Articolo pubblicato il 11 Gennaio 2024 da Christian D’Avanzo
Presentato in anteprima alla quarantottesima edizione del Toronto International Film Festival, distribuito nelle sale cinematografiche americane il 17 novembre 2023, col titolo originale Next goal wins; mentre in quelle italiane l’11 gennaio 2024, tratto da una storia vera. Quale sarà stato il risultato di Chi segna vince? Di seguito la trama ufficiale e la recensione del film.
La trama di Chi segna vince, diretto da Taika Waititi
Di seguito la trama ufficiale di Chi segna vince, diretto da Taika Waititi:
“L’allenatore Thomas Rongen è stato sollevato dall’incarico di commissario tecnico della nazionale statunitense under-20, dopo la mancata qualificazione al campionato mondiale in Colombia. In alternativa, la United States Soccer Federation gli propone di allenare la nazionale di calcio delle Samoa Americane…che viene considerata la peggiore squadra al mondo dopo la più cocente sconfitta della storia del calcio: 31-0 contro l’Australia.”

La recensione di Chi segna vince, con Michael Fassbender
Dopo aver decostruito e sbertucciato la sacralità e il mito del supereroe americano all’interno della saga del MCU, beffeggiandosi dei fan che idolatrano e seguono con passione le vicende di personaggi in calzamaglia (o armatura), dirigendo Thor – Ragnarok (2017) e Thor – Love and Thunder (2022); il regista neozelandese cambia bersaglio e prende di mira un altro contesto altrettanto sacro per la cultura occidentale, più europea in questo caso: il calcio. L’Italia per prima sa benissimo quanto tale sport sia diventato un vero culto, coi suoi protagonisti idolatrati a tutti gli effetti come dei santi patroni; per il pallone l’intera Nazione si ferma, oggigiorno le partite si svolgono ogni giorno, ad ogni orario, non conoscendo pause, nemmeno nei periodi festivi. La presenza della religione è un fattore importante della pellicola, in relazione soprattutto alla tematica sportiva: gli abitanti delle Samoa Americane formano una comunità spirituale, legata fortemente alle tradizioni; la loro osservanza non è ostacolata da niente e da nessuno, ed è questo uno dei primi elementi di scontro culturale con il nuovo arrivato, che da perfetto calciofilo intende ribaltare le priorità, cercando di impiantare un nuovo concetto a cui tutto deve girare intorno.
La storia vera della nazionale più scarsa della storia e della sua sconfitta, ancora oggi la più pesante in ambito professionistico, è di partenza un ottimo pretesto per riflettere su come lo sport (non) andrebbe vissuto: in primis caratterizzando il personaggio del coach Thomas Rongen, un allenatore in piena crisi professionale e privata, mostrando mediante lui quanto l’essere umano possa rendersi ridicolo e imbarazzante prendendo questa realtà sul serio; arrabbiandosi, sbraitando e approcciare il tutto come se fosse un servizio di leva militare. L’intenzione di Waititi è riportare il calcio al suo stato primordiale: un gioco da spiaggia in cui semplicemente di si diverte a tentare di gonfiare una rete con una sfera di cuoio.
Un gioco alla portata di tutti, libero da rigidi tatticismi e lontano dall’essere la gigante macchina capitalista che è diventato nel corso dei decenni, con tutti i problemi che da ciò si sono generati. Sotto questa luce si può di conseguenza rielaborare il concetto di sconfitta, condizione da sempre avversa e debellata dalla società umana, sempre affannata nell’evitarla e a non riuscire ad imparare nulla da essa. Con lo spirito giusto e la giusta mentalità, perdere non è un disonore, anzi; la sconfitta si limita solamente al punteggio se non si smarrisce la voglia e il desiderio di divertirsi.

Cosa non funziona in Chi segna vince, tratto da una storia vera
Ad essere parodiato e messo alla berlina è anche il genere biografico, in particolare il filone sportivo. La sua onnipresente comicità demenziale e disequilibrata dissacra gli stilemi narrativi, citando platealmente pellicole che sono entrate nell’immaginario collettivo: Per vincere domani – Karate Kid (1984) e Ogni maledetta domenica (1999); peccato che nel terzo atto si ricorda di aver preso spunto da fatti realmente accaduti e che quindi il pubblico si aspetta determinati risvolti. Così si fa ricorso a tutti i cliché, prendendo la strada della convenzionalità: la sequenza della partita finale abbonda di nauseanti didascalismi per toccare le corde emotive dello spettatore, in modo da strappare in maniera ricattatoria la lacrima facile. La messa in scena dei minuti conclusivi del match è decisamente costruita per generare emozione, seguendo appieno le regole classiche e collaudate per un film di questo tipo; nel momento in cui bisogna arrivare al dunque, di colpo la demenzialità si arresta e da un momento all’altro, il tradizionale torna utile alla causa. Per essere ancora più chiari e comprensibili, è come se in Shrek, saga capolavoro dell’animazione, dopo aver ribaltato come un calzino e satireggiato i canoni della favola, si fosse celebrato il matrimonio tra Fiona e Azzurro.