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Recensione – Peacemaker: la satira DC contro un’America trumpista

recensione peacemaker

Prima dell’apprezzatissimo speciale di Natale sui Guardiani della Galassia insieme all’arrivo dell’imminente terzo capitolo, James Gunn approda per la prima volta nell’ambito seriale con “Peacemaker”, serie TV ambientata nel DC Extended Universe e spin-off e sequel dell’amato “The Suicide Squad“, scrivendo tutti gli episodi e dirigendone cinque su otto (compresi pilot e finale di stagione). Approdata per la prima volta in Italia su TimiVision a fine Dicembre (quindi con quasi un inspiegabile anno di ritardo dalla sua uscita su HBO Max a Gennaio 2021), si tratta di una delle serie TV di maggior successo del 2022 ed è stata apprezzatissima anche dalla critica, ma tale riscontro è meritato? Scopriamolo.

La trama vede Christopher Smith, alias Peacemaker, che si è finalmente svegliato dal coma e, dopo essersi rimesso, non ha intenzione di tornare in prigione, nonostante voglia comunque continuare a svolgere la sua missione di pace per il bene del mondo, anche se per farlo dovesse essere costretto ad uccidere gente. Tornato a casa riabbracciando la sua aquila domestica e cercando di riavere un rapporto con un padre razzista che continua a disprezzarlo, Christopher dovrà di nuovo accettare una missione da parte di una nuova squadra, mandata da Amanda Waller, che gli chiederà di aiutarlo a sventare un’invasione aliena.

Peacemaker: recensione della nuova follia di James Gunn

Gunn rispolvera i film con cui ha cercato violentemente di affermarsi nel cinema di genere indipendente, utilizzando delle tecniche di ripresa che trasformano questo cinecomic ad alto budget in qualcosa che sembra direttamente essere uscito da “Slither” e da “Super: Attenti Al Crimine“, con altri rimandi e citazioni a generi che il regista non ha mai negato di amare (qualcuno ha detto Romero?) in un connubio di spettacolarità e di splatter che sa essere sì demenziale, ma anche potenzialmente adrenalinico senza mai perdere degli incredibili tempi comici persino nei momenti in cui Gunn non è alla regia (la vista a raggi X entra dritta di prepotenza nei momenti più divertenti mai visti in un adattamento DC e Marvel).

Da segnalare anche l’ottimo uso delle canzoni scelte (di cui il rock rappresenta un bellissimo segno di sfogo, ribellione ed espressione) che nei prodotti di Gunn sono sempre una garanzia. Inoltre, dal punto di vista recitativo, John Cena rappresenta una grandissima sorpresa: è incredibile come riesca a trasmettere al personaggio una continua aria da spaccone superficiale e ridente, eppure allo stesso tempo non faccia mai perdere quell’aria di eterna tristezza che sembra rappresentarlo in tutta la serie… e quando le scene si fanno più dure ed intense, l’esplosione sul suo volto è toccante senza mai che ci siano eccessi tipici di chi non è abituato a fare l’attore (Cena si sta affermando solo in questi ultimi anni). Davvero gradito è il ritorno di Robert Patrick in un ruolo importante in un prodotto di punta, qui nei panni del padre di Peacemaker in un incredibile concentrato di odio, senza togliere nulla al resto dell’ottimo cast.

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Peacemaker e la satira contro l’estrema destra americana

Al di là della demenzialità alla Troma e dell’ottimo apparato tecnico, la serie è estremamente interessante nella rappresentazione di un individuo molto difficile da salvare: Christopher Smith è ritratto infatti come persona reazionaria, volgare, profondamente sessista ed ignorante. Al di là dei suoi stereotipi su cui l’opera gioca per fare una satira estrema, la cosa interessante non è semplicemente la soluzione che va ad una bontà di fondo presente in Peacemaker nonostante gli sviluppi discutibili, ma piuttosto la stratificazione che va all’interno del contesto della figura dell’antieroe: la satira di Gunn colpisce soprattutto l’ideologia trumpista americana, da cui deriva tutto il percorso di formazione del protagonista. La serie evidenzia allo spettatore quanto il frutto di questa educazione abbia creato una figura dilanianata, in conflitto con sé stessa ed in continua ricerca di affetto, sottolineando la profonda tragedia di quello che, apparentemente, è un personaggio eccessivo e ridicolo.

L’autore non solo mette a nudo tutto l’orrore dell’estrema destra americana, ma inserisce anche un’interessantissima riflessione sull’ambiguità morale, attraverso cui la lotta per il marciume può influenzare i comportamenti degli individui a tal punto da trasformarli in quello stesso male che si combatte e a quel punto la domanda è: fino a tal punto ci si può spingere oltre per evitare tragedie? E questa domanda non è risolta in modo banale, nonostante le continue soluzioni che i personaggi cercano continuamente in modo quasi assoluto. Si arriva persino alla riflessione sul libero arbitrio, distinguendo estremamente la libertà di parola e di espressione contro la libertà di sentirsi in dovere di causare scorrettezze e danni nei confronti del prossimo.

In questo forte eccesso, James Gunn ricorda agli spettatori, con incredibile delicatezza, non solo l’importanza di scavare a fondo nelle apparenze, dove persone continuano ad essere messe in difficoltà per il loro aspetto o per i loro pensieri senza che ci sia sensibilità da parte di altri, ma soprattutto perché tale sensibilità appena citata viene ricreata nella speranza di Gunn per quanto riguarda l’evoluzione: anche chi viene dal peggior posto del mondo, nonostante tutti i suoi problemi, può accorgersi degli elementi più piccoli e crescere in un essere più gentile e umano di altri, a patto che ci sia trasparenza e apertura mentale non sono da parte sua, ma nella creazione dei rapporti, nonostante il mondo sembri sempre crollare nel peggiore dei modi.

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“Peacemaker” è una profonda lettera di amore nei confronti dell’umanità, la quale appare sempre imperfetta ma sempre terreno di viaggi inesplorati che possono essere compiuti nell’animo dai volti più bizzarri ed inediti, anche nella nostra povertà umana, dove i reietti andrebbero riscoperti. In questo modo otteniamo, probabilmente, la miglior serie televisiva tratta da un fumetto dell’anno ed uno dei migliori prodotti del DC Extended Universe. Chissà se una seconda stagione conclusiva arriverà mai, dati i piani del reboot che presto saranno rivelati dallo stesso Gunn, ormai presidente della DC, ma di certo nessuno toglierà la qualità da questo interessantissimo tentativo sperimentale nel mondo supereroistico.

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