Recensione: Totem – Il mio sole, scritto e diretto da Lila Aviles

Secondo lungometraggio per la regista messicana Lila Aviles, in concorso alla 73esima edizione della Berlinale. Nell’articolo la recensione del film.
La recensione di Totem - Il mio sole, in concorso alla Berlinale 2023

Articolo pubblicato il 24 Febbraio 2024 da Giovanni Urgnani

Presentato in concorso alla settantatreesima edizione del Festival Internazionale del cinema di Berlino, distribuito nelle sale cinematografiche messicane il 30 novembre 2023, mentre in quelle italiane il 7 marzo 2024. Ma qual è il risultato di Totem – il mio sole? Di seguito la trama ufficiale e la recensione del film di Lila Aviles.

La trama di Totem – Il mio sole, il film di Lila Aviles

Di seguito la trama ufficiale di Totem – Il mio sole, diretto da Lila Aviles:

“In una grande casa patronale circondata da un rigoglioso giardino si sta organizzando una festa. Sol ha 7 anni, è la più piccola tra i nipoti della famiglia estesa il cui capostipite è l’anziano nonno costretto a comunicare con il laringofono. Nel caos dei preparativi, la bimba gioca con i cugini, le zie, gli animali che passeggiano disinvolti per casa, chiedendo insistentemente di visitare suo padre, un giovane pittore da tempo malato che riposa nella camera al piano superiore. Ignara di quanto le riserva il futuro, Sol attende con pazienza il momento in cui potrà donare al genitore la più gioiosa delle sorprese.”
La recensione di "Totem - Il mio sole", scritto e diretto da Lila Aviles

La recensione di Totem – Il mio sole, in concorso a Berlino 2023

In diversi e svariati modi, la malattia terminale è stata trattata a livello cinematografico, per lo più prendendo ispirazione da fatti autobiografici o realmente accaduti. Le caratteristiche del cinema “reale” vengono messe in scena prediligendo lo sguardo infantile, l’occhio della bambina protagonista ha il compito di filtrare il contesto di una famiglia normale, dalla quotidianità ribaltata da una situazione assai delicata. Il taglio registico scelto vira ad esaltare la dimensione piccola e ristretta del focolare domestico, prediligendo i primi e primissimi piani, limitando al necessario i tagli di montaggio, in modo da far dialogare i personaggi all’interno della stessa inquadratura; la scelta stessa del formato 4:3 è funzionale a rendere più intima e claustrofobica l’atmosfera.

Muovendosi per le stanze della casa, la macchina da presa si posiziona all’altezza di Sol, cosicché lo spettatore possa condividere il senso di limpidezza e innocenza, racchiuso nel modo in cui assiste al comportamento degli adulti difronte alla malattia del familiare, più precisamente il padre della bambina, ricco di sfumature e di contrasti. Dalle conversazioni si riesce a comprendere come il malato abbia preso una posizione radicale sul suo percorso di convalescenza e su quali conseguenze abbia sugli affetti attorno a lui: la decisione di non affidarsi alla scienza e di sostanzialmente lasciarsi morire fino alla conclusione del corso del cancro, rifiutando il ricovero ospedaliero per essere accudito entro le mura della propria stanza; una posizione controversa, destinata a generare conflitto e dibattito, in cui ognuno dei presenti reagisce a proprio modo: dalla religiosità più superstiziosa all’alcolismo.

Il terzo atto ambientato durante la festa di compleanno del padre, evento catalizzatore dell’intera vicenda, testimonia questa volontà di affrontare la malattia nella maniera più serena possibile, optando di accantonare la medicina, allontanandosi da terapie e intubazioni, abbracciando un naturalismo primordiale facente riferimento anche alle origini e alle tradizioni precolombiane della stessa nazione messicana. La connessione uomo-natura è senz’altro un pilastro tematico che la regista, al suo secondo lungometraggio, sviluppa a più riprese all’interno della seguente pellicola: molte sequenze infatti, si soffermano sulla protagonista concentrata a raccogliere insetti o altre creature simili, momenti apparentemente morti che però insistono sul discorso che l’essere umano debba riallacciarsi alle sue radici terrestri e non a caso è una bambina a compiere questi gesti, dato che natura e infanzia sono sinonimi di purezza.

La parte in assoluto meno convincente è il finale, la sequenza indugia per alcuni minuti su un’inquadratura fissa, accompagnata da una traccia musicale, in crescendo, da film horror, preannunciando una specie di climax che poi sostanzialmente non avviene; un epic fail ridotto ad un taglio netto di montaggio per mostrare il salto temporale, da cui è possibile intuire il realizzarsi di un destino già facilmente pronosticabile; un’ enfasi francamente inutile e stonata rispetto a tutto ciò che è stato mostrato fino a quel momento.

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La recensione di Totem - Il mio sole, in concorso alla Berlinale 2023
Totem - Il mio sole
Totem – Il mio sole

"Una grande famiglia è immersa nei preparativi di una festa di compleanno. Tra loro c'è anche la piccola Sol che non vede l'ora di vedere suo padre, malato da tempo."

Voto del redattore:

7.5 / 10

Data di rilascio:

07/03/2024

Regia:

Lila Aviles

Cast:

Naíma Sentíes, Montserrat Marañon, Mateo Garcia, Iazua Larios e Mariana Villegas

Genere:

Drammatico

PRO

Lo stile registico coerente con la vicenda raccontata
Il mostrare un punto di vista diverso su una tematica delicata
La messa in scena essenziale adatta al contesto
La sequenza finale inutilmente enfatica