SCHEDA DEL FILM
Titolo del film: The Miracle Club
Genere: commedia
Anno: 2023
Durata: 90 minuti
Regia: Thaddeus O’Sullivan
Sceneggiatura: Joshua Maurer, Timothy Prager, Jimmy Smallhorne
Cast: Laura Linney, Kathy Bates, Maggie Smith, Agnes O’Casey, Mark O’Halloran, Mark McKenna, Niall Buggy, Hazel Doupe, Stephen Rea
Fotografia: John Conroy
Montaggio: Alex Mackie
Colonna Sonora: Edmund Butt
Paese di produzione: Irlanda, Regno Unito
Presentato al Tribeca Film Festvial 2023, distribuito nelle sale cinematografiche britanniche il 13 ottobre 2023, in quelle statunitensi il 14 luglio dello stesso anno mentre in quelle italiane il 4 gennaio 2024. Tra le protagoniste del film vi sono: Maggie Smith, Kathy Bates e Laura Linney; qui sotto la trama ufficiale del film diretto da Thaddeus O’ Sullivan.
La trama di The Miracle Club, diretto da Thaddeus O’Sullivan
Di seguito la trama ufficiale di The Miracle Club, diretto da Thaddeus O’Sullivan:
“Ambientato nella Dublino del 1967, racconta la storia di tre donne: Dolly, Eileen e Lily, che hanno un sogno nel cassetto, andare in pellegrinaggio a Lourdes, sperando di poter assistere ad un miracolo durante la loro permanenza. Quando Dolly, Eileen e Lily riescono a vincere un viaggio che ha per meta la cittadina francese, partono con grande entusiasmo, ed una volta giunte, hanno una sorpresa: la figlia di una loro vecchia amica si aggiunge inaspettatamente al loro viaggio. La giovane new entry non solo complica le cose, ma porta a galla diversi conflitti e traumi fino ad allora rimasti sopiti.”
La recensione di The Miracle Club, con Maggie Smith e Kathy Bates
Trattare la tematica della fede religiosa nell’arte, soprattutto audiovisiva, è sempre una faccenda spinosa e piena di trappole, su tutte il rischio di cadere nella propaganda, accontentando una fetta specifica di pubblico, senza preoccuparsi troppo di approfondire la questione. Il primo atto della pellicola potrebbe inizialmente trarre in inganno, mostrandosi apparentemente come uno spot pubblicitario al cattolicesimo; in realtà, quantomeno, si tenta di dare un significato preciso di “fede”, e quanto questo a conti fatti venga storpiato e rielaborato dagli stessi credenti. Nella storia del cristianesimo, soprattutto nel secolo passato, sono balzati alle cronache innumerevoli episodi legate a presunte apparizioni mariane: tali fenomeni hanno assottigliato ancora di più la linea che separa il culto dalla superstizione; l’essere umano, nonostante tutto, è sempre alla ricerca di prove tangibili che possano confermare o smentire le sue certezze, la concretezza e la materialità fungono da ancora di salvezza, poiché l’invisibile sfugge al suo controllo, allontanandosi di conseguenza dalle stesse parole pronunciate da Gesù dopo essere apparso all’apostolo Tommaso: «Beati quelli che pur non avendo visto crederanno» (Gv 20;26-29). Il pellegrinaggio, per le quattro protagoniste, non serve a risolvere i loro problemi corporali o ad esaudire il loro desideri, a mo’ di Genio della lampada delle Mille e una notte, ma ad insegnarle loro a vivere la propria spiritualità in maniera meno folcloristica, frutto di contesti rurali caratterizzati dall’ignoranza, dal tradizionalismo e dalla mancanza di opportunità.
Ciò che però si dimostra completamente fallimentare in fase di scrittura, e successivamente di messa in scena, è la mancata naturalezza del contesto in cui i personaggi si confrontano ed esternano i loro sentimenti, per superare inimicizie e perenni sensi di colpa. I vecchi rancori vengono una volta per tutte portati alla luce, dopo decenni di silenzio e di distanza, anche geografica, senza riuscire però ad eliminare l’effetto della pantomima, della platealità, nonostante vada comunque riconosciuto alle attrici (che non hanno bisogno di presentazioni) lo sforzo di interpretare il relativo personaggio secondo il rispettivo carattere. Senza contare poi che i singoli episodi passati vengono fatti riemergere uno dopo l’altro in maniera alquanto pretestuosa, tanto quanto lo è l’espediente narrativo che permette alle protagoniste di mettersi in viaggio tutte insieme. Infine, con una sola inquadratura di troppo, nel finale cade nel tranello di non rinunciare a strizzare l’occhio a chi crede veramente che in quelle grotte scorra il sovrannaturale, di fatto depotenziando quasi novanta minuti di discorso, strutturato su un generale didascalismo tipico di prodotti di questo genere, impossibilitati a contare su una regia in grado di far parlare le immagini in movimento.