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Euphoria 2×03: Delusioni e Risvegli

Inutile nascondere come la seconda puntata di questa stagione di Euphoria abbia lasciato con l’amaro in bocca anche il più irriducibile degli appassionati della serie ideata, scritta e diretta da Sam Levinson. Nella nostra consueta analisi settimanale i suoi spiccati difetti ed il suo girare turbinosamente a vuoto senza imboccare una direzione precisa avevano dissipato parzialmente l’entusiasmo scaturito dalla invece ottima prima puntata. Ebbene questa terza puntata merita di entrare a tutto diritto tra le più riuscite dell’intera serie e ridesta in noi spettatori le, a dir il vero mai sopite, speranze per il prosieguo della stagione.

Già solo il segmento che precede il titolo della serie (questa volta non accompagnato da musica elettronica ma dal singhiozzare sommesso di un personaggio) vale la visione. Con un’introduzione di stampo quasi fiabesco Rue tratteggia l’ultimo anno di highschool di Cal, tra la scoperta del suo rapporto con l’altro sesso e la crescente consapevolezza di un interesse di tipo romantico verso il suo amico fraterno Derek. La narrazione di questa fase della vita di Cal è perfettamente calibrata e in grado di evidenziare con grande capacità di sintesi, laddove altre serie avrebbero dedicato agli stessi avvenimenti qui esposti una intera (interminabile) puntata, le insicurezze, le idiosincrasie, il sostrato sociale e gli stati d’animo che hanno accompagnato questo personaggio in un frangente per lui di così fondamentale svolta, che avrà ripercussioni (come noi già sappiamo a posteriori dalla serie) sulla sua intera sfera relazionale e sentimentale. Da notare in particolare come lo sbocciare dell’amore tra Derek e Cal sia narrato anche ricorrendo a calzanti variazioni della palette cromatica, in questo senso ricalcando un modus operandi molto caro ad un grande regista quale Wong Kar-wai, al punto che non sembra irrealistico supporre che Sam Levinson si sia ispirato alla celebre danza nella cucina di “Happy Together” per mettere in scena quella (molto riuscita) nel pub tra i due protagonisti al termine di questo meraviglioso incipit. Interessante infine notare come i due flashback che hanno aperto la prima e la terza puntata abbiano adottato due registri tanto diversi in termini di messa in scena e di ispirazioni (più o meno palesi), riuscendo tuttavia in entrambi i casi ad approdare a risultati estremamente efficaci e che ancora una volta confermano come tra le doti innegabili di Sam Levinson come creativo vi sia sicuramente una straordinaria ecletticità.

In questa densissima puntata un altro espediente che ricorre è quello della rottura della quarta parete. Prima Rue e poi Lexi (anche se filtrata attraverso la lente di Rue, che rimane pur sempre la narratrice di tutto ciò che avviene su schermo) infrangono questa regola cinematografica e si rivolgono direttamente a noi spettatori, evidenziando un fattore molto significativo della serie, ovvero che ogni personaggio porta avanti, in modo più o meno celato, istanze e pulsioni che ossessionano il suo creatore.

Da una parte Rue espone in modo quasi didattico il modo in cui riesce a camuffare a più riprese le sue continue ricadute nella tossicodipendenza (di cui è noto Levinson abbia sofferto) mentre dall’altra Lexi esce finalmente dal suo stato di osservazione della realtà che la circonda, tentando finalmente di attuare un processo di rielaborazione che non può essere veicolato che da un impulso artistico e quindi volto al raggiungimento di una catarsi. E’ stimolante notare come la necessità di esprimersi e di esternare i propri stati interiori sopraggiunga soltanto dopo una lunga e (alla fine) incontenibile sofferenza, cosa che si riallaccia perfettamente ad uno dei punti cardine di quest’opera che non vede mai i personaggi raggiungere alcunché senza prima aver lottato tenacemente e perso contro i propri demoni interiori; è sempre sulle ceneri delle sconfitte personali che si ritrova la forza di reagire.

Il rapporto tra Rue e Jules è senza dubbio uno degli esempi di scrittura applicata alle serie tv tra i più riusciti degli ultimi anni: Eros e Thanatos, odio e amore, autodistruttività e creatività si intersecano tra loro, senza soluzione di continuità, a formare un meraviglioso mosaico.

A questa costruzione tuttavia mancava un tassello che questa puntata comincia ad inserire, non si è mai approfondita fino in fondo infatti la profonda differenza con cui Rue e Jules si approcciano alla sfera sessuale. La prima sembra quasi vivere perennemente in uno stato di trans dove l’intimità con il proprio partner è un corollario per nulla essenziale, ma anzi quasi un elemento privo di interesse che non aggiunge nulla al rapporto preesistente (addirittura un personaggio in questa puntata si riferirà a Rue definendola asessuata). Jules invece vive il contatto fisico e il piacere che reciprocamente ci si da come il coronamento di una scoperta reciproca e uno dei mezzi attraverso i quali scandagliare se stessi, senza che la promiscuità o l’intensità che caratterizzano l’amplesso possano scalfire la propria autoconsapevolezza.

Ci sarebbero ancora tantissimi spunti da approfondire riguardo questa puntata, tuttavia la sua collocazione nel corpus completo di almeno questa seconda stagione di Euphoria permetterà di far fiorire ulteriormente i semi che ha gettato.

P.S. Come anche specificato da Zendaya sui suoi social la visione di questa serie è consigliata ad un pubblico adulto e in grado di sostenere la trattazione cruda di tematiche quali la dipendenza da stupefacenti e la depressione, il consiglio è di tenersene alla larga se si è particolarmente suscettibili in tal senso.

Alessio Minorenti

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