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Recensione – Io Capitano: il film di Matteo Garrone a #Venezia80

Recensione: Io Capitano di Matteo Garrone

Dopo tantissimi anni, Matteo Garrone torna a parlare dell’immigrazione attraverso “Io Capitano“, opera presentata in concorso all’80° edizione del Festival di Venezia e che uscirà nei cinema italiani il 7 Settembre 2023. Si tratta di uno dei progetti più ambiziosi del regista ed ecco quindi la recensione in anteprima.

La trama di Io Capitano, diretto da Matteo Garrone

Si tratta del primo lungometraggio di Matteo Garrone a non essere girato né in italiano e né in inglese, bensì in francese ed in wolof per via del contesto scelto per realizzare la seguente trama:

Seydou e suo cugino Moussa sono due adolescenti che vivono in Senegal e sognano di andare in Europa per non vivere più in miseria ed aiutare la loro famiglia. Quando però i ragazzi, dopo aver risparmiato tanti soldi, finalmente intraprenderanno il viaggio per emigrare in Italia, la loro vita rischierà di essere messa in pericolo più volte durante il traffico di esseri umani di cui saranno costretti a fare parte.”

Io Capitano di Matteo Garrone: la recensione

La recensione di Io Capitano di Matteo Garrone

La prima cosa che sorprende è la completa onestà di Matteo Garrone dal punto di vista visivo: il regista rinuncia ad ogni virtuosismo estetico legato alla sua impronta registica per evitare di distrarre lo spettatore. Non ci sono dettagli stilistici unici per creare delle ambiguità, non ci sono movimenti di macchina a mano che diano l’impressione di star guardando un documentario, non ci sono carrellate eleganti. Matteo Garrone sceglie un approccio semplicistico affinché l’opera sia arrivabile a tutti, allontanandosi sia dagli stili particolari del cinema indipendente che dalla spettacolarità dei blockbuster, perché sono le azioni ed i volti dei personaggi a comunicare direttamente allo spettatore senza che si percepisca alcuna bugia o alcuna finzione. L’autore, in nome dell’importanza del racconto che sta mostrando, decide coraggiosamente di sacrificare sé stesso per mettersi completamente al servizio della storia. Persino le poche scene oniriche presenti sono girate senza ricerca di eleganza.

Forse sono due i momenti visivi che possano ricordare allo spettatore che si sta guardando un film di Garrone: il primo arriva nei campi lunghi del deserto, facendo percepire la sensazione di completo smarrimento e di totale debolezza che gli immigrati stanno passando durante il loro cammino. Il secondo invece è percepibile quando gli immigrati stanno sulla barca e cominciano ad agitarsi per la paura, con i loro corpi che si scontrano e quasi si fondono in un’unica grande massa di disperazione ed abbandono al panico, facendo sentire allo spettatore un lungo senso di confusione ed empatia. Ed anche in questi momenti Matteo Garrone è contenuto, lasciando che siano le espressioni dei personaggi e le loro urla a parlare, senza aggiungere niente all’immagine, della quale fotografia curata da Paolo Carnera riesce quasi a fare sentire tutto il calore distruttivo del deserto ed ogni granello di polvere sopra le ferite dei protagonisti. Questi ultimi sono interpretati da degli attori perfetti (Seydou Sarr e Moustapha Fall) che rendono tutte le emozioni vive e sincere, bucando lo schermo ogni volta.

Il viaggio dell’eroe in Io Capitano

Le intenzioni di Matteo Garrone sono chiare fin dal primo momento, ovvero raccontare quello che fanno gli immigrati quando cercano di arrivare in Italia, per far capire tutto il dolore che passano soltanto perché cercano una nuova speranza. Il regista non addolcisce nulla: vengono mostrati i modi gratuiti con cui i trafficanti prepotenti prelevano i soldi delle persone approfittandone di loro, vengono mostrati i pericoli di finire in prigione da un momento all’altro con rischi di torture e di morti dolorose che non abbandonano i protagonisti neanche per un momento, viene mostrata la speranza di un domani che ogni giorno rischia di essere spazzata via nonostante le intenzioni buone delle persone che vengono poi sfruttate. Nel momento in cui i due ragazzi mettono piede nel primo autobus per partire, Garrone da l’impressione che sia una cosa facile, connettendosi al sogno dei due ragazzi, ma poi colpisce subito con un pugno alla prima difficoltà incontrata da loro, facendo entrare i due adolescenti e lo stesso spettatore direttamente nel mondo reale. La schiavitù esiste ancora e non è lontana da quella che si praticava centinaia di anni fa, con il concetto di padrone e di servo che rivive in questi momenti di terrore come se si fosse tornati al medioevo.

