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Principessa Mononoke: trovare pace si può!

Settima pellicola scritta e diretta dal Maestro Hayao Miyazaki, distribuita nelle sale giapponesi il 12 luglio 1997 mentre in Italia arrivò nei cinema il 19 maggio 2000 per poi essere riproposto come film evento dall’8 al 15 maggio 2014, la colonna sonora è composta da Joe Hisaishi, tra le più memorabili del suo repertorio. La decima produzione targata Studio Ghibli divenne campione d’incassi sia in madrepatria, dove raggiunse il primo posto nella storia del botteghino giapponese, sia sul terreno internazionale.

 

 

Varcata la soglia della seconda decade del 2000, guardandoci allo specchio siamo costretti a fare i conti con una crisi in cui si è raggiunto probabilmente il punto di non ritorno. Nonostante la salvaguardia del pianeta Terra sia da anni motivo di dibattitto, sensibilizzazione, discussione tra i governanti è palese che la tendenza non sia affatto invertita, l’ambiente continua ad essere inquinato, ostile e povero. Attraverso questo capolavoro assoluto, siamo stati messi sull’avviso più di vent’anni fa, ogni volta che l’essere umano danneggia la natura, ne stravolge gli equilibri, distrugge sé stesso perché anch’egli è parte di essa. Se la flora e la fauna potessero parlare esprimerebbero tutto il loro disappunto e la loro frustrazione nei nostri confronti, tra foreste dimezzate e animali a rischio di estinzione siamo diventati una minaccia per qualsiasi creatura del globo. Ormai è abitudine veder trasposte la vita e la morte, ma sono pochi quelli che riescono a renderci partecipi. Grazie a questi personaggi e a questi contesti, lo spettatore è in grado di sviluppare tutti e cinque i sensi perché ognuno di loro è protagonista nel bene e nel male, a seconda del come vengono utilizzati.

 

 

La vista: gli uomini e le divinità della natura sono in guerra tra loro, uno scontro totale dalle conseguenze disastrose. La rappresentazione della violenza in modo efferato risulta necessario e funzionale a comprendere la gravità, vediamo il sangue scorrere, teste e braccia mozzate non per semplice manierismo o per becera provocazione ma per renderci conto dei gesti conseguenti alle scelte che facciamo. Alternativamente agli scontri osserviamo luoghi di pace, paesaggi incontaminati in cui regna l’equilibrio. L’udito: grazie ad un ottimo comparto sonoro, il rumore delle viscere del corpo intaccato dalla maledizione, pensiamo al Dio-cinghiale o al braccio di Ashitaka, è un sintomo di un lento ma progressivo avvicinamento verso la morte, ma soprattutto simboleggia la vitalità dei sentimenti che proviamo, in tal caso negativi.

 

 

L’olfatto: percepiamo indirettamente l’odore della carne in putrefazione, l’odore della fucina, della polvere da sparo, elementi caratterizzanti di una situazione, di un sistema, di un modo di vivere. Il gusto: tramite la propria bocca, San tiene attaccato alla vita Ashitaka, talmente esausto da non riuscire a masticare mentre in precedenza tenta di togliere il sangue avvelenato dal proiettile a sua madre-lupo Moro succhiandolo e sputandolo via. Il tatto: più di tutti riesce a comunicare questo forte contrasto tra le intenzioni per cui viene utilizzato, con le mani possiamo costruire armi, ferire, sradicare, mostrare affetto, piantare, curare e lavorare cosa che Ashitaka prova per un attimo nella fucina tastando in prima persona del duro lavoro di pigiatura delle donne del forte, rendendosi conto egli stesso del loro ruolo fondamentale.

Nonostante l’umanità è protagonista di innumerevoli errori, questa pellicola è una forte manifestazione d’affetto e speranza nei suoi confronti. Solamente noi possiamo risolvere i problemi che abbiamo causato, abbiamo la possibilità e la capacità di farlo, godiamo dello stesso diritto di vivere su questo pianeta tanto quanto le altre creature ma soprattutto ognuno di noi merita di essere salvato. È il caso di Eboshi, una donna a capo di un forte insediatosi vicino ai boschi, la sua attività di ricerca delle risorse per la produzione del ferro sta decimando l’ambiente circostante, scatenando inevitabilmente la rabbia delle divinità naturali, un personaggio deciso e granitico nelle sue convinzioni, mosso dal senso ingiustificato di superiorità dell’essere umano nei confronti di ciò che lo circonda. Eppure, il microcosmo che è riuscita a costruire non ha eguali, una piccola società all’insegna della parità di genere e dell’inclusività, in cui ognuno ha il suo ruolo indipendentemente dal proprio sesso o dalla propria condizione. Non a caso, infatti la “città del ferro” viene periodicamente messa sotto assedio dal sistema maschile tradizionale guidato dal Mikado e dai samurai.

 

 

La spiritualità e il ruolo del divino rivestono una posizione imprescindibile. La divinità si mostra in maniera sempre diversa da come i personaggi se lo aspettano, non tanto sulla sfera fisica quanto sulle sue azioni a cui spesso si fatica a trovare una spiegazione per noi soddisfacente. La sua manifestazione può avvenire anche mediante un evento a noi sfavorevole, la maledizione subita costringe Ashitaka ad abbandonare per sempre la propria dimora, San viene abbandonata in fasce dai suoi genitori, circostanze in sé negative indispensabili per dare il là al percorso dei protagonisti verso il destino da compiere. Tale concetto troverà continuità in Si alza il vento, in cui a seguito di un terremoto Jiro conoscerà la sua anima gemella. Una riflessione profonda e sicuramente interessante, pur ammettendo che chi vi scrive non la condivida.

Un’ opera straordinaria, immortale, attuale capace di parlare a tutti nonostante non tutti potrebbero essere in grado di comprenderla fino in fondo, bisogna calarsi in un linguaggio differente, un modo di comunicare diverso ma grazie a questo diventa ancora più speciale. Intensità, dinamicità, dolore, amore, speranza, rabbia, vita, morte, riflessione, non manca assolutamente nulla, l’intrattenimento è garantito dalla classe tecnico-realizzativa in grado di raggiungere livelli sublimi. Sono passati quasi venticinque anni ma oggi non abbiamo ancora compreso fino in fondo quello che la pellicola ha voluto dirci, non aspettiamo altri venticinque!

Voto:
5/5
Andrea Barone
5/5
Christian D'Avanzo
5/5
Carmine Marzano
4.5/5
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