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Recensione – Ant-Man and the Wasp, il sequel diretto da Peyton Reed con Paul Rudd

Recensione - Ant-Man and the Wasp di Peyton Reed

SCHEDA DEL FILM

Titolo del film: Ant-Man and the Wasp
Genere: Azione, Commedia, Supereroistico
Anno: 2018
Durata: 118′
Regia: Peyton Reed
Sceneggiatura: Chris McKenna, Erik Sommers, Andrew Barrer, Gabriel Ferrari, Paul Rudd
Cast: Paul Rudd, Evangeline Lilly, Michael Douglas, Michelle Pfeiffer, Hannah John-Kamen, Walton Goggins, Laurence Fishburne
Fotografia: Dante Spinotti
Montaggio: Dan Lebental, Craig Wood
Colonna Sonora: Christophe Beck
Paese di produzione: Stati Uniti d’America

Grazie ad un primo film pieno di sorprese, Ant-Man è entrato di diritto nel novero dei personaggi più amati del Marvel Cinematic Universe. Si dice che “squadra che vince non si cambia”, ebbene il Padrino dei Marvel Studios Kevin Feige mette in atto questo motto riportando sul grande schermo Paul Rudd e tutto il team creativo del primo film, dopo l’apparizione di Ant-Man in Captain America: Civil War. Ecco la recensione di Ant-Man and the Wasp, sequel del 2018 diretto nuovamente da Peyton Reed.

La trama di Ant-Man and the Wasp, diretto da Peyton Reed

Di seguito la trama di Ant-Man and the Wasp, il ritorno di Paul Rudd nei panni di Scott Lang: 

 

Nel 1987, Janet van Dyne si rimpicciolisce tra le molecole di un missile nucleare sovietico, riuscendo a disattivarlo ma rimanendo intrappolata nel regno quantico subatomico. Per questo motivo Hank Pym (Michael Douglas) alleva la figlia Hope (Evangeline Lilly) credendo che Janet fosse morta. Anni dopo, l’ex criminale Scott Lang (Paul Rudd) scopre un modo per entrare e tornare dal regno quantico, Pym e Hope iniziano a lavorare per ripetere questa impresa, credendo di poter trovare Janet ancora viva. Due anni dopo, Pym e Hope riescono brevemente ad aprire un tunnel nel regno quantico e nello stesso momento Scott riceve un messaggio da Janet tramite la sua mente: vedendo il messaggio come la conferma che Janet è viva, padre e figlia lavorano per creare un tunnel stabile in modo che possano attraversare il regno quantico con una navicella e recuperare Janet. I piani del gruppo, tuttavia, sono rovinati dalla comparsa di una misteriosa donna mascherata (Hannah John-Kamen) decisa ad impossessarsi della tecnologia quantica per curarsi dalla sua condizione eterea.

Recensione - Ant-Man and the Wasp di Peyton Reed

La recensione di Ant-Man and the Wasp: un sequel piccolo piccolo

L’esordio di Ant-Man all’interno del Marvel Cinematic Universe nel 2015 fu, a conti fatti, una grossa sorpresa per tutti. Forte di un incasso di oltre cinquecento milioni di dollari, a fronte di un budget iniziale di “soli” centotrenta, l’arrivo dell’Uomo Formica nell’universo condiviso della Casa delle Idee equivalse ad un fulmine a ciel sereno. Pur non privo di difetti, in primis un villain (Darren Scott alias Il Calabrone) di certo non memorabile, l’introduzione di Scott Lang nel variegato roster del MCU fu brillante, spiritoso e divertente, con un Paul Rudd sugli scudi in quanto protagonista assoluto dell’opera. Dopo una breve parentesi in Captain America: Civil War, dove Scott aiutava la fazione di Steve Rogers finendo (inevitabilmente) in manette, i tempi per un sequel che allargava il microcosmo della famiglia Pym erano decisamente maturi, simbolo di una maturità che il personaggio aveva acquisito nel tempo non solo come eroe solista ma soprattutto come membro di un qualcosa di più grande.  

