Era difficile superare l’apprezzamento di pubblico della quarta stagione di The Crown. Ciò nonostante, seppure questa nuova stagione non regga il confronto con la precedente, presenta degli eventi interessanti e una narrazione complessivamente coinvolgente.

La prima difficoltà era di presentare allo spettatore i nuovi interpreti dei personaggi protagonisti. Fortunatamente, il paragone con i precedenti attori non sussiste, poiché il “passaggio dei ruoli” è forse uno degli elementi più riusciti all’interno della serie. A cominciare da Imelda Staunton, che con la sua eleganza e padronanza della scena convince e incanta sin dal primo frame, al punto da divenire probabilmente la migliore incarnazione della Regina vista finora all’interno di The Crown.

Non sono meno convincenti le interpretazioni di Jonathan Pryce, Dominic West ed Elizabeth Debicki (rispettivamente Principe Filippo, Principe Carlo e Principessa Diana).

Tra i temi trattati ricorrono la perdita e il superamento del lutto, ma il grande focus narrativo della stagione è sulla paura del cambiamento.

La Regina Elisabetta avverte il cambiamento della società intorno a lei e si sente a volte inadeguata, come davanti a un televisore di nuova generazione di cui non conosce le funzioni. Nonostante il supporto del marito Filippo, le idee progressiste di Carlo pesano sull’andamento del suo Regno. Viene paragonata da molti alla Regina Vittoria, in segno dispregiativo come a intendere un’antichità superata e obsoleta. Emblematico in tal senso è l’elemento dello yatch reale (il “Britannia”), a cui Elisabetta è così ostinatamente legata, seppure cada ormai a pezzi. Lasciar andare quella nave è metafora dell’accettazione del progresso.

Questa sorta di rapporto simbiotico è visibile anche tra Diana e i suoi figli, i quali rappresentano per la Principessa l’unica vera cura alle sue sofferenze.

La tolleranza di Lady D è arrivata al limite, la farsa con Carlo per i giornali non può più continuare. Ha così inizio una dura battaglia legale e familiare.

Diana racconta la sua verità. I disturbi alimentari, il rapporto matrimoniale con il Principe, le incomprensioni nella famiglia Windsor, e i tentativi di suicidio. Si rivela al mondo come una donna prigioniera di un sistema che non l’ha mai accettata veramente, al contrario delle masse.

L’immagine di Carlo non ne esce pulita. Lo scandalo della relazione segreta con Camilla peggiora soltanto la situazione, e ancora una volta si sente oscurato da Diana.

A questo punto, viene da chiedersi “Cos’è che non funziona rispetto alla stagione precedente?”

Si ha la percezione che gli elementi trattati siano iterati e dilatati lungo il corso degli episodi, forse per scarsità o riduzione degli avvenimenti da raccontare.

Le idee di sceneggiatura sono interessanti, ma avrebbero necessitato di un minutaggio molto più condensato rispetto a quanto presentato, in cui gli stessi concetti vengono invece ripetuti più volte. Per dirlo in parole diverse, ciò che viene raccontato su schermo non riempie adeguatamente la durata complessiva della serie. Basti pensare che tutta la stagione narra a stento sette anni di Monarchia, di cui viene troncata addirittura la parte più importante, lasciando un “cliffhanger” di stagione inaspettato. 

Nel complesso la stagione rappresenta una degna prosecuzione della serie Netflix, con qualche pecca in più rispetto alla stagione precedente. Regia e dialoghi restano i punti di forza del prodotto, che risulta “deludente” solo per una gestione temporale “avara”. Sarebbe stato meglio raccontare di più.