Articolo pubblicato il 23 Gennaio 2024 da Bruno Santini
Leonardo Pieraccioni torna al cinema con il suo quindicesimo film da sceneggiatore e regista, intitolato “Pare Parecchio Parigi“. La nuova commedia, distribuita dalla 01 Distribution, sarà riuscita a riportare il celebre comico su livelli più alti rispetto agli ultimi anni?
La trama di Pare Parecchio Parigi
La sinossi dell’opera di Leonardo Pieraccioni è ispirata ad una storia vera avvenuta negli anni 80, anche se il film è ambientato ai giorni nostri. Il lungometraggio infatti presenta la seguente trama:
“Bernardo, Giovanna ed Ivana sono tre fratelli che non si parlano da anni e vorrebbero soddisfare il desiderio del loro anziano e malato padre Arnaldo che non ha mai visto Parigi. Le condizioni dell’uomo però non permettono tragitti così lunghi, così i suoi figli optano per fare finta di partire in camper… pur non uscendo mai dal maneggio di Bernardo.”

La recensione di Pare Parecchio Parigi di Leonardo Pieraccioni
La prima cosa che salta all’occhio è sicuramente il cast: tutti gli attori sono di ottimo livello, compreso lo stesso Leonardo Pieraccioni che appare sempre naturale e mai forzato. Chiara Francini e Giulia Bevilacqua sono perfette e dovrebbero essere molto più considerate nel panorama cinematografico italiano. Divertenti le apparizioni di caratteristi come Massimo Ceccherini e Giorgio Borghetti. Tuttavia, tra tutti i membri del cast, quello che ruba la scena è Nino Frassica: l’attore rinuncia alla sua maschera comica per creare il volto di un uomo anziano afflitto dall’idea della morte. Attraverso minimi movimenti facciali ed una gestione della voce in sottrazione, Frassica riesce a trasmettere quella dolcezza nascosta dietro una forte malinconia. Molto belle le musiche di Gianluca Sibaldi, così come è toccante la canzone di Neena, che prende il titolo del film.
Il film di Leonardo Pieraccioni ha come protagonisti una famiglia che è rimasta separata per diversi anni a causa di attriti generati soprattutto dal poco sostegno del padre, spesso lontano dai suoi figli per inseguire il suo egoismo. Tuttavia, nonostante l’idea di base solida, questi attriti vengono presentati solo all’inizio e successivamente non vengono più sviluppati. La mancanza di approfondimento riduce la forza delle scene in cui i personaggi vorrebbero riappacificarsi, le quali tuttavia risultano comunque gradevoli grazie alle gag realistiche legate ai dialoghi che appaiono credibili, soprattutto se sorrette da performance piene di grande alchimia. Meno convincente è la gestione del vicino scorbutico e di sua madre, i quali vorrebbero essere delle figure che richiamano agli antagonisti delle fiabe, ma il loro inserimento appare ingombrante ed inutile al racconto. Ancora peggio degli antagonisti è la lunatica Annina che vorrebbe rifarsi alla coscienza di Pinocchio, ma la sua parte apparentemente importante viene ridotta ad una semplice ragazza che fissa le persone in modo strano, senza che le sue simbologie vengano chiarite bene. Molto più efficienti invece i ragazzi appassionati di teatro, il cui ruolo da aiutanti (ancora una volta un rimando alle fiabe) è divertente e ben gestito.
L’inno al sogno e al cinema di Leonardo Pieraccioni
Un altro difetto del film di Pieraccioni è l’inserimento di parti demenziali che mal si amalgamano con lo stile del racconto: quando si vedono degli uomini indossare il costume degli stambecchi per gattonare e far credere al padre quasi cieco di stare nelle Alpi, la scena è molto simpatica… finché non cominciano a simulare l’accoppiamento. Alcune gag partono bene ma vengono estese fino allo sfinimento cambiando impostazione e facendole apparire ingombranti. Tra l’impostazione realistica e quella fiabesca c’è quindi uno sbagliato contrasto narrativo perché Pieraccioni cerca di tenere insieme entrambi gli elementi con fatica, tuttavia la seconda parte del film si riprende maggiormente grazie alla creatività con cui viene concepito il finto viaggio. Per rendere più credibile l’atmosfera da vacanza, i protagonisti si affidano ai già citati aiutanti per usare costumi, scenografie e persino effetti visivi creati da un proiettore. Leonardo Pieraccioni riflette sulla costruzione del sogno, il quale può servire ad una persona per cercare di fuggire dalla negatività della vita, anche quando quest’ultima sembra ormai pronta a finire presto. Il teatro e il cinema, rappresentati dalla messinscena realizzata dai figli, servono a rendere questo sogno più raggiungibile e credibile.

Il sogno tuttavia non è vivo soltanto grazie alla messinscena fisica: in un momento particolarmente toccante, i figli utilizzano l’immaginazione per rendere l’atmosfera più accogliente dopo che il padre ha rivelato i suoi pensieri pieni di tristezza e di rimpianti. La risposta dei figli non ha bisogno dell’uso di grandi mezzi ed ha alla base unicamente il loro sentimento sincero di stare accanto ad Arnaldo in un momento difficile, facendo sparire dal suo volto la tristezza, seppur momentaneamente. Dietro ogni sogno c’è sempre un’emozione forte, la quale permette di fare viaggi straordinari, anche quando non sono veri. Eppure questo viaggio finto ha creato uno sfoggio di emozioni reali che hanno permesso di rimarginare qualsiasi ferita. Anche quando vengono rivelati dei segreti legati ai protagonisti che possono apparire scomodi, la cosa non può scalfire l’animo umano finché l’amore che c’è dietro le loro convinzioni viene sentito. Pur con tutti i grossi difetti citati, “Pare Parecchio Parigi” vuole essere un inno ai sognatori ed un incentivo a vivere la vita con sincerità, invitando le persone a non tenersi le cose dentro anche negli ultimi momenti di vita, perché un sorriso può sempre far stare bene e far dimenticare persino lunghi anni di sofferenza. L’ultima opera di Pieraccioni traballa in diversi punti, ma il suo cuore si avverte ed è la più intelligente tra tutte le commedie italiane uscite durante le festività.