Articolo pubblicato il 26 Maggio 2025 da Alessio Minorenti
Distribuito nelle sale italiane a partire dal 8 maggio 2025, Bird è la nuova pellicola diretta da Andrea Arnold, il quinto lungometraggio della regista britannica presentato in concorso a Cannes 77. Il film vede tra i suoi protagonisti Barry Keoghan e Franz Rogowski. A tal proposito: com’è Bird? Di seguito la recensione del film.
La recensione di Bird, un film drammatico che colpisce nel segno
Lo sguardo femminile si è affermato nell’ultimo decennio sopratutto come finalmente rilevante nella settima arte, riuscendo a conciliare come mai prima d’ora successi di critica e di pubblico, spesso mettendo in crisi una platea di spettatori da sempre abituata a relazionarsi con una narrazione che ha visto nell’uomo il suo unico cantore. Andrea Arnold tuttavia appartiene a una generazione di regista che già prima di questa piccola rivoluzione era riuscita ad affermarsi nel circuito festivaliero, inanellando una serie di pellicola molto convincenti. Non fa eccezion in tal senso la sua ultima fatica, Bird.
Adottando come di consueto il registro del realismo magico, la pellicola della cineasta britannica guida lo spettatore in un microcosmo costruito alla perfezione in cui a regnare è un’atmosfera da fiaba e difatti non a caso il registro stilistico della pellicola pare a volte avere delle deviazioni quasi prettamente fantasy. Questa atmosfera è costruita in modo certosino attraverso elementi di scrittura ed estetici; quasi tutti i protagonisti richiamano in qualche modo un animale (il padre Bug, l’amico Bird, la donna con il serpente, l’amante violento come il lupo cattivo etc.) muovendosi nel contesto di una foresta incantata eppure così aderente alla realtà, collegata al resto del mondo tramite un punte (il passaggio tra la realtà e la finzione). Persino i messaggi che continuamente appaiono sui muri in forma di graffiti, oltre a sottolineare l’importanza del senso di comunità, si presentano alla protagonista nei momenti di maggior bisogno, quasi che fossero stati lasciati lì apposta per lei, delle formule magiche evocate nel momento del bisogno. E’ in questa meravigliosa cornice che Andrea Arnold mette in scena una storia di crescita personale e scoperta di sé, in cui la protagonista passa da una fase adolescenziali ribelle a una di profonda conoscenza delle persone che la circondano. Le mestruazioni sono in questo un rito di passaggio, una presa di consapevolezza da parte di Bailey che prende coscienza del suo ruolo nella società e nella sua famiglia, scegliendo di rimettersi nuovamente in contatto con la madre e le sorelline da tempo abbandonate a loro stesse. Parallelamente la giovane protagonista (che la Arnold mette in scena volutamente con un’acconciatura e dei modi di fare generalmente riconducibili al genere maschile) deve fare i conti con un giovanissimo padre (straordinario Barry Keoghan) che, incapace di essere un genitore, nondimeno ama alla follia i suoi due figli e chiede solo che condividano con lui un momento di gioia dopo molta sofferenza. Per compiere questo percorso tuttavia le si affiancherà Bird, un ragazzo alla ricerca dei suoi genitori i cui modi di fare richiamano quelli dei volatili. Dopo una diffidenza iniziale i due faranno squadra e la presenza di Bird insegnerà a Bailey a dare valore alle cose che la circondano e al mondo in cui riprende la realtà continuamente con il suo smartphone. In una scena meravigliosa la protagonista guarderà nuovamente un video fatto il giorno precedente, rivivendone le sensazioni, udendo i suoni, dando un senso a delle immagini che prima parevano ai suoi occhi amorfe, assumendo un’atteggiamento verso l’audiovisivo attivo, soppiantando così la precedente passività.
Un altro tassello fondamentale di questa pellicola è la comunità, ossia tutto il corollario di personaggi secondari che popolano il magico sobborgo, sostenendosi a vicenda, provando a rendere con la compagnia reciproca le loro vite più sopportabili. In questo senso risulta meravigliosa la scena in cui viene intonata Yellow, un inno allo stare insieme e al supportarsi anche nelle situazioni più difficili. Il finale è poi il momento in cui tutti gli elementi precedentemente sottolineati trovano un punto di contatto, lasciando allo spettatore il compito di interpretare ciò che realmente è accaduto: il lieto fine esiste veramente?