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Recensione – Captain Marvel: l’esordio di Brie Larson nel MCU

Recensione - Captain Marvel di Anna Boden e Ryan Fleck

SCHEDA DEL FILM

Titolo del film: Captain Marvel
Genere: Azione, Supereroistico
Anno: 2019
Durata: 124′
Regia: Anna Boden e Ryan Fleck
Sceneggiatura: Anna Boden, Ryan Fleck, Geneva Robertson-Dworet
Cast: Brie Larson, Samuel L. Jackson, Jude Law, Ben Mendelsohn, Annette Bening, Lashana Lynch, Djimon Hounsou, Lee Pace
Fotografia: Ben Davis
Montaggio: Elliot Graham, Debbie Berman
Colonna Sonora: Pinar Toprak
Paese di produzione: Stati Uniti d’America

La scena post-credit di Avengers: Infinity War non lasciava troppo spazio all’immaginazione: Captain Marvel, l’eroina più potente del Marvel Cinematic Universe, stava per arrivare in aiuto dei Vendicatori nella guerra contro Thanos. Ma da dove arriva di preciso Carol Danvers? Il film diretto da Anna Boden e Ryan Fleck risponde a questa domanda, introducendo il personaggio di Brie Larson nell’economia dell’universo condiviso dei Marvel Studios. Ecco la recensione di Captain Marvel, film del 2019 e ventunesimo lungometraggio del MCU. 

La trama di Captain Marvel, diretto da Anna Boden e Ryan Fleck

Di seguito la trama di Captain Marvel, il debutto ufficiale della supereroina interpretata da Brie Larson: 

 

Hala, capitale dell’impero Kree: Vers (Brie Larson) fa parte della Starforce, una potente squadra di nobili guerrieri capitanati dal suo mentore Yon-Rogg (Jude Law). Vers non ricorda nulla del suo passato, ma come le rammenta la Suprema Intelligenza, leader dei Kree, l’hanno dotata di incredibili poteri e per questo deve servire il suo popolo. Durante una missione la Starforce viene attaccata dagli Skrull, alieni mutaforma in guerra coi Kree, che rapiscono Vers portandola sulla loro astronave. Quest’ultima viene sottoposta da Talos (Ben Mendelsohn) a un interrogatorio mentale, nel tentativo di localizzare un motore a velocità della luce nascosto su un pianeta, di vitale importanza per il popolo Skrull. Durante l’esperimento, Vers rivede parte del suo passato tramite delle visioni e, dopo essersi svegliata, ingaggia battaglia contro i tirapiedi di Talos: durante la lotta, grazie ai suoi poteri, Vers provoca uno squarcio nello scafo e viene catapultata nello spazio precipitando sul pianeta dove è presente il motore che cercano gli Skrull: la Terra. Grazie alla collaborazione dell’agente dello S.H.I.E.L.D. Nick Fury (Samuel L. Jackson), Vers ben presto scoprirà che il suo vero nome è Carol Danvers, ex pilota di caccia dell’aeronautica statunitense.

Recensione - Captain Marvel di Anna Boden e Ryan Fleck

La recensione di Captain Marvel: la supereroina venuta dallo spazio

Creato da Stan Lee e Gene Colan nel 1967, il ruolo di Capitan Marvel è stato assunto da vari personaggi all’interno della lunga storia editoriale della Casa delle Idee. Il primo in assoluto è stato Mar-Vell, miliziano ribelle dell’impero Kree che si allea con i terrestri dopo aver scoperto i loschi piani dei suoi superiori. Considerato un traditore dal suo popolo, Mar-Vell instaurerà un lungo rapporto collaborativo con gli eroi della Terra, morendo (dopo una lunga carriera) a causa di un cancro incurabile. Tuttavia la versione di Capitan Marvel sfruttata in questo omonimo film diretto da Anna Boden e Ryan Fleck, il ventunesimo in ordine d’uscita ma il secondo per quanto riguarda la cronologia interna del Marvel Cinematic Universe, si rifà alla figura di Carol Danvers, controparte femminile di Mar-Vell che per anni ha utilizzato lo pseudonimo di Ms. Marvel. L’arrivo di Captain Marvel all’interno del MCU, tuttavia, è stato ben anticipato dalla scena post-credit di Avengers: Infinity War, dove Nick Fury, poco prima di sparire, riusciva ad inviare in extremis una richiesta di soccorso a Danvers tramite uno strano congegno simile ad un cercapersone. I tempi erano quindi diventati maturi per introdurre sul grande schermo uno dei personaggi più potenti del variegato roster della Marvel, il primo film del MCU ad avere una donna come protagonista.

