Articolo pubblicato il 22 Maggio 2025 da Gabriele Maccauro
Presentato in anteprima all’interno del concorso ufficiale del 78esimo Festival di Cannes, The History of Sound segna il ritorno dietro la macchina da presa da parte del sudafricano Oliver Hermanus a tre anni di distanza da Living, remake di Vivere di Akira Kurosawa. Con protagonisti Paul Mescal e Josh O’Connor, il film è un adattamento dell’omonimo racconto di Ben Shattuck, qui accreditato come autore della sceneggiatura. A seguire, trama e recensione del film.
La trama di The History of Sound, diretto da Oliver Hermanus
Con protagonisti gli amatissimi Paul Mescal e Josh O’Connor, The History of Sound è il nuovo film del sudafricano Oliver Hermanus ed è stato presentato in concorso al 78esimo Festival di Cannes. Prima di passare alla recensione del film, è bene però riportare la trama dell’opera, così da dare un minimo di contesto ai lettori. The History of Sound segue la storia di due giovani durante la prima guerra mondiale, accomunati dall’amore e lo studio della musica, decidono di registrare storie e voci dei loro connazionali americani, con un viaggio che li legherà non solo da un punto di vista professionale. Il corso degli eventi li porterà però a dividersi e le loro vite prenderanno una piega diversa da quella da loro auspicata.

Paul Mescal in una scena di The History of Sound, diretto da Oliver Hermanus
La recensione di The History of Sound, presentato in anteprima a Cannes78
Quante false speranze, quanta attenzione mediatica intorno ad un’opera che vorrebbe raccontare tanto e che cade come un castello di carte sotto la fragilità della propria sceneggiatura. Prima dell’inizio del 78esimo Festival di Cannes – dove è stato presentato in concorso – The History of Sound era indubbiamente uno dei titoli più attesi, soprattutto grazie alla coppia composta da due tra gli attori più amati del momento, ovvero Paul Mescal (reduce da Il Gladiatore II e che rivedremo presto nel Biopic sui Beatles) e Josh O’Connor (lanciato definitivamente da Challengers di Luca Guadagnino e La Chimera di Alice Rohrwacher). Peccato però che il film fondi la sua stessa esistenza sullo star system, sul dare al pubblico ciò che è stato più volte chiesto a gran voce e che si dimentichi completamente di raccontare una storia che si possa considerare tale.
In The History of Sound funziona poco e niente. Non c’è nessuna storia del suono, la volontà di creare questa collezione di canzoni e musiche della storia d’America è banale, vista e rivista, poco avvincente e toglie tempo al racconto di ciò che davvero avrebbe contato qualcosa, ovvero la storia d’amore tra i due protagonisti: poche volte si è visto su grande schermo un amore così sciapo, debole, abbozzato. Neanche per un secondo lo spettatore sente che ci sia attrazione sessuale tra i due, lì dove il sessualità e sensualità sono completamente assenti e, considerando che tecnicamente ci sarebbe anche una scena di sesso tra i due, ciò dovrebbe dare abbastanza su cui riflettere. Nel momento in cui, per raccontare una storia d’amore, hai bisogno di costruire intere sequenze estremamente verbose, piene di parole su parole, ecco allora che hai davvero fallito.
Oliver Hermanus non aveva entusiasmato neanche tre anni fa, quando decise di dirigere un remake di Kurosawa – sta diventando una moda, considerando il fatto che proprio a Cannes78 ne abbiamo visto un altro, ovvero Highest 2 Lowest di Spike Lee, se possibile ancor peggiore – che, perlomeno, non aveva alcun tipo di ambizione e si limitava a rifare la stessa identica storia, peggio. Con The History of Sound le ambizioni ci sono eccome, soprattutto quella evidente e in ogni singola inquadratura, ovvero di arrivare ai premi Oscar (di certo non a quelli di Cannes, dove il palmares sarà, si spera, un miraggio). Che poi diciamocelo, se realizzi un’opera con questo obiettivo e questo è davvero il massimo a cui aspiri, c’è già un problema alla base. Come succede ormai sempre più spesso, ci si dimentica di asciugare e si aggiungono elementi su elementi, convinti che tematica o idea alla base bastino per rendere un film degno di questo nome.
The History of Sound è un film fallimento su tutta la linea, con un finale non solo telefonato ma imbarazzante proprio per intenti, che vorrebbe creare un racconto epico quando di epico non c’è nulla e che, soprattutto, nell’accontentare i fan sbaglia anche a livello di casting: se Josh O’Connor è l’unico pregio dell’opera, Paul Mescal è una scelta totalmente sbagliata. Ok, si è deciso che deve essere la nuova grande star del cinema mondiale, ma proprio questa nomea lo sta evidentemente limitando ed i fasti di Normal People e Aftersun sono ormai lontani. Sarà per la prossima volta. O forse no.