 

Se è vero che Avengers: Infinity War aveva lasciato un senso di pessimismo cosmico con quel finale drammatico, è altrettanto veritiero che il tentativo di prendere una boccata d’aria fresca col sequel di Ant-Man funziona solamente in parte. Sulla carta questo secondo capitolo avrebbe le argomentazioni giuste per narrare una storia convincente:  a partire dal duo Scott-Hope che funziona sia a livello emotivo che nelle sequenze action, con l’alternanza dei poteri di Ant-Man e Wasp a farla da padrona nei momenti più concitati del film, oppure la presenza di giganti del grande schermo come Michael Douglas e Michelle Pfeiffer (nel risicato ruolo di Janet) che impreziosisce un cast già ampiamente rodato, finendo con il regista Peyton Reed che riesce a gestire, da buon mestierante della commedia quale è, la comicità di Lang senza trasformarlo in una parodia di se stesso. Peccato che sul campo la realtà dei fatti si trasforma in un team creativo fiacco e con poche idee di gioco. Quello che manca a Ant-Man and the Wasp è quel senso di novità assoluta che aveva fatto la fortuna del primo film: la formula riproposta da Reed in collaborazione con gli sceneggiatori della pellicola (ben cinque, tra cui lo stesso Paul Rudd) è il classico more of the same, un trappolone in cui molto spesso i sequel dei cinecomics cadono in maniera piuttosto scontata.

 

 

Ci trova davanti ad una storia che non fa presa per la banalità con cui viene raccontata, il soggetto del film (scritto anch’esso dagli stessi cinque sceneggiatori) è un fiacco tentativo di replicare il ritornello del film del 2015, una pallida imitazione di una formula che vedeva in Edgar Wright e Joe Cornish i veri artefici (ed autori) del successo alla base del primo Ant-Man. La regia di mestiere di Peyton Reed, inoltre, non esalta le performance attoriali degli attori nei momenti più drammatici (o presunti tali): tutte le questioni legate al personaggio di Ava Starr (il cosiddetto “Fantasma”) vengono raccontate in modo sciatto e privo di qualsiasi mordente, con uno sprecatissimo Laurence Fishburne a far da collante tra un cattivo che diventa tale per necessità e il team dei buoni, impegnati nella spasmodica ricerca di Janet. Persino il machiavellico Walton Goggins, attore feticcio di Quentin Tarantino e splendido protagonista della serie tv The Shield, diventa un bersaglio facile all’interno del circo dei villain inutili del Marvel Cinematic Universe; in un colpo solo Ant-Man and the Wasp regala al pubblico i soliti nemici da avanspettacolo, un netto passo indietro rispetto alle precedenti uscite targate Marvel Studios.

Recensione - Ant-Man and the Wasp di Peyton Reed

Ant-Man and the Wasp: un film che non lascia il segno

Il ventesimo film dei Marvel Studios (disponibile su Disney+) corrisponde ad un sequel di cui nessuno sentiva il bisogno. Ant-Man and the Wasp è un copia-incolla del primo capitolo in scala decisamente più ampia, tuttavia non ha la forza narrativa necessaria per reggere il confronto con l’ottimo debutto dell’Uomo Formica datato 2015. Il ritmo dell’azione, basato sul sense of wonder degli effetti visivi nelle scialbe sequenze action, risulta un mero effetto placebo di una pellicola che non ha nulla da offrire se non inquietanti sbadigli. Peyton Reed confeziona questo seguito cercando di riproporre la stessa ricetta vincente di tre anni prima, senza però accorgersi di star cucinando una minestra riscaldata annacquata e insapore. Un film dove la verve attoriale di Paul Rudd e la buona chimica con la sua partner Evangeline Lilly non bastano per salvare questo capitolo due dal baratro. Ant-Man and the Wasp per l’economia del MCU risulterebbe del tutto insignificante se non fosse per quei cinque minuti dedicati alla scena post-credit, nella quale Scott Lang diventerà una pedina inconsapevole ma necessaria per la risoluzione della guerra contro Thanos.

Voto:
2/5
Andrea Barone
2.5/5
Andrea Boggione
2/5
Christian D'Avanzo
2/5
Emanuela Di Pinto
3/5
Matteo Farina
3/5
Gabriele Maccauro
2/5
Vittorio Pigini
2/5
Bruno Santini
2/5
Giovanni Urgnani
3/5
0,0
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