 

Captain Marvel riprende il discorso a tema cosmico che James Gunn aveva iniziato con il suo Guardiani della Galassia. Il tema ricorrente del film avente come protagonista il premio Oscar Brie Larson è difatti la guerra tra Kree e Skrull, un conflitto che a lungo è stato trattato nel cartaceo nella testata dedicata ai Vendicatori. Sebbene lo scontro tra queste due razze aliene sia uno dei perni principali del film, Captain Marvel mette sul piatto svariati temi, alcuni più approfonditi di altri, sullo sfondo di una space opera dal ritmo purtroppo altalenante. Il primo atto della pellicola, della durata complessiva di due ore, porta lo spettatore in un contesto fantascientifico decisamente ispirato: i rimandi all’immaginario creato da Gunn nel 2014 sono molteplici e tutti ben inseriti in un contesto dove la continuità ideologica dell’universo cosmico del MCU riesce ad avere razionalità e coerenza. Ci si ritrova davanti ad una prima mezz’ora ritmata e divertente, dove Boden e Fleck dimostrano di avere la situazione in pugno: pur non avendo particolari picchi registici nella messa in scena, il film vola spedito verso quella che sembrerebbe la giusta direzione. La parte centrale dell’opera, tuttavia, fa crollare miseramente il castello di carte che i registi avevano faticosamente costruito poco prima. L’arrivo sulla Terra da parte di Carol Danvers rappresenta un pit-stop lungo un’ora, dove la protagonista rimane incastrata in una narrazione troppo compassata e decisamente pesante. Nemmeno la buona chimica tra Brie LarsonSamuel L. Jackson riesce a sollevare la cadenza di una pellicola che subisce una brusca battuta d’arresto, tanto nella narrazione quanto nella messa in scena, troppo televisiva anche per un prodotto seriale come questo. Un buon colpo di scena all’inizio del terzo atto risolleva le sorti di un film che stava lentamente scendendo verso il baratro della noia: si ritorna al ritmo della prima parte dove Carol prende consapevolezza delle sue reali potenzialità, una presa di coscienza che fa esplodere l’azione nel solito, funzionale, tripudio di effetti visivi made in Marvel Studios.

 

Ad una regia poco intensa al servizio di uno script piuttosto ordinario, risponde una buona performance attoriale collettiva. Brie Larson, nonostante una presenza scenica a volte un po’ troppo ingessata, è ben calata nel ruolo di “pesce fuor d’acqua” che ricompre all’inizio, riuscendo ad avere la classica catarsi dell’eroe che ben si sposa con le atmosfere da origin story che la pellicola propone. A fargli da spalla c’è un Samuel L. Jackson che torna nel ruolo di Nick Fury, proponendo però una versione più solare e gigiona: il veterano interprete di Pulp Fiction, con un lavoro di de-aging ben realizzato dal team degli effetti visivi, si diverte in modo sincero a recitare il ruolo dell’agente semplice, lontano anni luce dalla figura dell’austero direttore dello S.H.I.E.L.D. che tutti conoscono. Se il team di protagonisti spicca, a fare da contraltare c’è il solito difetto che attanaglia la gran parte dei prodotti a marchio Marvel Studios: l’antagonista. Sebbene Ben Mendelsohn (già visto in Rogue One: A Star Wars Story e Ready Player One), sepolto da chili di make-up verde, riesca e rendere credibile il leader degli Skrull Talos con un’interpretazione degna di nota, è in Jude Law nel ruolo del mentore Yon-Rogg che bisogna puntare pesantemente il dito. Il carisma dell’attore inglese non basta per salvare un personaggio poco affascinante, figlio di una scrittura pigra che esalta i protagonisti dimenticandosi completamente delle loro controparti; Captain Marvel, in questo senso, fallisce nell’offrire una minaccia tangibile anche nel ritorno (o sarebbe meglio dire, nell’esordio) di Ronan l’Accusatore, il villain principale di Guardiani della Galassia interpretato da Lee Pace è una comparsata gradita fino ad un certo punto, un’apparizione troppo breve che non porta da nessuna parte se non ad un semplice risoluzione:  l’impero Kree ne esce con le ossa rotte per colpa di una sceneggiatura che non esalta la megalomania di una razza aliena dittatoriale, che ghettizza altre popolazioni pur di avere il potere assoluto, trattando la questione degli Skrull in modo troppo superficiale nel terzo atto.

Recensione - Captain Marvel di Anna Boden e Ryan Fleck

Captain Marvel: un’ordinaria storia di origini

Captain Marvel ha alcune frecce ben appuntite al suo arco dentro una faretra di scarsa capienza: una regia blanda accompagnata da una scrittura altalenante non aiuta l’introduzione di un personaggio che doveva (e poteva) essere presentato al grande pubblico parecchi anni prima, facendolo integrare all’interno del MCU in maniera più naturale e con i giusti tempi. Captain Marvel, nella sua semplicità disarmante, è una discreta storia sulle origini di Carol Danvers, tuttavia il modo di gestire i tempi della narrazione da parte degli inesperti Anna Boden e Ryan Fleck rendono il debutto della supereroina più potente del MCU nient’altro che un film godibile ma altrettanto dimenticabile. Al netto delle buone prove attoriali del cast, di una colonna sonora con brani che richiamano la nostalgica atmosfera degli anni ’90 e del tono sci-fi che la pellicola propone inizialmente, Captain Marvel è il classico cinecomic senza arte ne parte, un esordio arrivato troppo tardi e che serve esclusivamente come collante per l’imminente conclusione della Saga dell’Infinito.  

Voto:
2.5/5
Andrea Barone
4/5
Andrea Boggione
2.5/5
Christian D'Avanzo
3.5/5
Emanuela Di Pinto
3/5
Matteo Farina
3.5/5
Gabriele Maccauro
2.5/5
Alessio Minorenti
2.5/5
Vittorio Pigini
2.5/5
Giovanni Urgnani
3.5/5
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