Articolo pubblicato il 30 Dicembre 2023 da Christian D’Avanzo
La recensione di Enzo Jannacci Vengo Anch’io, il docufilm di Giorgio Verdelli presentato in anteprima all’80esima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia ed incentrato sulla figura di Enzo Jannacci. A seguire. trama e recensione del docufilm.
La trama di Enzo Jannacci Vengo Anch’io, il docufilm Netflix su Enzo Jannacci
Prima di passare alla sua recensione, segue la sinossi ufficiale del docufilm Enzo Jannacci Vengo Anch’io, diretto da Giorgio Verdelli:
“Talento immenso e spiazzante, Enzo Jannacci ha navigato tra tanti generi diversi perché lui stesso era un “genere” unico. Nella Milano degli anni Sessanta, Jannacci ha scelto di raccontare gli esclusi e ha saputo recuperare e innovare la canzone popolare milanese anche attraverso collaborazioni con artisti come Dario Fo, Giorgio Strehler, Fiorenzo Carpi. Questa sua spiccata sensibilità, artistica e umana, si è tradotta negli anni in una costante invenzione linguistica e musicale che gli ha permesso di muoversi con maestria tra canzone d’autore e cabaret, rock’n’roll e jazz, teatro e cinema. In questo film, a bordo di un vecchio tram, si è trasportati in una Milano senza tempo che restituisce, attraverso un vastissimo repertorio spesso inedito e a prestigiose testimonianze di amici e colleghi – dal figlio Paolo a Vasco Rossi e poi Paolo Conte, Claudio Bisio, Diego Abatantuono, Roberto Vecchioni e molti altri – il ritratto sorprendente di un artista straordinario“.
La recensione di Enzo Jannacci Vengo Anch’io: invecchiare la modernità
Oggi le cose sono probabilmente cambiate ma, all’interno del suo panorama musicale, l’Italia ha sempre potuto contare su alcune figure con un peso specifico non indifferente. Una di queste, senza ombra di dubbio, è Enzo Jannacci. Musicista, cabarettista, attore e sceneggiatore, Jannacci ha segnato generazioni intere, partendo da Milano fino ad espandersi per tutta la penisola. Un personaggio a suo modo rivoluzionario, capace di lasciare il segno ed influenzare coetanei e nuove leve, come banalmente Elio e le Storie Tese. Dunque un successo garantito questo docufilm. No, non proprio.
Enzo Jannacci Vengo Anch’io è un prodotto che si fatica a comprendere. O meglio, l’intento è chiaro, l’utilità meno. Sì perché sembra essere ormai diventata una tendenza quello di realizzare documentari sulle figure dello spettacolo più importanti del nostro paese: solo quest’anno, ne abbiamo viste tantissime, da Raffa a Io, Noi e Gaber e proprio con quest’ultimo, le somiglianze sono disarmanti. Addirittura, la grandissima maggioranza degli intervistati è la stessa tra l’opera di Milani e quella di Verdelli ed è francamente faticoso dover seguire un prodotto dove tutti dicono quanto fosse il più geniale, vederne un altro e sentire le stesse identiche parole dalle stesse persone.
La differenza con Io, Noi e Gaber però, non sta solamente nel personaggio che si descrive – non ha senso e sarebbe anzi deleterio fare paragoni tra Gaber e Jannacci sia da un punto di vista umano che artistico – ma nei due punti fondamentali per un docufilm come questo: il montaggio ed un ritmo che, dal montaggio stesso, deriva. Enzo Jannacci Vengo Anch’io è infatti un lavoro lento, faticoso, che pesa ancora di più se si pensa quanto simile sia ad ogni altro prodotto di questo genere che in Italia viene prodotto. Certo, la figura di Enzo Jannacci è e sarà sempre molto interessante, ma questo non potrà mai bastare.