Articolo pubblicato il 20 Maggio 2025 da Gabriele Maccauro
Presentato in anteprima fuori concorso al 78esimo Festival di Cannes, Highest 2 Lowest segna il ritorno alla regia di Spike Lee a cinque anni di distanza da Da 5 Blood e sulla Croisette dopo aver vinto il Grand Prix speciale della giuria con Blackkklansman nel 2018. Remake di Anatomia di un Rapimento di Akira Kurosawa – che a sua volta era un adattamento di Due Colpi in Uno di Ed McBain – il film vede come protagonista Denzel Washington che qui torna a collaborare con Lee per la quinta volta in carriera e, dopo un passaggio in sala, sarà disponibile negli Stati Uniti prima e nel resto del mondo poi su Apple TV+ dal 5 settembre. A seguire, trama e recensione di Highest 2 Lowest.
La trama di Highest 2 Lowest, diretto da Spike Lee
Cinque anni dopo Da 5 Bloods e sette anni dopo aver vinto il Grand Prix speciale della giuria con Blackkklansman, Spike Lee fa ritorno al Festival di Cannes dove, in occasione della sua 78esima edizione, ha presentato fuori concorso Highest 2 Lowest, remake di Anatomia di un Rapimento di Akira Kurosawa che vede come protagonista Denzel Washington, qui alla sua quinta collaborazione con Lee. Prima di passare all’analisi e recensione del film di Apple TV+, è bene spendere due parole sulla sua trama, così da dare un minimo di contesto in più. Highest 2 Lowest segue le vicende di David King, titano della musica che si ritrova coinvolto nel rapimento del figlio del suo collega e amico Paul e che pagherà oltre 17 milioni di dollari in contanti per farlo tornare a casa. Dopo averlo liberato però, David e Paul si mettono sulle tracce del rapitore, sia per riprendersi i soldi che per farsi giustizia.

Denzel Washington in una scena di Highest 2 Lowest, diretto da Spike Lee
La recensione di Highest 2 Lowest, presentato in anteprima a Cannes78
Quentin Tarantino lo ha detto e ripetuto una miriade di volte: il motivo per cui ha intenzione di fermarsi con la regia una volta giunto al suo decimo film, è perché vuole chiudere la propria carriera da cineasta quando è ancora sulla cresta dell’onda, perché i registi invecchiando non migliorano e finisco per diventare quasi ostaggio del proprio lavoro e delle proprie opere, che però inevitabilmente risentono di età e spirito ormai decaduti degli autori e finiscono quasi per sporcarne la carriera, facendoli decadere. Una scelta dunque comprensibile, ma che ovviamente non tutti sono tenuti a seguire, soprattutto perché se guardiamo a Clint Eastwood o Martin Scorsese, ci rendiamo di come questa regola possa anche essere smentita. Ecco, chi invece dovrebbe riflettere attentamente riguardo queste parole è Spike Lee.
Nel XXI secolo, salvo un paio di eccezioni, la filmografia del regista statunitense ha vissuto un crollo verticale e diciamocelo, ha campato di rendita per 20 anni, con Blackkklansman che sembra dunque essere stata più una botta di fortuna che altro. Spike Lee non ha più nulla da dire o, peggio ancora per chi lavora con immagini e parole, non sa più come dirlo e Highest 2 Lowest ne è il chiaro esempio. Un film grossolano, con un montaggio scellerato, musiche invasive e una messa in scena che neanche nelle peggiori soap operas italiane. Per non parlare poi della recitazione: tralasciando il ruolo di A$AP Rocky (ovvero fare A$AP Rocky ma con un altro nome) e quello marginale ma comunque sprecato di Jeffrey Wright (attore poliedrico presente a Cannes78 anche in La Trama Fenicia di Wes Anderson, film tutt’altro che perfetto dove però dimostra almeno il suo talento), vedere Denzel Washington così imbolsito proprio mentre riceve a sorpresa la Palma d’oro Onoraria, fa male al cuore. Potremmo definirla vacanza premio, un favore fatto ad un amico – questa è stata la quinta collaborazione tra i due dopo Mo’ Better Blues, Malcolm X, He Got Game e Inside Man – ma il risultato non cambia.
Spike Lee era arrivato al successo perché era riuscito ad intercettare una generazione ed a comprenderne le necessità: il suo era cinema black con messaggi però talmente universali da passare immediatamente dal particolare all’universale, creando così un cinema sociale e inclusivo, che aveva il coraggio di prendere una posizione e seguirla fino in fondo, anche alle volte forse esagerando. Highest 2 Lowest non parla a nessuno se non alla ristretta cerchia del suo autore, diventando così impossibile da intercettare. Non è un film neanche per gli Stati Uniti, quanto più per gli abitanti di Brooklyn e delle zone in cui Lee è cresciuto e, di certo, non parla a chi viene da fuori gli States, con questi ultimi che si troveranno spiazzati più volte ascoltando certi dialoghi, soprattutto una volta che verrà doppiato, non senza problemi. Highest 2 Lowest sembra dunque un epitaffio sulla tomba della carriera di Spike Lee, passata dall’essere centrale nella cinematografia mondiale a superflua.