Articolo pubblicato il 20 Maggio 2025 da Christian D’Avanzo
Tra le saghe horror più conosciute dagli appassionati, e non solo, spicca quella di Final Destination, composta ormai da ben sei capitoli, con l’ultimo Final Destination Bloodlines distribuito nelle sale cinematografiche italiane dal 15 maggio 2025. Si tratta di film che oscillano tra l’inquietudine dell’invisibile “nemico”, che poi è comune all’umanità in quanto è la Morte, e la demenzialità – nonché originalità – con la quale proprio l’antagonista architetta i suoi sinistri disegni. Dal 2000 fino al 2012 sono usciti cinque lungometraggi della serie, con una cadenza triennale ben scandita, ragion per cui mancava l’appuntamento sul grande schermo da ben 13 anni.
Ciò è dovuto anche al fatto che con il quinto film era evidente il tentativo di conferire una circolarità alla narrazione, chiudendo quindi tutte le linee di intreccio, ma a quanto pare – per ragioni prima di tutto economiche, ovviamente – i produttori sono tornati sui loro passi e hanno deciso di dare nuovo respiro alla saga. James Wong è il regista del primo e del terzo capitolo, amatissimi dagli appassionati, mentre David R. Ellis ha diretto il secondo e il quarto; il quinto, invece, ha cambiato volto alla regia, con Steven Quale, e ora ci ha pensato la coppia formata da Zach Lipovsky e Adam Stein a realizzare il nuovo capitolo. Data l’ormai elevata quantità di capitoli che formano una saga di culto, seppur altalenante (come tutte le saghe horror d’altronde), è bene mettere un po’ d’ordine, per cui si propone di seguito la classifica di tutti i film di Final Destination dal peggiore al migliore.
6) The Final Destination (2009), di David R. Ellis
Il peggior film della saga è senza dubbio il quarto capitolo, l’unico senza riferimento numerico ma ribattezzato – per motivi commerciali – The Final Destination. Qui si viene già introdotti nel luogo del tragico incidente, e i segni relativi alla possibilità di morire si susseguono senza alcuna enfasi, bensì in maniera meccanica e schematica. Così facendo l’attesa è smorzata dalle ovvietà. Interessante però che la tragedia si consumi durante un evento e in un luogo pubblici, con tanto di personaggi negativissimi. Inoltre, i titoli di testa questa volta sono citazionisti e non funzionali all’introduzione dell’atmosfera che ha contraddistinto i film precedenti.
Per cavalcare l’onda momentanea del 3D, moda passeggera e terminata in poco tempo, gli effetti visivi sono posticci come mai prima d’ora nella saga, e le premonizioni del protagonista sono banalizzate nella forma, poiché vengono ridotte a dei sogni (anche ad occhi aperti) realizzati appositamente per il 3D. C’è una maggiore dose di sadismo, e alcune morti sono volutamente esagerate e ancor meno “credibili”/”realistiche” rispetto al passato, anche se la sensazione di disgusto è dietro l’angolo, e questo per un film horror così perverso e ironico è un aspetto positivo; in tal senso, basti pensare al montaggio e alle inquadrature nella sequenza della donna nel centro estetico, o al montaggio alternato tra la scena della piscina e quella dell’autolavaggio.

5) Final Destination 2 (2003), di David R. Ellis
L’obiettivo di Final Destination 2, che per inciso è uno dei peggiori film della saga, è quello di rendere mitologico il primo capitolo e simbolico il personaggio all’obitorio (il William Bludworth di Tony Todd), ma senza successo. Questo sequel ripercorre gli stessi passi del suo predecessore, e lo fa giusto con qualche guizzo (scena dal dentista; impronta in un certo senso hard rock nella sequenza iniziale). A differenza del primo, le premonizioni non hanno un montaggio elegante e invisibile, anzi, subentrano in soggettiva prima di un effetto straniante in termini percettivi: si esce e si entra dalla mente di Kimberly.
Carina invece l’idea di legare gli eventi del capitolo precedente al suo seguito espandendo il grande disegno della Morte, coincidenza dopo coincidenza. Per provare a contraddistinguersi, è interessante che gli amici della protagonista non sopravvivono dopo l’incidente iniziale, quindi Kimberly comincia la sua “lotta” contro il destino in compagnia di un gruppo di sconosciuti. La componente fantascientifica/fantastica qui paradossalmente viene ampliata, o meglio la Morte decide quando intervenire, ma questo elemento diventa troppo evidente (poco credibile persino per questa saga) nella narrazione: uno dei personaggi prova a sparare ma sei proiettili su sei fanno cilecca.

