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Recensione – Godzilla Minus One: lo straordinario ritorno del Re dei Mostri

Godzilla Minus One: la recensione del reboot

SCHEDA DEL FILM

Titolo del film: Godzilla Minus One
Genere: giant monster movie
Anno: 2023
Durata: 125 min
Regia: Takashi Yamazaki
Sceneggiatura: Takashi Yamazaki
Cast: Ryunosuke Kamiki, Minami Hamabe, Yuki Yamada, Munetaka Aoki, Hidetaka Yoshioka, Sakura Ando, Kuranosuke Sasaki 
Fotografia: Kōzō Shibasaki
Montaggio: Ryūji Miyajima
Colonna Sonora: Naoki Satō
Paese di produzione: Giappone

A distanza di 2 anni da “Godzilla vs Kong“, il Re dei Mostri è tornato sul grande schermo con “Godzilla Minus One“, il nuovo lungometraggio prodotto dalla Toho che funge da reboot di tutta la saga. Il film è distribuito nei cinema italiani fino al 6 novembre 2023. Ad oggi si tratta del trentasettesimo film dedicato al kaiju, ma arrivati a questa cifra si è ancora in grado di raccontare qualcosa sul celebre personaggio?

La trama di Godzilla Minus One, diretto da Takashi Yamazaki

Il film non è collegato a nessun capitolo delle varie continuity precedenti (compresa quella del Monsterverse) e presenta la seguente trama:

Nel 1945, durante la fine della seconda guerra mondiale, Kōichi Shikishima è un pilota kamikaze che non riesce a dimenticare gli incubi del conflitto e si sente in colpa per non essere stato abbastanza coraggioso da mettere a rischio la sua vita. Tuttavia i suoi tormenti, seppur lentamente, vengono alleviati da Noriko Ōishi, una donna che incontra durante la ricostruzione e con cui decide di adottare una bambina rimasta orfana. Tuttavia, due anni dopo, un gigantesco dinosauro mutato dai test atomici, chiamato Godzilla, invade la città di Tokyo, seminando morte e distruzione mentre gli incubi di Kōichi si risvegliano.”

Recensione: Godzilla Minus One

La recensione di Godzilla Minus One

Dal punto di vista visivo, “Godzilla Minus One” è pura eccellenza, con sequenze di distruzione che tolgono il fiato per la loro spettacolarità. Al di là dei movimenti di macchina in cui il mostro gigante in CGI è amalgamato alla perfezione con le scenografie e con i personaggi (da rivaleggiare con i blockbuster americani che costano 200 milioni), ciò che colpisce è il senso di devastazione che accompagna il percorso di Godzilla. Le esplosioni ed i palazzi che crollano sono già di per sé una scossa agli occhi dello spettatore, ma assumono ancora più valore nella rappresentazione della morte: Godzilla è ritratto come una forza inarrestabile che si avvicina sempre di più, creando un’atmosfera claustrofobica anche quando i cittadini giapponesi hanno infiniti percorsi per fuggire, ma nei quali non sembra mai esserci rifugio. Ogni volta che Godzilla compie un passo, le strade crollano sotto di lui, mentre le persone rimangono schiacciate dalle sue zampe o rimangono stritolate dall’asfalto che si divide e li intrappola. Durante queste scene, è percepibile l’impatto fisico della tragedia e sembra quasi di sentire i rumori della carne delle povere vittime del caos di una furia imprevedibile.

Non mancano le influenze visive di grandi opere del passato, specialmente quella di Steven Spielberg attraverso scene di tensione che richiamano a “Jurassic Park” (il quale, ironicamente, si ispirò all’originale “Godzilla” di Ishiro Honda) ed a “Lo Squalo“, senza contare delle sequenze di volo che si ispirano alle inquadrature aeree provenienti da “Dunkirk” di Christopher Nolan. Inoltre sono presenti alcune sequenze iconiche ricreate direttamente dal primo capolavoro del 1954, ma con l’aggiunta di dettagli che aumentano il pathos, sottolineando come la riproposizione del classico può ancora risultare impattante nel cinema contemporaneo. A tal proposito, il design di Godzilla si rifà alla sua versione più iconica proveniente dalla saga Heisei degli anni ’90, ma allo stesso tempo c’è anche l’inserimento di dettagli che si rifanno alla versione angelica di “Shin Godzilla” (le scaglie) e che inseriscono sequenze macabre e splatter, sottolineando l’equilibrio tra tradizione e modernità. Da lodare la colonna sonora di Naoki Sato, la quale è formata da riarrangiamenti degli iconici brani di Akira Ifukube e da pezzi drammatici inediti che colpiscono dritti al cuore.

