Articolo pubblicato il 21 Febbraio 2024 da Andrea Boggione
Il 19 febbraio è stato rilasciato sul servizio streaming Now ed in prima visione su Sky Atlantic l’ultimo episodio di “True Detective: Night Country”. La quarta stagione ideata interamente da Issa López (“Efectos Secundarios”, 2006 e “Tigers Are Not Afraid”, 2017), dopo un susseguirsi di episodi altalenanti, si è conclusa con una puntata che tenta in tutti i modi di chiudere una sorta di cerchio o arco narrativo inutilmente complesso. Nonostante due interpreti sorprendenti, non si è rivelato un finale soddisfacente sotto più punti di vista. Quali sono i motivi principali che hanno portato a questo tracollo? Di seguito la trama ed una breve analisi del sesto ed ultimo episodio di “True Detective: Night Country”.
La trama di “True Detective: Night Country” 4×06
Durante la notte di capodanno, dopo quanto successo nell’abitazione della Danvers (Jodie Foster), le due detective raggiungo l’unico punto d’accesso della grotta dove Annie (Nivi Pedersen) ha perso la vita, mentre Peter (Finn Bennett), con l’aiuto della solitaria Rose (Fiona Shaw), si sbarazza del corpo di suo padre. Liz ed Evangeline (Kali Reis), nel tentativo di entrare e scoprire una volta per tutte la verità, aprono un varco nel ghiaccio e si ritrovano all’interno della grotte. Esplorando delle caverne labirintiche si imbattono in Clark (Owen McDonnell), lo scienziato scappa e tenta di nascondersi, ma le due agenti riescono a catturarlo dopo aver scoperto un collegamento segreto tra la grotta e la stazione di ricerca Tsalal.
Raymond, l’unico ricercatore sopravvissuto, una volta braccato dalle detective confessa e racconta quanto accaduto alla sua ex-compagna: gli scienziati erano riusciti a decodificare, attraverso l’inquinamento provocato dalla miniera, il DNA di un microorganismo che, dopo diversi studi e ricerche avrebbe potuto aiutare a salvare molte vite, ma Annie, indagando sulla Silver Sky, ha scoperto che la Tsalal incoraggiava la miniera ad inquinare ancora di più senza considerare gli effetti negativi sulla popolazione locale. Decide quindi di distruggere i risultati di questa ricerca, vanificando il lavoro dei ricercatori, i quali sono intervenuti colpendo a morte la donna con un oggetto appuntito a forma di stella.
Danvers e Navarro si ritrovano in una situazione analoga al caso Wheeler: di fronte alla verità sull’uccisione di Annie, Evangeline finisce per puntare la pistola alla testa di Clark, ma questa volta senza premere il grilletto. Quello che lo scienziato, in profondo stato confusionale, continua a raccontare è che una sorta di “presenza” ha ucciso gli altri ricercatori, mentre lui si è prontamente nascosto nel passaggio segreto. L’uomo, però, non fornisce nessun tipo di informazione utile in più e, mentre Liz tenta di riposarsi visto il protrarsi dell’interrogatorio, la Navarro, sapendo di non poter ottenere molto altro, lascia che Clark esca dalla stazione morendo assiderato.
All’improvviso salta la corrente nella stazione e le due agenti, rimaste totalmente isolate per via della forte tormenta, tentano di scaldarsi e di trovare il generatore d’emergenza. Il freddo, però, comincia a farsi sempre più dirompente causando delle allucinazioni alle due donne: la Danvers, convinta di trovarsi di fronte a suo figlio, finisce per cadere nel mare gelido dopo la rottura del sottile strato di ghiaccio della superficie, ma fortunatamente viene salvata dalla collega, la quale poco prima, sempre durante una visione, ricorda finalmente il suo nome iñupiat.
Riprese dal quasi assideramento, le due detective riprendono le indagini e, oramai passata la mezzanotte e quindi l’ultimo dell’anno, scoprono che ha fare irruzione nella stazione di ricerca e lasciar morire di freddo gli scienziati non era una presenza sovrannaturale, ma un gruppo di donne venute a conoscenza di quanto accaduto alla povera Annie. Dopo un racconto dettagliato, Danvers e Navarro decidono di non arrestarle e di tacere su quanto accaduto, almeno fino al 12 maggio seguente quando Liz si trova costretta ad affrontare un interrogatorio per la sparizione di Prior (John Hawkes) e sul ritrovamento del defunto Otis Heiss (Klaus Tange) nel furgone di Hank. La donna si avvale, però, di un’ultima confessione di Clark che permette alle autorità di chiudere la miniera e chiudere definitivamente il caso.

“La notte è lunga.”
