Articolo pubblicato il 2 Giugno 2025 da Bruno Santini
A più di vent’anni dalla sua prima presentazione al Festival di Cannes nel 2003, Dogville di Lars von Trier torna finalmente nelle sale italiane in una versione restaurata, offrendo agli spettatori l’occasione rara di confrontarsi con uno dei film più radicali, divisivi e artisticamente audaci del cinema contemporaneo. L’opera, interpretata da una magnetica Nicole Kidman, è diventata nel tempo una vera e propria pietra miliare, tanto per la sua forma spiazzante quanto per la sua capacità di mettere in discussione i pilastri della morale collettiva, della giustizia sociale e della complicità silenziosa delle comunità.
Non si tratta solo del ritorno di un film, ma della riscoperta di un esperimento cinematografico che ha ridefinito le possibilità espressive del linguaggio filmico, sospendendo la rappresentazione realistica in favore di una messinscena essenziale e simbolica, fortemente ispirata al teatro epico di Brecht. La sua attualità resta intatta e, per questo motivo, in molti sono attirati dal film che torna in sala in Italia; non tutti sanno, però, che al film sono legate diverse curiosità che meritano di essere scoperte e che definiscono il grande fascino del lungometraggio. Per questo motivo, di seguito si indicano alcune delle curiosità che (forse) non sapevi su Dogville di Lars Von Trier.
La trilogia americana (mai completata) inaugurata da Dogville
La prima tra le curiosità che forse non sapevi su Dogville di Lars Von Trier riguarda la sua cornice strutturale fondamentale: Dogville era inizialmente concepito come il primo capitolo di una trilogia chiamata “USA – Land of Opportunities”, che avrebbe esplorato il sogno americano da diverse angolazioni. Il secondo film, Manderlay (2005), fu effettivamente realizzato, con Bryce Dallas Howard che sostituì Nicole Kidman nel ruolo di Grace, ma il terzo capitolo — inizialmente intitolato Washington — non è mai stato girato. Von Trier ha più volte annunciato e poi rinviato indefinitamente la lavorazione del film, lasciando incompiuto il progetto narrativo, per quanto la speranza non sia mai stata definitivamente estinta dal pubblico.
La scelta del set teatrale, l’omaggio a Brecht e i motivi pratici
Tra le curiosità legate a Dogville di Lars Von Trier, naturalmente, non potrebbe che esserci anche quella della scenografia, l’elemento distintivo fondamentale del lungometraggio stesso. Il film è ambientato su un palcoscenico spoglio, con le case e le strade delineate da linee bianche sul pavimento e pochi oggetti di scena reali. Questa scelta stilistica, ispirata al teatro epico di Bertolt Brecht, serve a distanziare lo spettatore e a focalizzare l’attenzione sulle dinamiche interpersonali e sui temi morali del film, ma non solo: l’uso di effetti sonori per porte e altri elementi inesistenti contribuisce a creare un’esperienza immersiva nonostante l’assenza di scenografie tradizionali.
Legato alla scelta del set teatrale in Dogville di Lars Von Trier c’è anche un altro motivo: Il celebre uso di linee tracciate a terra per delineare le stanze e le abitazioni di Dogville fu una scelta tanto estetica quanto logistica; oltre a omaggiare il teatro brechtiano, von Trier voleva una soluzione che rendesse più facile girare l’intero film in un solo spazio e con maggiore flessibilità nei movimenti di camera, usando tecnologie digitali che stava iniziando a esplorare in quegli anni.

L’assenza di prove costume nel film
Altra curiosità che forse non sapevi su Dogville di Lars Von Trier è attinente al tema della cura tecnica del film, oltre che al rapporto tra il regista e gli attori. Il cast di Dogville ha dovuto affrontare un tipo di lavorazione molto diverso da quello cinematografico tradizionale: non ci furono prove costume né una vera scenografia di riferimento, e gli attori recitarono su un set spoglio sin dal primo giorno, come in una pièce teatrale. Questo metodo fu fortemente voluto da von Trier per forzare gli interpreti a concentrarsi unicamente sull’intensità emotiva dei loro personaggi, piuttosto che sugli elementi esterni.
Nicole Kidman e Lars von Trier: rapporto teso sul set
Durante e dopo le riprese, è emerso che il rapporto tra Nicole Kidman e Lars von Trier non fu dei più semplici. L’attrice ha parlato apertamente del senso di vulnerabilità provato sul set, mentre il regista danese, noto per mettere sotto pressione i suoi attori, ha definito Kidman “straordinaria” ma “troppo gentile per i suoi gusti”. Nonostante ciò, Kidman ha dichiarato che lavorare con lui fu una delle esperienze artistiche più importanti della sua carriera: a questo tema è legato anche un momento particolarmente difficile per l’attrice, che rischiò di soffocare a causa di un collare di metallo utilizzato durante una scena. Il regista inizialmente pensò che l’attrice stesse recitando, ma si rese conto della gravità della situazione solo dopo aver interrotto la scena.
Il finale del film e Young Americans di David Bowie
Il finale di Dogville è uno dei momenti più controversi e discussi del cinema europeo degli anni Duemila. Von Trier ha inserito nei titoli di coda una serie di fotografie reali sulla povertà e la disuguaglianza negli Stati Uniti, accompagnate dalla canzone Young Americans di David Bowie. Questa scelta fu interpretata come una critica diretta al sistema economico e sociale americano, tanto che il film venne accusato di antiamericanismo in molte recensioni internazionali: ritorniamo, proprio per questo motivo, al senso della trilogia sulla terra delle opportunità statunitense, che molto spesso si traduce in una realtà feroce che fagocita i suoi cittadini.