La vita contro l’atomica in Godzilla Minus One

Per la prima volta un film della saga ha come protagonista un veterano di guerra: Kōichi, in quanto pilota kamikaze, sarebbe dovuto morire alla prima missione, ma la sua decisione è stata quella di scappare per salvarsi la vita. In un paese dove la morte d’onore è considerato il punto più alto della vita di un uomo, Kōichi si lascia tormentare dai rimpianti causati dalla sindrome del sopravvissuto: cosa sarebbe successo se avesse adempiuto al suo dovere? Avrebbe salvato la vita ad altre persone? Avrebbe ribaltato addirittura le sorti della guerra? La vergogna di una tradizione che forma i maschi fin dalla nascita lo spinge ad essere incapace di avere stima per sé stesso, per non parlare del trauma della guerra: Kōichi ha visto la morte in faccia e gli incubi lo tormentano ogni notte. Godzilla stesso rappresenta quell’imminente minaccia che è capace di muoversi indipendentemente da qualsiasi volontà umana e che potrebbe arrivare da un momento all’altro: la paura che Kōichi prova per Godzilla vuol dire che la guerra per lui non finirà mai. Proprio per questo motivo Kōichi è incapace di comunicare con le persone che provano per lui affetto: Noriko e la bambina adottata possono essere la sua fonte di salvezza per ricordarsi che può vivere ancora, ma i suoi demoni interiori lo spingono a percepire loro come figure lontane, tanto da impedirgli di sviluppare qualsiasi affetto che lo portino a mostrare un po’ di calore all’interno della sua stessa casa.

Godzilla è presentato come un dinosauro sopravvisuto che, contaminato dalle radiazioni dei test nucleari, si tramuta in una bestia feroce la quale distrugge qualsiasi cosa che incontra sul suo cammino. Gli effetti dei suoi attacchi sono praticamente identici a quelli di una bomba atomica e Yamazaki mostra l’impatto dei suoi danni sulla pelle delle persone con una cattiveria diretta e realistica. Godzilla rappresenta quindi le ripercussioni di una punizione naturale ai danni degli innocenti per riscuotere il prezzo lasciato da un conflitto che ha creato solo devastazione. In questo modo il kaiju atomico è l’ultima grande catastrofe che un popolo martoriato è costretto ad affrontare, segno che il mondo è pronto sempre a presentare qualcosa di peggiore quando sembra che si sia già toccato il fondo. Per questo il titolo è “Godzilla Minus One”: la distruzione del kaiju porta via agli innocenti quel poco che è rimasto loro nel dopoguerra, cioè meno di una singola briciola. Il governo è completamente incapace nell’agire contro questa minaccia, non sa come aiutare i cittadini e preferisce tenere nascoste le cose per agire direttamente quando la catastrofe si presenta: Yamazaki denuncia il disastro comunicativo del governo giapponese durante l’arrivo di calamità naturali che mettono in ginocchio la nazione come lo fa Godzilla in questo film.

Recensione: Godzilla - Minus One, il reboot di Yamazaki

In un mondo devastato dalla distruzione è facile cedere alla rabbia e all’idea di agire con la violenza, gettando sé stessi come carne da macello per inseguire un ideale da guerriero valoroso, rispondendo alla morte con la morte, proprio come Kōichi è tentato di fare. Eppure la reazione del popolo giapponese nell’affrontare la minaccia di Godzilla, seppur tentennante e spaventata dall’immensità del suo avversario, è pacata e ragionata. L’autore evidenzia un popolo afflitto dalle innumerevoli perdite di una guerra attraverso cui il governo ha spinto per lottare con l’idea di conquistare e di morire con orgoglio: le stesse armi procurate non erano realizzate con sicurezza per i soldati, dal momento che la priorità del governo non era di lasciarli vivi, bensì di attaccare il nemico. Per questo il lungometraggio si impunta sull’importanza di ricostruire un popolo dalle sue macerie, proprio come Kōichi deve ricostruire l’anima dalle sue cicatrici interne. Non sono più i politici o i soldati a fare la differenza, ma lo sono invece i comuni cittadini, i quali si uniscono affinché ognuno possa dare una mano dove c’è bisogno, diversamente dagli Stati Uniti e dai Russi che non intervengono mai perché sono troppo occupati a creare conflitti tra loro attraverso la Guerra Fredda. Le strategie per fermare Godzilla non sono fatte per morire in nome della patria, bensì per proteggere le persone dalla distruzione: le stesse soluzioni strategiche sono diverse da qualsiasi mezzo militare progettato per uccidere. Basta morte, soltanto ricostruzione.

Proprio per questo motivo Takashi Yamazaki decide di distruggere uno stereotipo affrontato in numerosi decenni al cinema: quello del sacrificio umano per salvare gli altri. Il sacrificio non ha alcun senso se il prezzo da pagare è quello di morire. L’autore non lo tratta mai come un traguardo da raggiungere, bensì come un’azione sconsiderata da evitare. Nessun essere umano deve creare piani per annullare sé stesso prima del tempo in nome di un bene superiore, ma deve pensare soltanto a trovare un’alternativa per vivere, perché ogni persona è fondamentale per la catena di una comunità che può sempre tornare prospera e felice. In un continuo panorama di distruzione, ricordarsi di vivere è l’unica cosa che conta e che potrà salvare l’esistenza di tutti i popoli. In un trionfo di eleganza visiva e di filosofia sociale e politica, “Godzilla Minus One” è tutto quello che un reboot dovrebbe essere, tutto quello che un blockbuster dovrebbe essere, tutto quello che un film d’autore dovrebbe essere, tutto quello che il cinema dovrebbe essere.

Voto:
5/5
Andrea Boggione
4/5
Christian D'Avanzo
3.5/5
Matteo Farina
4/5
0,0
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