leone d’Oro al Festival di Venezia e le pluricandidature agli Oscar che si sono trasformate anche in vittorie, è stato un incredibile successo commerciale superando la cifra del miliardo di dollari, divenendo anche il primo film vietato ai minori a raggiungere un risultato del genere senza contare l’inflazione. Una vittoria su tutta la linea quindi.

 

Il film, ancora prima che uscisse nelle sale cinematografiche, era già stato lanciato come un’opera autoconclusiva ed effettivamente non c’è nessun cliffhanger nel finale, ma gli incassi cinematografici hanno fatto una gola troppo grossa per non essere immediatamente afferrata, così eccoci qui a parlare di un seguito… ma la cosa non è stata presa bene da diverse persone per un motivo preciso.

 

 

Durante la sua campagna marketing, il primo capitolo era stato presentato come “l’alternativa autoriale ai cinecomic commerciali“, poiché si distaccava dalle logicità produttive non legate alla creatività e volte solo a fare cassa, tra le quali la fissa di creare delle saghe cinematografiche da cui l’opera si sarebbe distaccata. Queste parole che abbiamo appena parafrasato entrerebbero quindi in contrasto con l’annuncio del sequel appena fatto, dato che si tratta di uno degli elementi considerati “non autoriali” e quindi, secondo i detrattori, dimostra un’ipocrisia di fondo che manda a quel paese tutta la simbologia vantata, positiva o negativa, della produzione del film sul villain dell’Uomo Pipistrello.

 

Bisogna prima di tutto specificare che tale ipocrisia, presente o meno, non è campata per aria improvvisamente: già nelle interviste fatte a Todd Phillips, prima e dopo la serata dell’Oscar, quest’ultimo aveva dichiarato che ci sarebbe potuto essere uno spiraglio per continuare una storia nel caso avesse avuto un soggetto interessante come per esempio un Batman nato nella sua Gotham. Inoltre è stato rivelato che Joaquin Phoenix, di solito restio ai sequel, durante le riprese insisteva continuamente con Phillips affinché si potessero realizzare nuove storie su questa versione del personaggio a causa del forte ed inaspettato attaccamento che l’attore aveva provato per esso, tanto che vicino al set, sempre su esortazione della star, venivano spesso attaccati dei poster di ipotetici sequel che vedevano Joker protagonista di storie con stili diversi come “Rosemary’s Baby” o “Yentl“.

 

Qualcuno dirà che, programmata prima o dopo, la cosa rimane sempre un’ipocrisia di fondo… ma l’ipocrisia in nome del profitto fa parte del panorama di Hollywood da ben prima che la fissa per i sequel prendesse più piede in questi ultimi anni. Basti pensare a Francis Ford Coppola che era da sempre restio a realizzare un terzo capitolo della saga del Padrino finché, come da lui dichiarato, non ha deciso di crearlo solo perché il cineasta è finito ad un certo punto pieno di debiti. Stessa cosa per “Blues Brothers – Il Mito Continua“, opera che non sarebbe dovuta nascere a causa della scomparsa di John Belushi, ma che invece ha avuto l’approvazione del regista John Landis non appena la carriera di quest’ultimo fosse agli sgoccioli.

 

 

Che le operazioni siano andate bene come la prima o male come la seconda, il risultato è sempre lo stesso: l’ipocrisia colpisce anche i geni del cinema più amati e rispettati dagli studiosi ed appassionati, ma non per questo la creatività viene meno. Infatti è abilità di un grande cineasta quella di entrare in una produzione volta ad incassare ed allo stesso tempo rispettare la propria capacità e coerenza artistica nel raccontare una storia che voglia comunicare qualcosa, specialmente quando si hanno delle libertà da parte della produzione come ce l’avrà Todd Phillips grazie al successo economico del primo film in cui era già stata lasciata carta bianca sotto contratto.

 

Ed un sequel, di qualunque qualità sarà, non sminuirà la campagna marketing del precedente incentrata sulla distinzione, perché la mancanza di un sequel necessario era solo uno dei tanti elementi su cui la pubblicità, negativa o positiva che sia, voleva basarsi, perché questa si basava molto sulla struttura supereroistica assente, sui rimandi al cinema che ha fatto scuola e sulla denuncia di un contesto politico estremamente controverso e discusso, tutte cose che possono tranquillamente essere lasciate anche nel sequel successivo. Inoltre nella storia abbiamo avuto tanti sequel di film autoriali particolarmente importanti che hanno dimostrato di avere non solo coerenza artistica, ma anche un successo di critica nonostante il cavalcare tendenze commerciali: “Mad Max: Fury Road” e “Blade Runner 2049” sono solo alcuni di tanti altri esempi che si possono tranquillamente fare e la dimostrazione che, se l’ipocrisia sarà presente in un minimo di base per la realizzazione di un sequel, la creatività potrà spostare l’attenzione su altro… ed anche se così non fosse, gli esercenti saranno comunque felici.