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Recensione – Hors-Saison, film diretto da Stéphane Brizé presentato a #Venezia80

Di seguito la recensione di Hors-Saison, diretto da Stéphane Brizé

Hors-Saison è un film scritto e diretto da Stéphane Brizé, presentato in concorso in anteprima mondiale a Venezia 80. La durata è di circa 115 minuti, mentre il cast è composto da Guillaume Canet, Alba Rohrwacher, Sharif Andoura, Lucette Beudin. Di seguito la trama e la recensione di Hors-Saison, di Guillaume Canet, Alba Rohrwacher, Sharif Andoura, Lucette Beudin.

La trama di Hors-Saison, film diretto da Stéphane Brizé

Ecco la trama ufficiale di Hors-Saison, film scritto e diretto da Stéphane Brizé:

 

Mathieu vive a Parigi, Alice in una piccola località di mare nella Francia occidentale. Lui è un famoso attore in procinto di compiere cinquant’anni, lei un’insegnante di piano sulla quarantina. Innamorati quindici anni fa, successivamente separati. Il tempo è passato. Ciascuno ha preso la propria strada e le ferite si sono lentamente rimarginate. Quando Mathieu va in una spa per cercare di superare la malinconia che lo attanaglia, si imbatte in Alice.”

La recensione di Hors-Saison, film di Stéphane Brizé in concorso a Venezia 80

Hors-Saison è uno di quei film destinati a restare impressi e circoscritti in una determinata categoria, quella caratterizzata dalla sensibilità e dalla delicatezza. Le influenze sono molteplici per il regista francese, dal cinema di Rohmer passando per quello di Antonioni. Brizé mette al centro del suo ultimo lungometraggi sentimenti quali la solitudine, la depressione e l’amore appassionato, ragionando sull’incomunicabilità e l’unicità di determini passaggi, strettamente personali. La grandezza di un film come Hors-Saison consiste nell’inserire i due protagonisti, Mathieu e Alice, sullo sfondo di non-luoghi fuori dal tempo, in grado di cristallizzare una relazione indimenticabile per loro che la vivono. Si ritrovano dopo anni e a seguito di una rottura drastica, ma il racconto messo in scena dal regista riesce a trasmettere tutto ciò che c’è da elaborare soltanto con le immagini, senza ricorrere all’artificiosità, alla retorica aggressiva fatta di litigi e dispute ‘verbose’. La scenografia e la fotografia dialogo, esteriorizzando le relative interiorità dei personaggi: i colori freddi e neutrali rispecchiano la depressione di Mathieu, inseriti un ambiente fatto di spazi ampi e vetrine; i colori caldi e soffusi squarciano le ombre gli spazi angusti in cui si trova Alice. Quest’ultima si sente oppressa dalla sua vita, vorrebbe cambiarla perché chiusa in un vortice di tristezza, insoddisfazione e auto repressione.

 

Infatti, nonostante i due protagonisti conducano una vita agiata e si dicano più volte di avere tutto e di star bene, ma in realtà nascondono una malinconia condivisa. Mathieu si sente depresso a tal punto da scoppiare in lacrime perché non riesce ad attivare la macchinetta del caffè, pur essendo questa una scena intenzionalmente comica. L’umorismo riesce ad alleggerire la tensione costante in un film stratificato. L’incipit di Hors-Saison richiama Persona (1966) di Ingmar Bergman siccome lui decide di non recitare a teatro a causa di un attacco di panico, ma in fondo entrambi sono due facce della stessa medaglia, ovvero due personalità rinchiuse in un ‘buco depressivo’ in un ambiente circoscritto (il ristorante prima, lo scoglio poi). Di Bergman viene anche ripreso l’uso del suono interrotto, mentre i due fanno l’amore ad esempio, o mentre lui ascolta la musica di Alice dalle cuffiette. Magistrale il monologo di quella che è la migliore amica di Alice, una donna anziana omosessuale la quale trova finalmente pace e libertà a seguito di una relazione etero frustrante.

 

Il video-monologo comparso su schermo nero si allarga sempre di più fino a ricoprire lo sfondo con l’immagine, come a voler invitare chi osserva all’empatizzazione, o meglio, alla comprensione. Il protagonista segue lo stesso percorso dello spettatore, poiché l’obiettivo principale di Alice è esattamente quello di far capire a Mathieu la sua posizione, sperando che lui possa convincersi a restare lì. Dato che Mathieu è un attore sposato, e Alice è un’insegnante di pianoforte con una figlia e un matrimonio già in atto da poco più di 10 anni, i due sentono di aver dovuto interrompere la loro passata relazione a causa di una mancanza, un punto di contatto reale e tangibile. L’amore sembrava non bastare, eppure entrambi sono tornati di nuovo a quel desiderio, come se non fossero mai andata avanti. Ciò ha causato un vuoto enorme nelle vite di ciascuno, e Brizé è abile a sottolinearlo nel momento in cui mostra il pianoforte che prosegue a suonare da solo poche dolci melodie.

 

La musica diventa sfogo di una passione repressa, contenuta in un solo corpo in un atto di implosione e, successivamente, di esplosione emotiva. Le onde che urtano gli scogli in più riprese sono una scelta chiara e concisa, così come il titolo originale, tradotto letteralmente con “fuori stagione” indica sia la vacanza di Mathieu che il rapporto tra due vecchi amanti, pur essendo ormai ‘passato’. Ci sono diverse sequenze incredibilmente dolci, come ad esempio il matrimonio a cui prendono parte entrambi i protagonisti e il numero degli imitatori presenti; proprio lì Brizé dà sfogo ad un lungo campo e controcampo composto da sguardi, un non detto che in realtà dice tutto. L’irrazionalità e l’immobilità sono altri due fattori fondamentali in Hors-Saison, dato che le emozioni non possono essere spiegate pur intendendo agire in maniera razionale, logica; d’altronde, non sempre si riesce a cogliere ciò che ci circonda. Emblematico l’attimo in cui il protagonista nuota restando fermo mentre l’acqua della piscina è in movimento. Tutto attorno a lui cambia, va avanti, ma Mathieu è rimasto vittima di una mancanza ben più profonda a dispetto di una nobile carriera. Mathieu infatti resta sempre immobile, anche fisicamente, per come viene posizionato dal regista nelle varie scene (ristorante, piscina). Uno strumento, a differenza dei corpi, riesce a proseguire, come a voler lasciar intendere che il sentimento è continuato a crescere. E a proposito di immobilità e irrazionalità, l’ossimoro finale dice tutto: “non tornare più”.

Voto:
5/5
Andrea Barone
3.5/5
Gabriele Maccauro
5/5
Alessio Minorenti
5/5
Paola Perri
4/5
Bruno Santini
3.5/5
0,0
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Cast:
Genere:

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