Articolo pubblicato il 5 Febbraio 2023 da Bruno Santini
Ipersonnia è un nuovo film italiano che, dopo essere stato presentato in anteprima al 40esimo Torino Film Festival, è stato distribuito sulla piattaforma di streaming Amazon Prime Video. Il tentativo di rivitalizzare il genere sci-fi italiano, non pregno di numerosi successi, giunge attraverso l’opera prima di Alberto Mascia, che cura la sceneggiatura del prodotto in collaborazione con Alberto Saccà. Stefano Accorsi guida un cast corale ricco di attori, tra cui Caterina Shulha, Astrid Meloni, Paolo Pierobon, Giordano De Plano e Sandra Ceccarelli. Ma quale sarà stato il risultato di questo esperimento? Ecco tutto ciò che c’è da sapere a proposito della trama e della recensione di Ipersonnia.
La trama di Ipersonnia, film con Stefano Accorsi su Prime Video
Ipersonnia racconta di un futuro distopico ma, con molta probabilità, non molto lontano del tempo, in cui il problema del sovraffollamento delle carceri è stato risolto dal Ministro Costa, che ha ideato il sistema Hypnos: dopo aver commesso un crimine, i detenuti non vengono incarcerati, ma condannati ad un lungo sonno da cui possono essere risvegliati soltanto ciclicamente, in base alla sentenza emessa da un tribunale.
Nel loro stato di sonno, che dovrebbe avere la facoltà di rieducare il reo, i detenuti vengono a contatto con immagini che permettono loro di conservare alcuni ricordi antecedenti alla condanna e, nelle brevi fasi di risveglio, vengono interrogati a proposito dei sogni che hanno effettuato per anni. Uno dei fautori del processo è lo psicologo David Damiani (Stefano Accorsi) che, dopo aver subito un grave trauma, cerca di assicurare le migliori condizioni possibili ai detenuti, non agendo da giudice ma solo da medico: ben presto, però, si confronterà con una spirale di eventi che lo inghiottiranno e che renderanno l’intero sistema assolutamente insostenibile.

La recensione di Ipersonnia: buone pretese, ma non basta
Realizzare uno sci-fi che funzioni nel tessuto cinematografico italiano apparirebbe quasi un ossimoro, data l’enorme tradizione nostrana che ha spesso sfornato prodotti in bilico tra lo scadente e il non riuscito. In piena adesione con lo spirito produttivo degli ultimi anni, l’idea alla base di Ipersonnia è – ancora una volta – quella di riuscire a distaccarsi dai canoni rappresentativi tradizionali italiani, attingendo da numerosi elementi letterari, televisivi e cinematografici propri della cultura anglosassone. Sulla base di queste premesse, il film diretto da Alberto Mascia (al suo debutto dietro la macchina da presa) tratta lo sci-fi rinunciando a tutti quegli elementi che, per mancanza di budget o di idee – o per casi di difficile etichetta, si legga Creators – The Past – avrebbero posto in essere le premesse per un vero e proprio disastro.
Non ci sono astronavi, guerre o futuri post-apocalittici, scontri inter-dimensionali ma la presentazione di una realtà che, pur capovolgendolo attraverso termini ed estetica rinnovati, tratta ancora una volta il tema politico della dittatura, della verticalità del potere e dello scontro tra classi sociali, spesso collegate tra loro attraverso il fil rouge del complotto e del sistema contro il cittadino. Temi piuttosto comuni e gettonati, dunque, che sono propri di molte produzioni italiane ma che in questo caso vorrebbero arricchirsi di un’estetica rinnovata. Pescando a piene mani da narrazioni e stile anglosassone, Ipersonnia è un prodotto fortemente derivativo, che si serve di elementi simil-lynchiani – e non solo – per ricreare un universo a tinte blu, in cui la resa attoriale cerca di restituire un’apatia che, negli intenti, dovrebbe essere propria di un mondo che condanna le emozioni e le considera secondarie (suona familiare?) ma che, nei fatti, si perde negli ormai classici dislivelli tra attori impegnati in una medesima produzione. Stefano Accorsi guida un cast in parte ispirato, con buone interpretazioni (su tutte quella di Paolo Pierobon e quella della ormai lanciata Caterina Shulha) e tanti difetti, anch’essi parte di un discorso ormai trito e ritrito, per cui si fa fatica anche a stupirsi in negativo.
Il mondo che Ipersonnia vuole raccontare vive a metà tra le strade tracciate da Mulholland Drive e Memento, pur non riuscendo a replicare, neanche alla lontana, quelle intensità tipiche dei due film sopraccitati: il racconto è a metà tra ricordo e sogno, creando delle realtà parallele che investono i protagonisti. Perdere la memoria del proprio passato vuol dire, in qualche modo, perdere l’identità, dimenticare chi si è: per questo motivo, i detenuti dell’Hypnos conservano delle foto, da cui dovrebbero essere in grado di ricostruire la propria vita. Pur partendo da buone pretese, che tentano di rivitalizzare un genere, il film si perde in tanti difetti e molte semplificazioni, figlio anche di una cultura che ricerca a tutti i costi l’happy ending, la soddisfazione dello spettatore e la mitizzazione del personaggio protagonista: in tal senso, i continui cambi di rotta del film (chiamarli plot twist sarebbe eccessivo) appaiono grossolani e confusionari, oltre che piuttosto numerosi. Il finale, che pur poteva proseguire sulla scia dell’ipotetico sconvolgimento dello spettatore, sceglie invece di tornare troppo frettolosamente sui suoi passi.