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Recensione – Maestro: il nuovo film di Bradley Cooper a #Venezia80

Maestro: la recensione del film di Bradley Cooper targato Netflix

Maestro è un film di Netflix disponibile sull’omonima piattaforma dal 20 dicembre 2023, scritto e diretto da Bradley Cooper, dalla durata di 129 minuti. Il cast è composto da Carey Mulligan, Bradley Cooper, Matt Bomer, Maya Hawke, Sarah Silverman, Josh Hamilton, Scott Ellis, Gideon Glick, Sam Nivola, Alexa Swinton, Miriam Shor. Di seguito la trama e la recensione di Maestro, presentato in concorso alla 80esima edizione della Mostra Internazionale di Venezia

La trama di Maestro, diretto da Bradley Cooper

Ecco la trama ufficiale di Maestro, il film Netflix scritto, diretto e interpretato da Bradley Cooper:

 

Maestro è un’intensa, coraggiosa storia d’amore, che racconta la lunga relazione tra Leonard Bernstein e la moglie Felicia Montealegre Cohn Bernstein. Omaggio alla vita e all’arte, Maestro è un emozionante ritratto epico di una famiglia e dell’amore.”

Maestro: la recensione del film di Bradley Cooper targato Netflix

La recensione di Maestro: un biopic scritto, diretto e interpretato da Bradley Cooper 

Bradley Cooper sin dal suo esordio è stato lanciatissimo nell’ambiente, poiché A Star Is Born (2018) riscosse parecchio successo di critica e di pubblico, ragion per cui attorno a Maestro si è generata una certa curiosità. L’attore e regista torna dietro e davanti la macchina da presa dopo 5 anni dal suo prima successo, ma il risultato sfortunatamente è poco convincente per diversi motivi. Il biopic sul compositore Leonard Bernstein è in realtà perlopiù incentrato su sua moglie Felicia, la quale viene soffocata dall’ingombrante figura del genio. L’incipit presenta una didascalia piuttosto inutile al fine della narrazione, poiché non ci si interroga mai effettivamente sul valore della musica al di fuori dei riferimenti presenti nei dialoghi. L’unica scena emblematica da questo punto di vista è quando Leonard dà sfoggio del suo amore per l’arte musicale, dirigendo l’orchestra sullo sfondo di una suggestiva chiesa. Infatti, per ciò che concerne la confezione del biopic targato Netflix e Cooper, il bianco e nero dalle sfumature bluastre e i movimenti di macchina sono ammalianti, sia per una questione di immersione proposta allo spettatore che per il fluire delle immagini significative nel racconto. Le luci danno vita ad una vera e propria danza, poiché si alternano tra l’essere fioche e accese, creando anche un gioco di ombre affascinante e allegorico, come ad esempio si può osservare con la deforme e allungata proiezione di Bernstein su Felicia durante un’esibizione. La prima parte è senz’altro la migliore in quanto il film viaggia velocemente con un montaggio bilanciato e sfumato dalle dissolvenze, dai tagli morphing, dalle sovraimpressioni e dalle analogie: i movimenti dei protagonisti scorrono da una parte all’altra, dalla casa al palcoscenico, dalla vita reale al musical, e così via. Maestro è un film che sprizza energia da tutti i pori per la prima metà, ma finisce col perdersi successivamente.

 

Se da un lato il minutaggio viene ben distribuito attraverso il ritmo delle musiche composte da Bernstein, montate ad hoc su scene dinamiche, verbose e sincere. I problemi del film arrivano nella seconda ora, quando Cooper smette di preoccuparsi della depressione del suo protagonista, della sua omosessualità latente e a tratti espressa, per poi concentrarsi solo ed unicamente sulla moglie malata di cancro. Le scene con Felicia evidenziano una spiccata intenzione nel volere obbligatoriamente strappare una lacrima, costruendo un lungometraggio più adatto a vincere premi internazionali come gli Oscar che a trasmettere emozioni sincere. Probabilmente Bradley Cooper potrebbe aggiudicarsi il premio per il miglior attore protagonista in combinazione con il trucco, rispettando il trend dell’Academy, la quale ha dimostrato spesso di avere un occhio di riguardo per i biopic con i cosiddetti “mascheroni”. A tal proposito, va detto che il naso forse non è fedelissimo, ma è più appuntito che largo rispetto alla realtà; potrebbe trattarsi di un errore di valutazione dei truccatori che hanno lavorato al film. Nonostante ciò, complessivamente può dirsi ampiamente credibile la rappresentazione dei corpi. Come detto, a venir meno è la reale complessità psicologica del protagonista, snellita più del dovuto. Cooper ha in realtà una predisposizione al dramma, ma se nella Hollywood classica li realizzava con estro un cineasta quale Douglas Sirk, a lui manca la coesione e la compattezza, mancando il confronto con un grande quale è stato Sirk. Ineccepibile l’interpretazione della Mulligan, così come dello stesso Cooper; i due sono immersi in una storia drammatica e romantica, composta da dettagli e sfaccettature, pregi e difetti, punti di forza e debolezze, passione e rottura. Entrambi i ruoli richiedono una capacità recitativa completa (dalla comicità alla disperazione) poiché l’espressività è la base da cui partire per poter lavorare su queste persone-personaggi. 

 

Se in A Star Is Born il regista era sembrato più convinto nell’esposizione al melodramma, qui si lascia andare a delle sequenze piuttosto ordinarie nella seconda parte, rinunciando all’affascinante e travolgente impianto visivo osservato durante la prima parte. Proprio in questa occasione Cooper appare più furbo e meno sincero, pur evidenziando il contrasto insito nel protagonista, il quale è frapposto a metà tra l’amore per la gente e la sua depressione. In tal senso, i sentimenti dei personaggi vengono esteriorizzati sia con un buon umorismo che con degli espedienti narrativi inclini alla compassione, che però tendono a semplificare i vari passaggi tra uno stato e l’altro. L’arco temporale è lungo, ragion per cui in 129 minuti sicuramente avrebbe meritato più spazio la musica in quanto arte, e un relativo approfondimento di quest’ultima legata all’inciso iniziale. Ma ciò effettivamente finisce con l’essere ‘ermetizzato’ dalla voglia del regista di esaltare le due interpretazioni attoriali e dal loro rapporto sentimentale. La relazione tra i due è il perno del film, ma il rispettivo legame con l’arte non riscontra alcuna analisi, non si scava mai oltre la superficie. Dunque, Maestro finisce con l’essere un biopic convenzionale ed eccessivamente “studiato” nella costruzione, alternando il presente in cui Bernstein è ormai anziano e il passato da lui stesso raccontato, compresso nel formato 4:3. Peccato per il potenziale inespresso.

Voto:
2.5/5
Andrea Barone
4/5
Andrea Boggione
3/5
Gabriele Maccauro
2.5/5
Bruno Santini
3/5
0,0
Rated 0,0 out of 5
0,0 su 5 stelle (basato su 0 recensioni)
Voto del redattore:
Data di rilascio:
Regia:
Cast:
Genere:

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