Articolo pubblicato il 1 Febbraio 2024 da Bruno Santini
Dal 19 gennaio arriva su Netflix 60 minuti, quarto film scritto e diretto dal regista tedesco Oliver Kienle che prende effettivamente i connotati del road-movie con veste action e narra una storia di rivalsa, mentre il tempo scorre velocemente.
La recensione di 60 minuti: la trama del film action su Netflix
Quarto lungometraggio del regista tedesco, 60 minuti racconta la spericolata giornata del giovane combattente di arti marziali Octavio: abile lottatore, ma dalla testa calda, la quale lo porta a vivere una situazione particolarmente tesa con la compagna e la figlioletta, dalla quale è infatti spesso distante. Proprio mentre sta per salire sul ring per un nuovo importante incontro, nel giorno del compleanno della bambina, Octavio riceve la chiamata proprio dalla compagna la quale lo informa (minaccia) che, qualora non dovesse riuscire a tornare a casa dalla figlia entro 1 ora, proseguirà per azioni legali nell’affidamento.
Il ragazzo non ci pensa 2 volte, abbandona la struttura dove avrebbe dovuto combattere e si precipita per tornare a casa dalla figlia. Tuttavia, l’incontro che avrebbe dovuto tenere era particolarmente importante per pericolosi affari malavitosi legati alle scommesse, con Octavio che dovrà sfuggire ai suoi inseguitori per le strade e i vicoli di Berlino, mentre i 60 minuti continuano a scorrere velocemente.

La recensione di 60 minuti: la corsa ad ostacoli verso la responsabilità (di scrivere una rigorosa sceneggiatura)
Per inaugurare la recensione dell’ultimo film del tedesco Oliver Kienle 60 minuti si vuole iniziare dal punto critico principale del film, la sua sceneggiatura. Scritta dallo stesso regista, la presa narrativa del film risulta infatti particolarmente scialba nella costruzione quantitativa e qualitativa di una visione che, in più, non fa sicuramente dei dialoghi la sua arma vincente, specialmente in una scena in particolare dove viene coinvolta la polizia, ma non sarebbe l’unica. I personaggi portati in scena (molti, se non troppi) non sono particolarmente interessanti, l’intreccio narrativo risulta in diversi punti fin troppo confusionario e le peripezie del protagonista per le vie di Berlino danno troppi spunti per sequenze dove, a vincere, non sono i pugni ma la sospensione dell’incredulità.
Diverse infatti le scene e condizioni (anche fisiche) al limite della plausibilità, sebbene il materiale da cui attingere faccia eco ad un genere (l’action-movie) che spesso si trova a cozzare contro questo elemento, facendo tutto sommato parte del gioco. Sfruttando la solita e classica metafore del “sul ring come nella vita, quando incassi ti devi rialzare”, la sceneggiatura del film si mostra particolarmente scarna ed incapace di approfondire a dovere, quando serve, il suo lato drammaturgico, specialmente nel finale eccessivamente divorato in pochi secondi e senza un punto di climax e di catarsi, ma semplicemente una conclusione come da programma.
In 60 secondi, inoltre, il minutaggio sfuggirebbe anche di mano, con l’azione che prenderebbe il via praticamente in pieno giorno e si concluderebbe in piena notte quando dovrebbe essere passata solo 1 ora, senza considerare traffico, spostamenti in metro ecc che renderebbe decisamente forzato sia passato solo quell’arco temporale. Non vengono tralasciate poi le interpretazioni del cast che, sebbene diano un’ottima prova fisica nelle coreografie e nelle sequenze action, dal punto di vista espressivo nemmeno il protagonista (interpretato comunque con dedizione da Emilio Sakraya) riesce ad andare oltre il blocco di pietra.
Al di là però dei suoi evidenti punti critici, 60 secondi sa divertire ed intrattenere realizzando quello che si era imposto di portare a termine, ovvero un’avventurosa corsa contro il tempo. Sebbene infatti lo sviluppo dell’intreccio narrativo diventi in alcuni punti inutilmente caotico, l’idea che funge da base per la storia funziona nella sua semplicità, così come i vari plot-twist incastrati per movimentare una visione che corre già di suo. A tal fine risulta infatti particolarmente efficace il sonoro, che supporta il ritmo incalzante e lo scorrere del tempo che si fa sempre più incisivo ad ogni minuto che passa.
L’abuso di split-screen resta poi funzionale, così come la coinvolgente regia di Kienle non solo nelle numerose sequenze di combattimento ma anche e soprattutto nel divertirsi a perdersi tra le vie berlinesi. Molti long take ed un intrigante dinamismo nello stile di ripresa, soprattutto negli spazi più angusti, peccano forse di un eccessivo movimento spesso inutile se non dannoso, specialmente nei momenti più intensi dove la stabilità risulta necessaria per poter catturare meglio emozioni e reazioni dei personaggi in scena. In conclusione, 60 minuti si mostra come film molto difettoso e che non riesce a scavare in profondità né nella sua trama troppo elaborata né nei suoi personaggi di pietra. Al contempo, il divertimento viene incoraggiato da una visione che scorre veloce e presenta un ricco lato action tanto nei numerosi combattimenti di arti marziali quanto nella spericolata corsa contro il tempo.