Articolo pubblicato il 13 Giugno 2025 da Bruno Santini
Dopo aver ottenuto un grandissimo successo in patria ed essere stato presentato in anteprima al Far East Film Festival 2025 di Udine, Cells at Work! arriva anche presso il pubblico italiano con la distribuzione in streaming su Netflix, a partire dal 13 giugno 2025. Il film, con la regia di Hideki Takeuchi e le interpretazioni di Mei Nagano, Takeru Satoh, Mana Ashida e Sadawo Abe, presenta uno spaccato molto interessante e pedagogico sul corpo umano, indagando dall’interno alcuni degli elementi più comuni e quotidiani di ogni essere umano, a partire dalla normale circolazione sanguigna e fino a giungere a rappresentazioni del cancro molto intelligenti. Di seguito, ne indichiamo le motivazioni attraverso la trama e la recensione di Cells at Work! di Hideki Takeuchi.
La trama di Cells at Work!, di che parla il film Netflix?
Prima di procedere con la recensione di Cells at Work!, vale la pena sottolineare innanzitutto quale sia la trama del film diretto da Hideki Takeuchi, dietro la macchina da presa per il film giunto sulla piattaforma di streaming Netflix. La sinossi è la seguente:
In un corpo umano adulto sono presenti almeno centomila miliardi di cellule tra globuli rossi, globuli bianchi, piastrine, e innumerevoli altre, che coesistono tra di loro in perfetta armonia. La storia racconta le avventure di alcune di queste cellule, che in forma antropomorfa fanno del loro meglio per mantenere in perfetta salute il corpo che le ospita, assicurandone i fabbisogni e proteggendolo dalle malattie.

La recensione di Cells at Work: una buona unione tra umorismo e intelligenza
Quella di Esplorando il corpo umano, nei suoi 26 episodi totali che sono diventati celebri sul piccolo schermo, è una delle serie TV più importanti degli ultimi anni, soprattutto se si considera il suo essere destinata al pubblico dei più piccoli e della televisione in casa; con la realizzazione di specifiche puntate dedicate a malanni o malattie, e per mezzo dell’alter-ego dei bambini stessi che costituiscono parti anatomiche del loro corpo, il risultato è stato assolutamente efficace: insegnare molto a proposito dell’anatomia in maniera intelligente e giocosa, senza estreme pretese di sovraccarico scientifico. A molti sarà venuta in mente sicuramente la serie, conosciuta anche con il titolo ufficiale di Siamo fatti così, nel guardare a Cells at Work!, nuovo film che arriva direttamente dal Giappone e che, con la regia di Hideki Takeuchi, porta sullo schermo il manga omonimo vincitore di numerosissimi premi e pregno di grandissime successo mediatico.
Dopo essere stato adattato anche in forma di anime, il manga diventa un film dalla durata di 110 minuti, che muove i suoi passi direttamente dall’interno di due organismi: quello di Niko e di suo padre, che vivono da soli a seguito della morte della madre di lei e che affrontano le difficoltà legate soprattutto alla condotta salutare di lui. Il meccanismo narrativo è semplice, e lascia spazio a quella medesima portata pedagogica che si sottolineava precedentemente: in questo caso, rinunciando al comparto anime – ma servendosi comunque delle sue tecniche stilistiche e narrative – il film satura di colori, suoni e addirittura di audioguide il percorso delle “cellule all’opera”, che si adoperano per il corretto funzionamento del corpo umano. È un risultato semplice, ironico in alcune rappresentazioni (come quella degli sfinteri nel momento dell’evacuazione), eppure efficace soprattutto se pensiamo alla possibile destinazione per un pubblico più piccolo: avere la possibilità di conferire qualche insegnamento ponendo sullo schermo volti, anche se dipinti di bianco o rosso, di facile presa per il pubblico è meno banale di quanto si possa pensare, soprattutto se il rischio è quello di rendere tutto molto ridicolo e macchiettistico.
Anzi, Cells at Work! fa addirittura di più: là dove c’è un rischio di concretizzare una narrazione semplice ma piuttosto stucchevole – se pensata nella durata totale di 110 minuti -, il film inserisce un elemento trainante nella sua seconda metà, costituito dalla leucemia di cui soffre Niko. Se, al di fuori, ci troviamo entro canoni rappresentativi piuttosto evitabili, è nell’interno dell’organismo di lei che si conduce la vera lotta: quello che ne deriva è interessantissimo soprattutto nel modo di rappresentare il cancro, nella maniera più concreta e realistica (e soprattutto meno poeticizzante) degli ultimi anni; dalla cellula malata, un globulo bianco mancato, alla lotta per condurre l’ossigeno alle varie zone del corpo, soprattutto il midollo, fino alla presenza di un nuovo agente che – a seguito del trapianto – permette alle cellule di rinascere sane, c’è tutto il giusto fondamento scientifico di una malattia di cui spesso si ignorano i meccanismi fondanti, che non hanno solo a che fare con componenti esogene o con cure, ma anche con un processo di costante conflitto organico, che si svolge all’interno dei corpi. Certo, ricordiamo che quello che osserviamo è pur sempre destinato ad un pubblico (anche) di bambini, per cui il tono è spesso mieloso, ma Cells at Work! sa portare a termine il suo lavoro in maniera umoristica, cioè coniugando risata e riflessione. Nella sua cornice totale, parliamo comunque di un film molto imperfetto, in cui tutta la componente di over-acting, sovrabbondanza di luci e colori, scomposizione delle forme o semplicemente di effetti speciali posticci si fa sentire. Ma immaginiamo che fosse nelle intenzioni – più o meno tradotte in atto – di chi voleva affidare all’opera una chiave di lettura poco grigia e schematica, ma allo stesso tempo in grado di dire (e dare) qualcosa.