Articolo pubblicato il 6 Marzo 2025 da Gabriele Maccauro
62 anni dopo il film diretto da Luchino Visconti e con protagonisti Burt Lancaster, Alain Delon e Claudia Cardinale, Il Gattopardo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa trova un nuovo adattamento, questa volta per il piccolo schermo con un progetto italo-inglese voluto da Netflix, sulla quale piattaforma streaming la serie tv è disponibile dal 5 marzo 2025 in 6 puntate della durata di circa 55 minuti ciascuna. Diretta da Tom Shankland, Giuseppe Capotondi e Laura Lucheti, essa vede come protagonisti Kim Rossi Stuart, Benedetta Porcaroli e Deva Cassel, figlia di Monica Bellucci e Vincent Cassel e nuova stella del cinema italiano. A seguire, trama e recensione della serie tv di Il Gattopardo.
La trama di Il Gattopardo, tratta dall’omonimo romanzo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa
Prima di passare alla consueta analisi e recensione della serie tv, è bene spendere due parole sulla trama di Il Gattopardo, progetto italo-inglese disponibile su Netflix e secondo adattamento dell’omonimo romanzo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa dopo il film di Luchino Visconti del 1963. Come intuibile dunque, nonostante alcune piccolezze, la storia è la stessa dell’opera del 1958. Poco dopo lo sbarco di Garibaldi in Sicilia, Don Fabrizio assiste con distacco e con malinconia alla fine dell’aristocrazia, rendendosi conto di come la nuova classe sociale in ascesa si approfitti della situazione politica che si sta creando, comprendendo così come il loro dominio sul territorio volge al termine.
Quando, come tutti gli anni, il principe si reca con la famiglia nella residenza estiva di Donnafugata, trova come nuovo sindaco del paese Calogero Sedara, un borghese di umili origini, rozzo e poco istruito, che si è arricchito e ha fatto carriera in campo politico. Tancredi, nipote del principe che in precedenza aveva manifestato qualche simpatia per la figlia Concetta, finisce invece per innamorarsi di Angelica, figlia di Don Calogero, che infine sposerà, anche attratto dal suo notevole patrimonio. A Donnafugata si presenterà poi un funzionario piemontese, il cavaliere Chevalley di Monterzuolo, che offre a Don Fabrizio la nomina a senatore del nuovo Regno d’Italia. Egli però rifiuta, indicando invece lo stesso Sedara come l’uomo giusto.

Deva Cassel in Il Gattopardo (2025), serie Netflix tratta dall’omonimo romanzo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa
La recensione di Il Gattopardo, serie Netflix con Kim Rossi Stuart, Benedetta Porcaroli e Deva Cassel
La paura mangia l’anima. Questo il titolo di uno dei tanti capolavori del sempre troppo poco ricordato Rainer Werner Fassbinder. Un capolavoro come Il Gattopardo, film diretto da Luchino Visconti nel 1963 ed ancora oggi ricordato e citato in tutto il mondo, grazie soprattutto alla meravigliosa coppia Delon-Cardinale. Dopo 62 anni, Il Gattopardo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa passa da grande a piccolo schermo con una serie italo-inglese realizzata per Netflix. Un’idea alla fin fine sensata, con la divisione in episodi che poteva certamente aiutare a dare un maggior respiro alla storia narrata e che dava la possibilità di approfondire maggiormente i vari personaggi presenti nell’opera, cosa fatta per esempio con Concetta. Eppure, nonostante le migliori intenzioni, la paura ha mangiato l’anima del gattopardo.
Partiamo da un presupposto fondamentale: non può e non deve esistere alcun tipo di paragone tra la serie tv di Il Gattopardo ed il lungometraggio di Visconti. Per quanto la tentazione sia forte, non dovrebbero mai esistere comparazioni tra i diversi adattamenti di uno stesso romanzo se non con intento ludico, ma sarebbe sbagliato. Sbagliato perché la critica non dovrebbe fare classifiche o parlare di cosa sia migliore e cosa peggiore, cosa bello e cosa brutto, ma semplicemente fornire al lettore un punto di vista diverso, una lettura differente dell’opera presa in esame. Il paragone tra serie tv e film di Il Gattopardo non ha motivo di esistere non perché il capolavoro di Visconti sia inarrivabile, ma perché si tratta di due opere distribuite a distanza di oltre 60 anni e con due medium distinti e che, in quanto tali, sono strutturati in maniera differente.
Il problema nasce però nel momento in cui si vedono trasparire tensione, ansia e paura di non essere all’altezza da parte di chi l’opera la realizza e questo è il difetto più grande della serie con Kim Rossi Stuart, Benedetta Porcaroli e Deva Cassel. A prescindere da un discorso di pregi e difetti, in Il Gattopardo di Netflix tutto va come da copione, il cui fruscio delle pagine si sente in ogni puntata, ogni scena. Tutto viene realizzato con estrema (esagerata) attenzione cadendo, allo stesso tempo, in errori banali ed evidenti dati proprio dalla paura Fassbinderiana citata in precedenza. Inevitabilmente dunque, il risultato lascia l’amaro in bocca per un’opera che poteva ambire alle stelle, senza però riuscire ad acciuffarle.