Cit. Liz Danvers (Jodie Foster)
La recensione dell’episodio finale di True Detective: Night Country
“True Detective: Night Country” fin dal primo episodio ha tentato di riproporre quanto di buono fatto con la prima stagione della serie televisiva statunitense, grazie in primis al lavoro dello show-runner Nic Pizzolatto. Il passaggio di testimone, non privo di polemiche da parte dello stesso autore, alla sceneggiatrice e regista Issa López non ha restituito quello sprint o sensazione di novità di cui l’intero brand aveva ed ha tutt’ora bisogno. “True Detective” resta un prodotto di culto e, soprattutto la prima stagione, parte dell’immaginario collettivo dei più appassionati del mondo televisivo. La cineasta messicana nelle prime due puntate ha provato a mettere in scena un racconto credibile ed avvolto da un mistero dai tratti sovrannaturali, caratteristiche care all’intero show targato HBO, ma senza riuscirsi appieno.
Dopo aver presentato il nuovo caso protagonista di questa quarta stagione, ogni episodio non ha fatto altro che aggiungere momenti ripetitivi senza un vero senso logico, portando lo spettatore a credere e sperare in una chiusura in fretta e furia sul finale. Mancano diversi approfondimenti su personaggi anche molto importanti ai fini del racconto, l’esplorazione di linee narrative abbozzate a malapena, troppe domande e dubbi che hanno portato alla creazione di un percorso banale e fin troppo prevedibile. Gli unici aspetti da lodare restano le performance dell’immensa Jodie Foster, la conferma di un’attrice di incredibile talento, e di Kali Reis, una vera e propria sorpresa. Senza dimenticare un lato tecnico di pregevole fattura, giocando sulla scelta di ambientare la storia durante il periodo di buio completo dell’Alaska e quindi senza lasciare un punto di riferimento al pubblico sullo scorrere e l’avanzare del tempo.
Una trovata originale che, però, non trova riscontro in tutto il resto: di forte impatto è tutto l’utilizzo dell’illuminazione che separa interni ed esterni, il passaggio dalla luce calda a quella fredda funge da spartiacque nel proseguire del racconto. Una storia che, sfortunatamente, rallenta sempre di più perdendosi in un criptico enigma dalla fin troppo semplice risoluzione. L’imbarazzo che si trova a provare lo spettatore di fronte al susseguirsi di eventi è troppo grande, sintomo di un finale di stagione debole e sottotono che non regale chissà quale colpo di scena, ma finisce per deludere anche i più appassionati. Durante ogni singola puntata viene posta particolare attenzione ed importanza a simboli e leggende del posto, ma tutto questo lavoro legato alla ramificazione di diverse sotto trame non porta a nulla.
Se il quinto episodio ha provato a dare qualche speranza, tutto viene vanificato e lasciato da parte in un finale di stagione povero di fantasia e che non tenta nemmeno una strada diversa, magari osando e spingendo sulla teoria legata a fenomeni ultraterreni, un territorio complesso, ma che sarebbe stato quantomeno più intrigante e accettabile. La stessa risoluzione del caso, con annessa conclusione avvenuta mesi dopo l’accaduto, non risulta così funzionale alle aspettative create nelle prime puntate. Nonostante le ottime prove delle due attrici, i loro due personaggi non riescono a completare appieno il loro percorso, troppi dettagli vengono trascurati e lasciati da parte, come la stessa superficialità con la quale il pubblico è costretto ad accettare un epilogo poco brillante.

“È qui, te lo giuro.”
Cit. Evangeline Navarro (Kali Reis)
Un finale di stagione banale e sottotono
La quarta stagione di “True Detective” non poteva chiudersi in maniera peggiore, una puntata che sarebbe potuta essere condita da una serie di colpi di scena o rivelazioni sconvolgenti così da aumentare la curiosità e lo sgomento del pubblico, ma questo non avviene. Il sesto ed ultimo episodio non fa altro che dimostrare le più che evidenti difficoltà ed i troppi difetti che, dalla terza parte in avanti, hanno portato l’intero prodotto verso un profondo baratro.
Manca quasi completamente quell’anima intrigante e particolarmente originale fondamentale per la riuscita ed il successo ottenuto dalla prima sorprendente stagione dello show televisivo. Un fenomeno di culto che nelle successive produzioni antologiche non ha riscontrato la stessa forza e dinamicità, solo la terza stagione ed in parte i primi episodi di questa quarta sono riusciti a riproporre quello stile e quelle caratteristiche risultate vincenti all’epoca. Non basta un reparto tecnico incredibile, quell’atmosfera che vira quasi più sull’horror e delle ottime interpreti per confezionare un prodotto di qualità e di alto livello.
Quello che è venuto a mancare maggiormente è, come sottolineato nelle analisi precedenti, il contenuto: riuscire a dare vita ad una storia, in questo caso ad un enigma in grado di coinvolgere lo spettatore e renderlo partecipe delle indagini formulando teorie, magari anche folli o bizzarre. I primi due episodi non hanno fatto altro che “ingannare” quella fetta di pubblico più speranzosa e, di conseguenza, dalla terza puntata in poi si è verificato un prevedibile tracollo. Il risultato? Una serie tv dalle ottime premesse che, però, si sono vanificate in corso d’opera, un’occasione sprecata di restituire popolarità ad un brand televisivo di culto e di raggiungere nuovi spettatori. Un vero e proprio buco nell’acqua da cui neanche la sorprendete Kali Reis o la sempre ottima Jodie Foster potrebbero trarre in salvo questa quarta e probabilmente ultima stagione.