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Ciclo Orson Welles – Recensione – l’Orgoglio degli Amberson: La Fine del Vecchio Mondo

l'Orgoglio degli Amberson - Recensione del film di Orson Welles, migliori film del regista di Quarto Potere

Fotografato, scritto, diretto e prodotto da Orson Welles, l’Orgoglio degli Amberson (1942), è il secondo film del celebratissimo autore di Quarto Potere (1941), il quale sfruttò a proprio vantaggio, il contratto con la RKO, che gli conferiva totale libertà creativa. Basato sul romanzo di Booth Tarkington, vincitore del premio Pulitzer, Orson Welles considerava tale opera, migliore rispetto a Quarto Potere, ma a differenza di quest’ultimo, l’Orgoglio degli Amberson, subì vari interventi in post-produzione, che tolsero il controllo dell’opera dalle mani del cineasta, per ammorbidire i vezzi stilistici del suo autore, oltre ad imporre ulteriori sequenze per mitigare il tono dell’opera, dando così il via alla definizione di “regista maledetto”, che accompagnerà Welles per tutta la sua vita.


La Trama dell’Orgoglio degli Amberson di Orson Welles


George (Tom Holt), ultimo rampollo dell’illustre famiglia degli Amberson di Indianapolis, è un ragazzo arrogante, viziato e fortemente classista. Egli disprezza fortemente gli elementi del popolino e si oppone energicamente al progresso, incarnato dall’invenzione dell’automobile considerata dal ragazzo una creazione senza futuro, preferendogli di gran lunga il trasporto a trazione animale. 


Questo lo porta a scontrarsi con Eugene Morgan (Joseph Cotten), ex-piccolo borghese, che sta costruendo una fortuna, oltre ad essere un vecchio spasimante di sua madre Isabel Amberson (Dolores Costello), la quale pur essendo innamorata di lui, preferì sposare il ricco ed aristocratico Wilbur. Pur essendo fortemente innamorato della figlia di Eugene, la dolce Lucy (Anne Baxter), George porta avanti la sua battaglia personale verso l’ex-amante della madre, impedendo qualsiasi avvicinamento tra i due. 

l'Orgoglio degli Amberson - Recensione - Ciclo Orson Welles

Recensione dell’Orgoglio degli Amberson: Lo Scontro Tra Aristocrazia e Borghesia  nel film di Orson Welles

 

Il secondo ed il terzo film sono sempre i più difficili per un regista, specie per coloro che come Orson Welles, hanno avuto la fortuna ed il talento di debuttare con un’opera prima monumentale. La pressione aumenta, le aspettative sono elevatissime, così come le accese diatribe tra ammiratori e detrattori, tutti attendono il regista al varco.

 

Ma Orson Welles non si lascia scoraggiare, non è nella natura di un genio come lui del resto, così con l’Orgoglio degli Amberson, il cineasta ritorna sull’oggetto della sua ricerca; i potenti, qui rappresentati dalla ricchissima ed influente famiglia degli Amberson, nonché sull’ultimo suo rampollo George (Tom Holt), un nuovo titano wellesiano, dopo il Kane della sua opera prima. 

 

Il soggetto risulta essere indubbiamente più classico rispetto a Quarto Potere (1941), un melodramma familiare, ma il regista resta fedele al suo stile, continuando e perfezionando le innovazioni, che fecero grande la sua opera prima; piani sequenza estensivi quanto totali, uso del grandangolo, voce narrante ed una vastissima profondità di campo valorizzata dalla fotografia di Stanley Cortez.

 

George è un titano destinato alla sconfitta, sia per i mutamenti storici repentini, a cui risulta cieco, che per il suo orgoglio aristocratico verso la classe borghese, verso la quale nutre profondo disprezzo ed il cui odio è ricambiato da costoro, che sperano di vivere tanto a lungo da vedere George e la famiglia Amberson crollare miseramente.

 

Il film comincia con un’introduzione di tipo storico, ricollegandosi in un certo senso al cinegiornale con cui si apriva Quarto Potere, fornendoci una serie di nozioni sui costumi e le usanze della società americana della seconda metà dell’800′, con i suoi riti, usi ed un certo lassismo nell’affrontare la giornata, senza dover correre all’impazzata dietro i ritmi frenetici di una società, come quella odierna, in cui tutto risulta veloce, ma resta per assurdo sempre meno tempo per l’uomo; ciò dalla voce narrante di Welles, viene comparato al tram a trazione animale, che si fermava ogni qualvolta una persona dalla finestra chiedeva di fermarsi. 

