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Nostalgia: il cinema dei maestri

Presentato in concorso al “Festival di Cannes” del 2022, nonché trasposizione del romanzo omonimo del 2016, scritto da Ermanno Rea, approda nelle sale “Nostalgia”, la nuova splendida pellicola del maestro Mario Martone. 

Pierfrancesco Favino, protagonista, nei panni di Felice, interpreta un uomo che, dopo quarant’anni, torna nella sua Napoli, precisamente nel rione Sanità, per andare a trovare la madre malata, e riscoprire quell’ambiente da tempo abbandonato.

Martone continua la sua analisi sull’identità, sulla psicologia umana, e sulla ricerca di se stessi : temi cari nella sua filmografia, basti pensare anche al recente e ottimo “Qui rido io”.

Napoli vive, regna, si mostra come l’assoluta regina della storia, rappresentata in blocchi danteschi in cui il protagonista si ritroverà a vagare, percependo una sorta di “Nostalgia” per quel Paradiso che ha attorno, ma dovendo scontare in Purgatorio la pena per le sue malefatte del passato, allontanandosi da quell’Inferno che lo stava per corrompere, e dove potrebbe tornare, causa pessime frequentazioni. 

Con una regia attenta, pulita, capace di far parlare ogni inquadratura, si segue il viaggio del protagonista traghettato da un prete che lotta contro la camorra, un moderno Virgilio, interpretato da Francesco Di Leva, sempre pronto ad aiutare il prossimo. 

Il lavoro sul personaggio di Felice, da parte di Favino, è maestoso : l’arabo che si fonde al napoletano. Niente mi toglie dalla mente che questa camaleontica interpretazione sia figlia del monologo profondo e toccante che l’attore fece a “Sanremo” nel 2018, nei panni di uno straniero, con un grande lavoro sul dialetto.

Si percepisce, di sequenza in sequenza, quanto sia orribile sentirsi stranieri in casa propria. A nulla serve far del bene quando dall’altro lato le anime sono corrotte, già ormai perse, in un sentiero di disperazione, cattiveria, tormento, che nemmeno valori importanti, come l’amicizia, riescano a scalfire. 

 

Si scava introspettivamente nell’io dei personaggi, tra silenzi che comunicano ed espressioni che parlano senza bisogno di didascalismi. 

Un lavoro ben fotografato da un sempre attento e puntuale Paolo Carnera, capace di imprimere negli occhi dello spettatore l’immagine calda di una Napoli calorosa, ma talvolta fredda come la morte, in labirintici vicoli dove non solo l’essere umano possa perdersi, ma anche la morale, la fede, o l’umanità. Solo in fotografia forse si può esistere per sempre.

Grande opera d’autore per un cinema italiano che conferma le sue doti, in un periodo in cui Bellocchio incontra in sala Martone, ed ahimè anche la reticenza di un pubblico bravo a parlare o criticare altri tipi di film, ma poi distante dal voler sostenere quello che, a detta loro, sia “il vero cinema”.

 

Voto:
4/5
Christian D'Avanzo
4/5
Andrea Barone
0/5
Paola Perri
0/5
Giovanni Urgnani
4/5
Andrea Boggione
0/5
Carlo Iarossi
0/5
Alessio Minorenti
3/5
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