Il film Io Capitano, diretto da Matteo Garrone e rappresentante dell'Italia agli Oscar 2024

Ma il dolore mostrato non sarebbe percepito se non fosse per la grande umanità data a Seydou e Moussa… e non si sta parlando soltanto delle evidenti condizioni di povertà che vengono mostrate durante l’inizio ambientato in Senegal. I due ragazzi vengono rappresentati come adolescenti qualunque che hanno il sogno di fare ciò che amano nella vita, di divertirsi con innocenza e di essere importanti per la loro famiglia, non scordando mai dell’affetto che la madre, spaventata e speranzosa, nutre per loro. La scelta di scrivere i personaggi in questo modo porta qualsiasi adolescente di qualsiasi civiltà a potersi immedesimare in quei ragazzi, i quali possiedono un’umanità ed una ricerca di vita presente in ognuno di noi. Ovviamente questa innocenza viene spesso messa a rischio a causa del male e li fa maturare in fretta, ma anche nella maturità che arriva prima del tempo non c’è mai la rinuncia ad essere liberi e a comportarsi con giustizia, pure nei momenti in cui tutto sembra perduto. L’umanità dei viaggiatori non viene mai abbandonata perché lo spettatore deve vederla, deve ricordarsi di chi viene a trovarci con i barconi rischiando la vita. Non ci sono mostri, non ci sono fantasmi, ci sono solo uomini, donne, bambini e ragazzi. I momenti onirici citati prima mostrano che anche questi ragazzi, mentre sognano ad occhi aperti o dormono, sono capaci di fantasticare, avvertono delle immagini di un mondo lontano che riflettono le sensazioni che stanno provando in quel momento, sperando che il dolore finisca presto. Si tratta di pochi momenti soggettivi che non ingombrano il racconto duro e reale mostrato, quasi separandosi da quel mondo che li sta uccidendo per avere un attimo di sollievo.

Ma oltre al sogno di libertà che si spera non sia infranto mai, Garrone approfitta di tali elementi onirici per richiamare all’atmosfera della fiaba. Questa atmosfera potrebbe sembrare troppo distante dalle scene realistiche che Garrone, ma in realtà, mentre il cammino dei protagonisti prosegue, funge da perfetto collante per la totale connessione tra mondo reale e l’importanza del linguaggio cinematografico che vuole rappresentare tale mondo. Tutte le immagini mostrate nel film sono sincere e realistiche, ma sono narrate attraverso la struttura del viaggio dell’eroe, come se tutto il cammino Seydou e Moussa fosse una pericolosa ma grande avventura. Gli eroi crescono, incontrano mentori, alleati e nemici, tutto per trovare una ricompensa che li farà crescere per raggiungere uno scopo. La potenza del cinema trasforma Seydou e Moussa in modelli da seguire agli occhi dei giovani e di qualsiasi altro spettatore: dei ragazzi la cui storia può essere raccontata in qualsiasi mito o leggenda, dimostrando che la ricerca della felicità, anche se ha un prezzo, può essere trovata. Seydou e Moussa non sono inferiori ai supereroi che salvano le persone, non sono inferiori a Indiana Jones che affronta mille ostacoli, non sono inferiori a Luke Skywalker che viaggia nello spazio…. e diventano anche loro capitani delle loro vite e di quelle degli altri. Matteo Garrone si serve del cinema per ricordare allo spettatore che tutti i pericoli che gli immigrati affrontano non sono situazioni normali che si trovano nella vita quotidiana di tutti i giorni, ma sono vicende pericolose e straordinarie che devono finalmente arrivare all’attenzione degli italiani, per capire che cosa hanno passato tutti quanti per arrivare qui da noi. Ogni immigrato nasconde un passato incredibile pieno di dolore, lacrime e speranza. Con “Io Capitano”, Matteo Garrone ha firmato un altro dei suoi grandi capolavori, creando l’opera cinematografica italiana politicamente più importante dai tempi in cui è uscito “Gomorra” dello stesso autore e che deve essere assolutamente proiettata nelle scuole medie e liceali nei decenni a venire.

Voto:
5/5
Andrea Boggione
4.5/5
Christian D'Avanzo
4/5
Gabriele Maccauro
4/5
Alessio Minorenti
4/5
Vittorio Pigini
4.5/5
Bruno Santini
4/5
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Data di rilascio:
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