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La Recensione di Hatching – La forma del male: l’Horror finlandese

Recensione di Hatching – La forma del male, il nuovo horror finlandese distribuito nelle sale italiane a partire dal 6 ottobre 2022.
Recensione Hatching − La forma del male, film horror di Hanna Bergholm

Hatching – La forma del male è un film horror del 2022 diretto da Hanna Bergholm e scritto da Ilja Rautsi. È stato presentato in anteprima a gennaio al Sundance Film Festival 2022, e distribuito in Italia a partire dal 6 ottobre. Impostato come un horror d’autore, sono innumerevoli le pecche evidenziate negli appena 87 minuti di film. E allora eccole riportate nella recensione di Hatching – La forma del male, di Hanna Bergholm.

La trama di Hatching – La forma del male, body horror psicologico

In un tranquillo quartiere, una comune famiglia mentre si mostra sorridente e serena, viene disturbata dall’entrata in casa di un corvo. A seguito dell’incidente, la madre rompe il collo all’animale gettandolo nel cassonetto della spazzatura. Un gesto cinico e inquietante ancor di più, visto che nel compiere il gesto si stampa un incomprensibile sorriso sulla faccia del madre. Suo marito e suo figlio restano imbambolati, inermi e passivi di fronte i maldestri movimenti del corvo che finisce per rompere più oggetti nella stanza.

 

Sua figlia, una ginnasta di 12 anni cerca disperatamente di compiacerla ritraendola come una donna ossessionata dal mito della famiglia perfetta che pubblicizza sul suo blog popolare. La ragazzina, toccata dall’uccisione del corvo, va per cercarlo nella spazzatura ma il corpo non è più lì. Addentratasi in un bosco ritrova il corvo morente e termina il lavoro; successivamente trova anche uno strano uovo, lo nasconde, lo tiene caldo. Quando l’uovo si schiude, ciò che emerge è oltre ogni immaginazione.

Recensione Hatching − La forma del male

La recensione di Hatching – La forma del male, horror scadente su più fronti

Tutto ciò che serve sapere su Hatching – La forma del male, è che si struttura (o quanto meno vorrebbe tentare) come un horror d’autore, servendosi del sottogenere body horror psicologico per allestire una metafora sulle maschere e la talvolta ingombrante figura dei genitori. Se il soggetto poteva essere interessante, il risultato è disastroso da tutti i punti di vista: in primis il montaggio perlopiù tronca dialoghi e scene velocizzando le inquadrature e confondendo lo spettatore; la fotografia non riesce a creare contrasti, è fiacca nel suo sterile e perenne grigiore. Ma il problema principale resta la confusione del montato, scene che durano tre secondi dando informazioni mai più riprese durante il corso della narrazione, una scena iniziale imbarazzante per la discontinuità visiva data dai movimenti di chi è in scena e una differenza di girato tra inquadrature oggettive e GoPro che aumentano soltanto le perplessità. Se da un lato pesano le scelte senza una vera e propria funzionalità, dall’altro abbiamo dei salti nella narrazione stessa. Non è nemmeno una questione di sospensione dell’incredulità dal momento in cui è tutto giustificabile dato che si sta rappresentando di una metafora; mancano solidità e coerenza alla sceneggiatura, e di conseguenza il tono esasperato della messa in scena – anche per le interpretazioni macchiettistiche – fa crollare il film nel ridicolo.

 

La famiglia perfetta non esiste, è una facciata che nasconde i problemi interni, problemi legati all’ossessione e all’affetto asfissiante che certi genitori possono avere nei confronti dei figli. Così facendo generano una crisi d’identità in loro; non sviluppano un carattere e non riescono ad ambientarsi nella vita di tutti i giorni. Una tesi così importante non può essere banalizzata in modo così goffo: la creatura simile ad un corvo gigante che nasce dall’uovo di cui si è presa cura la bambina, prenderà poi le sue sembianze perché assorbe – in un certo senso – il suo dolore. Ciononostante le continue soggettive che legano il punto di vista della bambina con quella della creatura dimostrano l’inadeguatezza registica al servizio dell’idea di partenza; non solo non aggiungono tensione, ma rendono troppo concreto il corpo del corvo deforme che invece dovrebbe essere soltanto specchio delle sofferenze. Mancato il gioco del “vero o non vero” a cui solitamente andrebbe sottoposto chi guarda quando siamo nel campo della metafora messa in scena, il film non sa più “come” raccontare. Ecco come si ottiene l’effetto del ridicolo in senso negativo del termine: un padre e un figlio passivi che non possono far altro che sottostare al genere femminile in casa senza un reale motivo, e un punto di vista femminile che racconta l’ossessione materna ritraendo il personaggio della donna in malo modo. A che pro? Qual è lo scopo? Il finale non da risposte, continua a prestarsi all’inutilità scioccanti delle sequenze – mai incisive – che l’hanno preceduto, ma il significato è un grande mistero. Il tentativo di concludere la storia in tragedia è a dir poco scoraggiante, non assume valore alcuno e tradisce la buona volontà di chi è rimasto ad assistere agli eventi fino all’ultimo. Débâcle compiuta.

Voto:
1.5/5
Andrea Barone
0/5
Andrea Boggione
0/5
Paolo Innocenti
3.5/5
Carmine Marzano
0/5
Alessio Minorenti
1.5/5
Paola Perri
0/5
Vittorio Pigini
0/5
Giovanni Urgnani
0/5
0,0
Rated 0,0 out of 5
0,0 su 5 stelle (basato su 0 recensioni)
Voto del redattore:
Data di rilascio:
Regia:
Cast:
Genere:

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