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Recensione – The Penitent: il film di Luca Barbareschi con Catherine McCormack e Fabrizio Ciavoni a #Venezia80

Tratto dall’omonima opera teatrale di David Mamet e presentato fuori concorso a #Venezia80. Nell’articolo la trama e la recensione del film di Luca Barbareschi
The Penitent: la recensione del film di Luca Barbareschi

Dopo aver prodotto “The Palace” di Roman Polanski, Luca Barbareschi continua la sua corsa all’ottantesima edizione del Festival di Venezia, presentando fuori concorso “The Penitent“, il suo nuovo film da regista tratto dall’omonima opera teatrale di David Manet.

La trama di The Penitent, diretto da Luca Barbareschi

Il film, ambientato a New York e girato in lingua inglese, presenta la seguente trama:

Uno psichiatra vede deragliare la sua carriera e la sua vita privata dopo essersi rifiutato di testimoniare a favore di un ex paziente violento e instabile che ha causato la morte di diverse persone. L’appartenenza alla comunità LGBT del giovane paziente, il credo ebreo del dottore, la fame di notizie della stampa e il giudizio severo della legge, aggravati da un errore di stampa dell’editor di un giornale, sembrano essere gli elementi che fanno scatenare una reazione a catena esplosiva.”

Fabrizio Ciavoni in The Penitent

La recensione di The Penitent di Luca Barbareschi

La regia del film risulta estremamente piatta, con delle soluzioni visive scolastiche che richiamano a delle fiction Rai di basso livello. C’è persino un momento in cui viene mostrata una scena in slow motion che dovrebbe apparire drammatica, ma è così goffa da ottenere l’effetto opposto. La cosa ancora peggiore tuttavia è la fotografia che appare inesistente, con le telecamere che cambiano la definizione più volte e la luce che copre anche i volti degli attori nei momenti sbagliati. Non si riesce a credere che il direttore sia Michele D’Attanasio, lo stesso che ha realizzato lavori incredibili in opere come “Freaks Out” e “Il Sol Dell’Avvenire“.

L’unico guizzo degno di nota sono i titoli di testa, i quali mostrano una New York specchiata ottenendo un effetto abbastanza suggestivo. Luca Barbareschi, che sta anche davanti la macchina da presa, offre una performance monotona e senza spirito, al contrario di Catherine McCormack che è l’unica del cast che sembra credere alle parole del copione mettendoci una reale intensità. Fabrizio Ciavoni, che interpreta l’assassino, crea degli sguardi alienati che sicuramente giovano alla parte, ma il poco tempo in cui il personaggio si vede in scena non valorizza quello che avrebbe potuto dare come è stato con “Quando” (scelta inspiegabile per un motivo tra poco spiegato).

Il politicamente corretto di The Penitent

Nel film di Luca Barbareschi vengono toccati principalmente due temi sociali: le gogne mediatiche ed i tormenti della religione. Ogni scena vede due personaggi che si confrontano in una stanza attraverso dei dialoghi lunghissimi. L’impostazione di questa scelta è un disastro, perché ogni personaggio ripete più di una volta gli stessi concetti, aggiungendo elementi ad ogni discorso che non forniscono quasi nessuna evoluzione. Questa costante ripetizione dilata i tempi all’infinito, specialmente nei momenti in cui i personaggi rispondono alle domande dei loro comprimari con delle frasi che non c’entrano con le domande rivolte, quasi prendendo in giro lo spettatore senza creare una tensione emotiva.

The Penitent di Luca Barbareschi: la recensione

Quando però l’opera comincia ad essere più esplicita in ciò che vuole raccontare, i problemi diventano ancora più grandi: nel film si vede infatti lo psichiatra protagonista che viene accusato dalle persone di non aver svolto bene il suo lavoro per aver disprezzato un suo paziente in quanto omosessuale, tanto che quest’ultimo, ferito, ha deciso di compiere una strage. Barbareschi utilizza questo pretesto per mostrare come i processi mediatici distruggano all’istante la carriera delle persone. Questo aspetto potrebbe anche essere interessante, se non fosse che il regista ne approfitta per fare un attacco al politicamente corretto, mischiando in un calderone di generalizzazioni alcuni dei temi più delicati che sono collegati alla questione.

Il risultato di questa analisi giunge una conclusione: il politicamente corretto è il male della società tanto che permette alle persone di perdonare degli assassini (il paziente) e di scannarsi su persone innocenti. Il politicamente corretto, per Barbareschi, libera all’istante il male del mondo. Questo concetto, senza una vera analisi che, per l’appunto, nel film non viene svolta, lascia un messaggio aberrante. La cosa ancora peggiore è che Barbareschi preme continuamente su questo tasto… finché, attraverso una svolta narrativa, non decide di ribaltare la situazione mostrando che le lamentele contro il politicamente corretto sono soltanto delle scuse per sentirsi liberi di commettere delle azioni negative. Non si capisce da che parte il regista stia, come se avesse voluto evitare di schierarsi fino in fondo per schivare le polemiche, redendo il film ancora più confuso e disturbante nel senso più sbagliato del termine.

Le riflessioni sulla religione, a causa delle continue scelte insensate del protagonista, appaiono quasi scollegate da ciò che si racconta, rendendo i discorsi inutili e ancora più ingombranti. I personaggi parlano e urlano in continuazione, ma dicono una sequenza di parole che non arrivano quasi mai al punto. Anche quello che dovrebbe essere il centro del film, ovvero il rapporto tra lo psichiatra ed il suo paziente omicida, viene meno: quest’ultimo compare nei flashback, ma non viene sfruttato nemmeno un dialogo tra i due personaggi. Di conseguenza viene evitato di renderli umani e di aumentare l’ambiguità o l’affezione che servirebbe a creare il vero interesse in quello che si sta guardando, sconvolgendo davvero il pubblico quando vengono rivelati alcuni colpi di scena i quali, senza la base solida appena descritta, appaiono insufficienti. “The Penitent” di Luca Barbareschi risulta essere soltanto una disastrosa provocazione stantia che non sa quali argomenti colpire ed in che modo farlo. 

Voto:
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