 

Ritmi che oggi sarebbero impossibili da mantenere, così come sempre più rare sono le abitazioni sullo stile sfarzoso come quella degli Amberson, con i suoi pianerottoli interni e quella scala a spirale continuamente inquadrata dalla macchina da presa, tramite l’ausilio di dolly e piani sequenza, salendo e scendendo di continuo, seguendo il continuo salire e scendere di quelle scale, dimostrando una magistrale gestione dello spazio della casa. Il regista non rinuncia a sperimentare nuovi artifizi come la profondità di campo sonora in sequenze come la festa, riuscendo tramite l’accavallamento delle voci, volti a creare un effetto realistico alla messa in scena

l'Orgoglio degli Amberson - Recensione - Ciclo Orson Welles

Recensione dell’Orgoglio degli Amberson: Gli Interventi della Produzione nel Film di Orson Welles

 

Il montaggio sicuramente è meno avanguardista rispetto alla sua opera prima, avvalendosi di dissolvenze incrociate o in nero, quindi molto più classico nell’uso dei raccordi, cosa che portò la critica dell’epoca ad apprezzare maggiormente l’Orgoglio degli Amberson, rispetto al dinamismo sperimentale di Quarto Potere, ponendosi quindi in antitesi rispetto al film d’esordio. Lo stesso Orson Welles considerava tale opera, superiore al suo precedente film, però con questa pellicola, inizierà la prima di una lunga serie di opere manomesse dalla produzione, condite da acerrime battaglie tra il regista ed i produttori. 

 

A quanto è riportato nei booklet della Dynit, il regista riuscì a completare il montaggio del film, pur trovandosi all’estero in Brasile per lavorare ad un film che poi non si riuscirà mai a realizzare. Stando alle cronache, purtroppo il risultato degli screen test fu negativo e la casa di produzione, fortemente terrorizzata dal rimetterci i soldi, tagliò circa 43 minuti, ordinando a Robert Wise (montatore del film e futuro regista), di girare delle sequenze di raccordo, cambiando anche il finale originario voluto dal regista.  

 

Le riprese aggiuntive ex-post di Wise sono fortemente visibili, poichè spesso vanno a spezzare la regia dei complessi carrelli di Welles, con dei frame, che molte volte, servono a colmare i buchi narrativi per via dei tagli; come per i due uomini che commentano la morte di Wilbur, oppure per infilare senza ritegno un primo piano, come quello del volto di Lucy, quando Geroge le dice che è in procinto di partire con sua madre all’estero (aggiunta per dare una maggior empatia verso la ragazza? Non è una cosa da Welles, non da primo Welles almeno, che è sempre stato molto enigmatico quando doveva tratteggiare i personaggi). 

 

Il finale oltre che affrettato – ci sono stati tanti tagli anche qui, tutti spiegati doviziosamente dallo stesso Orson Welles nel libro intervista realizzato da Peter Bogdanovich -, presenta una sequenza conclusiva dai toni conciliatori, totalmente riscritta e rigirata da Robert Wise, che risulta in stridente contrasto, rispetto al cinismo, la cupezza e l’ostinazione, che permeava la narrazione in precedenza.

 

La pellicola venne disconosciuta dal regista per tutta questa serie di ragioni, tanto che da quel momento in poi, ebbe in odio Robert Wise (che dirà decenni dopo, come il film originale fosse superiore alla versione che vediamo oggi) e dovette combattere successivamente, tra budget risicati, produzioni problematiche e mancanza di final- cut.

 

L’opera fu un flop al botteghino e nonostante le quattro nomination agli oscar; miglior film, scenografia, fotografia e attrice non protagonista (Agnes Moorehead), non ottenne nulla.
Malgrado le menomazioni subite ed evidenti anche ad un occhio non esperto, per tutta una serie d’invenzioni tecniche (tra cui il primo uso della profondità di campo sonora), l’Orgoglio degli Amberson, presenta al proprio interno tanta di quella genialità artistica, da non poterne non riconoscerne, lo status di capolavoro assoluto

Voto:
5/5
Alessio Minorenti
4/5
Giovanni Urgnani
4.5/5