Articolo pubblicato il 26 Luglio 2023 da Matteo Pelli
Uscito a cinque anni di distanza dal terzo capitolo, Alien – La clonazione vede il ritorno in azione di una resuscitata Ripley ancora una volta in lotta contro la razza di alieni più spietata dell’universo. Ecco la recensione di Alien – La clonazione, film del 1997 di Jean-Pierre Jeunet con Sigourney Weaver, Winona Ryder, Ron Perlman, Brad Dourif e Michael Wincott.
La trama di Alien – La clonazione
Duecento anni dopo i fatti accaduti su Fiorina “Fury” 161, il tenente Ellen Ripley (Sigourney Weaver) viene riportata in vita sulla nave militare Auriga dai Sistemi Uniti: lo scopo di questo nuova corporazione è semplice: estrarre l’embrione di xenomorfo dal petto di Ripley per sfruttarlo a scopo bellico. L’esperimento ha successo solamente all’ottavo tentativo tuttavia la nuova Ripley non è una semplice essere umana, la clonazione ha infuso parte della coscienza aliena nella mente dell’ex tenente, creando così una sorta di legame empatico tra la donna e la bestia. Nel frattempo un gruppo di mercenari sta trasportando a bordo dell’Auriga degli operai criogenizzati, con lo scopo di usarli come incubatrici per l’ormai adulta Regina estratta dal corpo di Ripley. L’incubo ricomincia quando uno degli xenomorfi riesce a fuggire dalla propria gabbia scatenando il panico a bordo dell’astronave.

La recensione di Alien – La clonazione
Alien 3 di David Fincher chiudeva perfettamente il cerchio iniziato da Ridley Scott nel 1979. Il sacrificio di Ripley, morta suicida per non far cadere l’embrione di xenomorfo nelle mani della bieca compagnia Weyland-Yutani, è stata una mossa audace ma allo stesso tempo efficace per far sì che la saga di Alien avesse la fine dignitosa che meritava. Partendo da questo presupposto Alien – La clonazione (in originale Alien: Resurrection) non avrebbe granché senso di esistere, eppure il film di Jean-Pierre Jeunet ha molto da dire, tanto narrativamente quanto esteticamente. Cinque anni dopo l’uscita dell’epilogo, Jeunet (già regista di Delicatessen e futuro direttore di Il favoloso mondo di Amélie) con la sceneggiatura scritta da un giovane Joss Whedon, riporta in vita Ripley sfruttando il tema della clonazione che si stava facendo strada anche nel mondo reale, con la questione della pecora Dolly a tener banco nella seconda metà degli anni ’90.
L’aver resuscitato Ripley non è che un mero pretesto narrativo per dare una seconda vita ad una saga che, teoricamente, aveva già detto tutto nei primi tre film. Eppure Jeunet grazie ad un forte senso dell’estetica e con uno stile che ricalca in tutto e per tutto il capostipite di Scott, riesce nell’ardua impresa di confezionare un film divertente, brutale al punto giusto ed accattivante nella tematica principale pur scadendo nei classici clichè della saga che, pur funzionando, alla lunga risultano stancanti. Il regista francese, di fatto, mette in scena una sorta di mix dei primi due film del franchise: una disperata fuga verso la salvezza con degli alieni brutti, sporchi e cattivi a fare mattanza di qualsiasi cosa che si muove. Un tema fin troppo abusato che però, nella sua semplicità, funziona ancora regalando momenti di pura tensione alternati a sequenze action degne di nota. Dal canto suo Joss Whedon, qui alla sua terza sceneggiatura dopo Buffy – L’ammazzavampiri e Toy Story, usa il tema della maternità (tanto caro al franchise) ampliando il discorso con l’introduzione di una creatura umana-aliena ripugnante alla vista ma allo stesso tempo affascinante nel suo concepimento. Purtroppo, il finale fin troppo frettoloso taglia le gambe non solo a questa splendida creatura ma anche ad un ritmo che fino a venti minuti dalla fine risultava forsennato, con un Jeunet in stato di grazia a dirigere un cast di attori di assoluto livello.
Sigourney Weaver porta in scena una versione di Ripley diversa dal passato ma non per questo meno agguerrita, risultando dopo quasi trent’anni dall’esordio ancora perfettamente in parte. A farle da spalla questa volta troviamo la deliziosa Winona Ryder nel ruolo di Call, una ragazza inviata segretamente per porre fine al delirio militaresco dell’Auriga. La chimica tra le due donne funziona ed è la vera colonna portante di un film che fa del massacro il suo punto di riferimento, Jeunet nonostante cerchi in tutti i modi di portare la sua visione d’autore nel film, non riesce però a trasporre su schermo lo stesso grado di emotività dei primi due film confezionando solamente un buon fanta-action-horror, rimanendo sui livelli del terzo film ma senza mai eccellere se non per poche, sporadiche sequenze. Tutto il resto del cast è infarcito da caratteristi di prim’ordine, a partire da Ron Perlman (Hellboy, Sons of Anarchy), Brad Dourif (Il Signore degli Anelli – Le due torri), Raymond Cruz (Breaking Bad) e sua malvagità Michael Wincott, visto di recente in Nope di Jordan Peele e famoso per aver interpretato il villain de Il Corvo di Alex Proyas. Grandi nomi per personaggi fin troppo stereotipati che servono solamente da espediente per il massacro degli xenomorfi, creati perfettamente dall’effettista francese Pitof, salito ai disonori della cronaca per la regia dell’atroce Catwoman con Halle Berry, che riesce a realizzare quello stesso senso di umidità viscerale con sfumature da body horror tipico del franchise, al netto di una CGI piuttosto scadente e raffazzonata anche per i canoni dell’epoca.

Dove poter vedere Alien – La clonazione in streaming
Alien – La clonazione, disponibile col resto della saga su Disney+, si potrebbe considerare un film superfluo per l’economia della saga, eppure riesce nella sua semplicità ad essere un prodotto più che dignitoso e col giusto grado di tensione. Jean-Pierre Jeunet dirige un cast brillante in una sorta di cocktail dei primi due film della saga, aggiungendo però un’ironia di fondo che va a togliere l’empatia e l’emotività che Alien e Aliens – Scontro finale (specialmente quest’ultimo) avevano. Il quarto capitolo della saga è la fine del viaggio di Ripley, l’ultima apparizione del personaggio portato su schermo dalla granitica Sigourney Weaver riesce ad essere, al netto dei difetti, una degna conclusione alla sua odissea personale contro gli xenomorfi.