4) Final Destination 5 (2012), di Steven Quale
In posizione intermedia c’è Final Destination 5, dove è discreta l’idea di presentare il gruppo di colleghi che intraprenderanno il viaggio e che saranno quindi i protagonisti di questa nuova catena, ma l’avvenire della tragedia condivide gli stessi difetti del film precedente: i segni premonitori arrivano in modo meccanico e “senza emozione” uno dopo l’altro. L’intera sequenza della catastrofe iniziale è invece decisamente superiore rispetto a quella di The Final Destination, con effetti visivi meno pasticciati e una messa in scena ben più articolata.
Anche la gestione delle successive morti risulta capace di suggestionare, in particolare quella della ginnasta Candice e quella di Olivia dall’oculista (per tensione), ma anche quella di Isaac al centro massaggi (soprattutto per l’ironia). Il ritmo rispetto agli altri seguiti qui è più disteso, tanto che dopo circa un’ora ci sono state appena tre morti; per tale motivo, questo tetro e perverso racconto dell’orrore scorre rapido facendo avvertire a chi osserva ogni colpo inflitto ai corpi dei personaggi. Nel finale il tentativo di diversificarsi rispetto agli altri capitoli della saga è intrigante, ma la realizzazione è un po’ blanda e avrebbe meritato una connotazione psicologica differente, magari attraverso un espediente più creativo di quello scelto. Carina l’idea di dare una circolarità alla storia per tornare al primo film.

3) Final Destination 3 (2006), di James Wong
Final Destination 3 è uno dei migliori film della saga, e questo è dato anche dalla funzionalità estetico-narrativa dei titoli di testa e della presentazione della situazione iniziale che torna su un discreto livello dopo essere stata abbastanza maltrattata nel secondo capitolo; il regista, guarda caso, è lo stesso del primo film. L’ambientazione aiuta a generare un’atmosfera palpabile dove i segni assumono connotati premonitori evidenti agli occhi della protagonista. La scena della morte delle due amiche mentre si fanno le lampade è una delle migliori della saga, anche perché è causata perlopiù dalle loro azioni, ed è suggestiva persino la transizione al montaggio per passare direttamente alle bare del loro funerale; anche gli altri sono in un certo senso artefici del loro oscuro destino.
Interessante che la protagonista pensi che dopo la morte non c’è nulla, e questo potrebbe essere avvertito come un accenno di stampo nichilista, elemento che nella saga non è mai stato approfondito; inizialmente, la protagonista stessa dice anche di avvertire la presenza del fidanzato, ma immediatamente capisce che invece è una presenza fredda, distaccata e inquietante (la Morte). Ulteriore passaggio chiave è dato dalle fotografie che diventano testimonianze storiche, uno spaventoso reperto che anticipa i segni della futura morte dei personaggi (o di Lincoln, o addirittura della tragedia delle Torri Gemelle). Final Destination 3 pecca di riproporre lo stesso schema del primo capitolo, senza però riuscire mai a vincerne il confronto, ma è un film comunque interessante proprio per le suggestive novità che introduce.

2) Final Destination Bloodlines (2025), di Zach Lipovsky e Adam Stein
Quando meno te lo aspetti: Final Destination Bloodlines poteva essere l’ennesimo lavoro inutile, ridondante e meramente citazionista all’interno di una saga horror stanca, e invece si rivela essere il contrario. La coppia di registi ha visto, rispetta ed ama la simbologia rappresentata dalla serie, che è entrata nell’immaginario collettivo, ecco perché l’autoreferenzialità qui è incorporata nella narrazione in maniera assolutamente naturale, mai forzata o addirittura retorica, andando persino oltre in un ragionamento modernissimo.
Le novità introdotte fanno sì che la storia rappresentata lasci emergere non solo l’eredità dei traumi, più psicologici che fisici, ma evidenzi anche uno dei tratti tipici della contemporaneità: l’eccesso, sia cinematografico – dato da requel, sequel, reboot, remake e altri progetti fuori tempo massimo – che nella vita reale, dove l’umanità tende troppo a spettacolarizzare e a mercificare la qualunque. Non a caso, le morti sono sempre accompagnate da canzoni pop, l’umorismo è ancor più ironico e il grande disegno del “villain” si estende in maniera malvagia di generazione in generazione.

1) Final Destination (2000), di James Wong
Non è una regole sempre valida, ma nella maggioranza dei casi, almeno nelle saghe horror, il primo capitolo è il migliore. L’incipit risulta infatti memorabile per com’è montato e per la presentazione dei titoli di testa che crea l’atmosfera, mostrando riferimenti alla morte in letteratura, ma anche rimandi iconografici agli oggetti presenti nella stanza di Alex. Inoltre, attraverso l’uso dei rallenti i segni assumono significati differenti alla percezione del protagonista, per cui la messa in scena della sequenza iniziale del primo capitolo è – per distacco – la migliore in assoluto all’interno della serie. L’evoluzione del protagonista contribuisce a ibridare generi differenti all’interno del film, che si muove tra il dramma adolescenziale e l’ineluttabilità del destino, evidenziando la fragilità della vita umana in una chiave anche demenziale, tra le altre cose. Le premonizioni vengono inserite con eleganza, tramite un riflesso sul vetro ad esempio, e ciò alza ancor di più il livello del primo Final Destination.
