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Licorice Pizza: Alla scoperta dell’umano

Si usa spesso l’espressione “lettera d’amore” quando ci si riferisce ad un’opera di un autore che, dopo una lunga e consolidata filmografia, realizza una pellicola che tratta tematiche, ambienti e situazioni in qualche modo riconducibili alla sua infanzia o comunque afferenti ad un periodo storico considerato dal regista stesso fondamentale per la sua formazione artistica. Sicuramente questa locuzione verrà affibbiata in lungo e largo a “Licorice Pizza”, l’ultimo film di Paul Thomas Anderson in uscita nelle nostre sale il 17 Marzo 2022, e dunque val la pena interrogarsi se il rapporto tra Alana e Gary sia effettivamente l’unico nucleo tematico intorno al quale sviluppare una riflessione intorno al film e soprattutto se la nascita tra di loro di una (eventuale) storia d’amore sia narrata dal regista statunitense senza particolari guizzi o se sia riuscito invece a far valere il suo genio artistico per sconfiggere le insidie dell’insipida consuetudine.Si può affermare senza timore di smentita che fin dalla scelta del soggetto Anderson non cerca di rendersi la vita facile ma anzi, come sempre nei suoi film accade, cerca di inserire fin dalle premesse che accompagnano la nascita di ogni rapporto degli elementi di forte distonia che portano noi spettatori a non trovarci mai in una posizione confortevole ma anzi a porci continuamente domande circa la legittimità di ciò che avviene sullo schermo (basti pensare alla morbosità che aleggia fin da subito sul rapporto tra i protagonisti ne “Il filo nascosto”).In questo frangente ci troviamo ad assistere allo sbocciare di un rapporto tra un ragazzo di 15 anni ed una di 25, nel quale osserviamo fin dalle prime battute un’eccessiva spregiudicatezza, una caoticità dilagante e una ineliminabile immaturità di fondo da parte del primo e un forte disincanto misto a rassegnazione nella seconda. E’ chiaro che i due personaggi sopracitati non possono compiutamente essere riassunti da questi tratti caratteristici che infatti sono solo la mappa attraverso cui orientarsi per scoprire la miriade di ossessioni, idiosincrasie e limiti che li compongono.

Tra i tratti più interessanti di questa ultima fatica di Anderson vi è senza dubbio il modo in cui il regista decide di connettere tra di loro i vari elementi che vanno a comporre l’intreccio. Sembra che l’opera proceda unendo una sezione narrativa all’altra senza che vi siano forti punti di svolta o rigorosi passaggi che giustifichino il passaggio da una scena all’altra. Come già accadeva in “C’era una volta ad Hollywood” di Quentin Tarantino la pellicola assume quasi la forma di un ininterrotto flusso di coscienza nel quale l’autore compie un procedimento che sempre di meno viene tentato dal cinema d’autore contemporaneo, ossia l’edificazione di un “mondo” nel quale far muovere i personaggi. Gli Stati Uniti degli anni 70 si manifestano di fronte ai nostri occhi in modo vivido e pulsante mettendo a nudo tutte le loro contraddizione esacerbate ulteriormente dalla specificità dello scenario californiano nel quale qualsiasi parvenu si ritiene una star e ogni grande attore trascende diventando un dio sceso in terra. In tal senso Anderson torna a trattare, cambiando soltanto angolazione, una tematica a lui da sempre cara ossia quella della circuizione e dell’inganno finalizzati al solo tornaconto personale. Ci troviamo dunque al cospetto di un protagonista che saltando da un sotterfugio all’altro cerca incessantemente di trovare una facile via per il successo e l’autoaffermazione personale, cercando sempre di sfuggire ogni circostanza che possa richiedere come prerequisiti l’impegno e l’abnegazione. E’ su questa tela che il regista statunitense tratteggia, come solo lui sarebbe capace di fare, una storia d’amore sbilenca, arrancante e nella quale il possibile lieto fine è determinato soltanto dall’incastro fortuito e non necessariamente voluto di una serie di circostanze che vanno a collimare tra di loro. “Licorice Pizza” è un meraviglioso film sul conoscere se stessi conoscendo il prossimo e sulla tremenda difficoltà di instaurare rapporti duraturi vincendo le proprie insicurezze e accettando i difetti altrui. La scena finale del film è un meraviglioso e abbacinante squarcio di umanità che fa breccia nella filmografia di un grandissimo regista contemporaneo che forse mai come questa volta sembra essersi addentrato con successo alla scoperta delle pieghe dell’animo umano.


Voto
4.5/5
Andrea Barone
5/5
Giovanni Urgnani
4.5/5
Carlo Iarossi
0/5
Paola Perri
0/5
Andrea Boggione
4.5/5
Christian D'Avanzo
5/5
Paolo Innocenti
4/5
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