Articolo pubblicato il 22 Febbraio 2025 da Gabriele Maccauro
La recensione di Il Seme del Fico Sacro, ultimo lungometraggio diretto dal regista iraniano Mohammad Rasoulof, vincitore di un premio speciale della giuria al 77esimo Festival di Cannes e candidato all’Oscar al miglior film internazionale in rappresentanza della Germania. Disponibile nelle sale italiane grazie a BiM Distribution e Lucky Red a partire dal 20 febbraio 2025, il film è stato girato in clandestinità e lo stesso regista fu condannato a 8 anni di carcere per un caso precedente, portandolo però alla fustigazione, al pagamento di una multa ed alla confisca dei suoi beni. Rasoulof è riuscito a fuggire clandestinamente dal suo paese ed a presenziare all’anteprima mondiale di Cannes77, così come alcuni membri del cast ma un’altra fetta è rimasta in Iran, dove ha subìto pressioni e minacce dal governo e la stessa Soheila Golestani è stata incarcerata per aver recitato a capo scoperto. A seguire, trama e recensione di Il Seme del Fico Sacro.
La trama di Il Seme del Fico Sacro, premiato al 77esimo Festival di Cannes
Prima di passare alla consueta analisi e recensione del film, è bene spendere due parole sulla trama di Il Seme del Fico Sacro, nuovo lungometraggio diretto dal già Orso d’oro Mohammad Rasoulof, vincitore di uno speciale premio della giuria al 77esimo Festival di Cannes e candidato al premio Oscar al miglior film internazionale in rappresentanza della Germania. Il film è ambientato a Teheran, dove i festeggiamenti per la promozione del protagonista Iman a giudice istruttore del Tribunale della Guardia Rivoluzionaria coincidono con il movimento di protesta popolare a seguito della morte di una giovane donna. Iman è alle prese con il peso psicologico del suo nuovo ruolo mentre le figlie, Rezvan e Sana, sono scioccate e, allo stesso tempo, elettrizzate dagli eventi, con la moglie Najmeh che cerca di fare del suo meglio per tenere unita la famiglia. Quando Iman scopre che la sua pistola d’ordinanza è sparita, sospetta delle tre donne. Spaventato dal rischio di rovinare la sua reputazione e di perdere il lavoro, diventa sempre più paranoico ed inizia un’indagine nella sua stessa casa in cui ogni limite viene superato e tutto viene messo in discussione.

Frame tratto da Il Seme del Fico Sacro (2024), diretto da Mohammad Rasoulof
La recensione di Il Seme del Fico Sacro, diretto da Mohammad Rasoulof
Era tra i titoli più attesi del 77esimo Festival di Cannes, non solo per la caratura del regista – che con il film precedente, Il Male non Esiste, vinse l’Orso d’oro a Berlino – ma anche e soprattutto per tutto ciò che si portava dietro: la stessa presenza di Mohammad Rasoulof è rimasta in dubbio fino all’ultimo ed è stata possibile solo grazie ad una sua fuga clandestina dall’Iran, la sua terra, il paese che tanto ama e che tanto odia lui e tutti coloro che hanno il coraggio di mettere a repentaglio la loro stessa vita pur di rendere noto ciò che sta accadendo all’interno della loro nazione. Rasoulof è stato condannato, fustigato e questo suo stesso lungometraggio ha superato i confini iraniani solamente per miracolo. Non tutti coloro che hanno lavorato a questo film sono però riusciti a lasciare il paese: solo per citarne una, Soheila Golestani si trova ancora in Iran, dove è stata arrestata per aver recitato senza Hijab e subisce continue pressioni e minacce da parte del governo. Eppure c’era un messaggio, politico e sociale, troppo importante da veicolare, domande che necessitavano risposte. Una su tutte, centrale nella realizzazione del film per Rasoulof, era capire che tipo di persone fossero coloro le quali muovevano e muovono ancora oggi le fila del sistema giudiziario iraniano, a maggior ragione dopo esser stato egli stesso interrogato ed imprigionato.
Il Seme del Fico Sacro è tutto questo: un film che parte dai singoli e dal privato per esplodere nel collettivo e nel pubblico, perché non esiste privacy in un mondo in fiamme e non c’è intimità nel cuore e nella mente di chi viene costantemente additato come diverso quando non fa altro che combattere per la libertà. Il Seme del Fico Sacro è un film di fantasmi: lo è Iman, che ottiene una promozione e diventa giudice istruttore presso il tribunale rivoluzionario di Tehran; lo sono le sue due figlie, Rezvan e Sana, recluse e private di ogni tipo di contatto umano e lo è anche Najmeh, donna, madre e moglie, che tenta di tenere insieme una famiglia che, come tante altre in Iran, è allo sbando. Sono però fantasmi anche tutti gli uomini e le donne che hanno scelto di scendere in piazza e protestare, che sono stati messi a tacere, uccisi, ammazzati. Ad essere un fantasma è l’Iran stesso ed il suo governo che, in nome di Allah, tiene per la gola il popolo. La scelta di Rasoulof e della sua troupe è stata dunque quella di combattere, di dare corpo e voce a chi ne è sprovvisto.
Il Seme del Fico Sacro non è però solo politica, ma l’ennesimo esempio di come il cinema iraniano sia tra i più importanti al mondo ormai da decenni. Rasoulof, come Kiarostami, Panahi o Farhadi prima di lui, si concentra sulle contraddizioni dell’essere umano, su come ogni cosa vada vista e considerata da più punti di vista, su come la verità non è necessariamente quella dichiarata ma può invece nascondersi agli occhi dei più. Il cinema iraniano è cinema del reale e Mohammad Rasoulof il suo ennesimo grande esponente.