SCHEDA DEL FILM
Titolo del film: Io, noi e Gaber
Genere: Documentario
Anno: 2023
Durata: 135′
Regia: Riccardo Milani
Sceneggiatura: Riccardo Milani
Cast: Claudio Bisio, Ivano Fossati, Paolo Jannacci, Jovanotti, Gianni Morandi, Vincenzo Mollica, Ombretta Colli, Dalia Gaberscik, Pierluigi Bersani, Fabio Fazio
Paese di produzione: Italia
Produzione: Atomic, RAI Documentari, Luce CinecittÃ
Distribuzione: Lucky Red
La recensione di Io, noi e Gaber, il documentario RAI diretto da Riccardo Milani (Come un Gatto in Tangenziale, Grazie Ragazzi) che ripercorre vita e carriera di Giorgio Gaber, uno degli artisti più importanti che l’Italia abbia mai avuto. Il documentario uscirà nelle sale italiane 6-7-8 novembre 2023 grazie a Lucky Red. Di seguito, ecco trama e recensione del documentario.
La trama di Io, noi e Gaber, diretto da Riccardo Milani
Come di consueto, prima di passare alla recensione dell’opera, è bene spendere due parole sulla sua trama anche se, in questo caso, è più semplice che mai: Io, noi e Gaber è infatti un documentario di 135 minuti che ripercorre non solo la carriera, ma anche la vita privata di Giorgio Gaber, cantautore, drammaturgo e molto altro, indubbiamente una delle figure artistiche più importanti della storia d’Italia. A vent’anni dalla sua scomparsa, l’uomo e personaggio viene ricordato ed approfondito grazie al ricordo ed alle parole di personalità di spicco nel panorama culturale del paese, da Jovanotti a Gianni Morandi, da Ivano Fossati a Paolo Jannacci, fino a Vincenzo Mollica e Dalia Gaberscik, figlia di Giorgio.
La recensione di Io, noi e Gaber: Riccardo Milani ed il ruolo della memoria nel mondo del documentario odierno
Sono passati vent’anni. Era il primo gennaio 2003 e, nella sua casa di campagna a Montemagno di Camaiore, Giorgio Gaber ci lasciava. Una delle figure più importanti del panorama artistico italiano ed un uomo, ancor prima di artista, di rottura assoluta, avanti decenni rispetto a coloro che lo circondavano e che, con Io, noi e Gaber – presentato in anteprima alla 18esima edizione della Festa del Cinema di Roma nella sezione Proiezioni Speciali – Riccardo Milani omaggia e ricorda attraverso le voci di amici, familiari, colleghi ed artisti che da lui sono stati influenzati.
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Non sorprende di certo per la forma, ma il documentario RAI cerca di fare leva su un altro aspetto, sull’importanza di ricordare il Signor G. e di celebrarlo attraverso materiali d’archivio – anche inediti – che sorprendono ancora oggi per quanto attuali, ma l’obiettivo viene raggiunto solamente in parte. Sì perché se da un lato si vuole sottolineare quanto sia importante la memoria ed il ricordo di una personalità così impattante, dall’altro si va a trattare una figura talmente grande che esonda, supera il limite stesso del documentario e finisce per non essere approfondito come necessario. Ecco dunque come la forma ottiene però un ruolo importante perché se da un lato Giorgio Gaber ha sempre anticipato i tempi e parlato ad un pubblico e popolo che addirittura non riusciva a seguire il suo passo, dall’altro Io, noi e Gaber resta bloccato all’interno di uno schema ben preciso e si autolimita nei modi, nel gesto e se Gaber finì per creare il famoso teatro canzone proprio per dare vita ad un luogo in cui essere se stessi, liberi, l’opera di Riccardo Milani si accontenta invece di raccontare l’icona senza scavare nell’intimità dell’uomo, di farsi bastare il meraviglioso materiale d’archivio senza dare al documentario un’impronta autoriale che vada a differenziarlo dai tanti che vengono prodotti.
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La memoria, come detto. Io, noi e Gaber ha certamente il merito di ricordare Giorgio Gaber e, soprattutto, di farlo scoprire ai più giovani ed i suoi 135 minuti di durata procedono spediti, senza annoiare e con immagini d’archivio che sembrano di un altro mondo, aliene, ma che ancora oggi riescono a sorprendere e mantenere un fascino incredibile. Come detto però, si approfondisce poco il Giorgio Gaber uomo, preferendo invece l’icona, che è sì giusto elogiare ma che, allo stesso tempo, è un porto sicuro e dà la sensazione che si giochi su un terreno amico, cosa che Gaber non ha invece mai davvero fatto nella sua vita e carriera, basti pensare ad opere come Far finta di essere sani o La mia razza in estinzione, facendo leva principalmente su un sentimento di nostalgia per quello che fu, senza pensare davvero a quello che sarà . Appare dunque come un’opera mutilata, Io, noi e Gaber, un documentario di grande interesse e di cui si consiglia comunque la visione – uscirà nelle sale italiane per soli tre giorni, 6-7-8 novembre – ma che lascia perplessi per forma e sostanza e che ha soprattutto il sapore di un’occasione sprecata.