Articolo pubblicato il 3 Giugno 2025 da Bruno Santini
Ha fatto il suo esordio, a partire dal 3 giugno 2025, una nuova serie televisiva italiana sulla piattaforma di Amazon Prime Video. Trattasi di Il Baracchino, la prima serie italiana d’animazione che mescoli elementi sia dal punto di vista tecnico – con l’unione di più tecniche di animazione, che vanno da quella tradizionale alla CGI, passando per l’animazione in 3D – che tematico, attingendo a piene mani dal mondo della stand-up comedy, che viene rappresentano all’interno della serie e che si avvale dell’effettiva presenza di numerosi comici nel cast vocale. Un esperimento sicuramente interessante ma per cui, purtroppo, non riusciamo ad essere particolarmente entusiasti. Ma per quale motivo? Di seguito, si indica tutto ciò che c’è da sapere in merito alla recensione di Il Baracchino.
La recensione di Il Baracchino: un’ottima qualità tecnica, al servizio di un cast anonimo
Quello del Baracchino è un racconto molto semplice: un ex locale fucina di grandi talenti della comicità fallisce e il suo proprietario Maurizio, ormai disilluso, tenta di privarsene quanto prima possibile, nonostante sia assalito da un senso di nostalgia. Di contro, Claudia – a cui è legato non soltanto professionalmente ma anche in virtù di una persona comune, Tatiana – ha uno spirito audace, che la porta a reclutare comici improvvisati per dare nuova linfa al locale. Su questa base si innesta la volontà di rendere merito al mondo della stand-up comedy in Italia, ancora troppo sottovalutato e piuttosto relegato ai margini dell’intrattenimento, rispetto ad altri paesi in cui si può parlare di vera e propria cultura, oltre che di comici eccezionali. Nell’ambito della recensione di Il Baracchino, allora, parliamo innanzitutto di quelli che sono gli aspetti positivi: con l’audacia di mettere in piedi un progetto di questo genere, che immaginiamo essere tutto fuorché mainstream, soprattutto per il grande pubblico, si intravede anche una regia intelligente (per quanto didascalica in molti punti) di Nicolò Cuccì e Salvo Di Paola, secondo dei quali presente anche nel cast vocale della serie.
Il punto di forza fondamentale del prodotto è la sua cura tecnica, con l’animazione dello studio Megadrago che regala una grandissima qualità e, soprattutto, la consapevolezza di una realtà su cui sarà possibile puntare in futuro, per la creazione di prodotti animati originali anche per il nostro paese, in un settore che – purtroppo – risulta essere ancora troppo poco sfruttato. La scelta di conferire ad ogni personaggio una sua storia tecnica è molto affascinante, con un ricorso a tecniche e stili di animazione mutevoli, oltre che con l’utilizzo di immagini immediatamente riconoscibili (tra meme o figure stilizzate che ricordano un certo dittatore dai baffi pronunciati) che rendono possibile quello che sembrerebbe essere un banale corollario: l’animazione è materia per tutti, non solo per bambini, e soprattutto è una tecnica funzionale al racconto di qualsivoglia tipologia di narrazione. Purtroppo, tutto questo prodigio tecnico si presta ad un cast vocale davvero poco ispirato: Daniele Tinti e Stefano Rapone raccontavano di sessioni di doppiaggio particolarmente estemporanee, e ciò sembra ritornare nella caratterizzazione dei personaggi per i quali (fatte salve alcune eccezioni) c’è davvero poca profondità, e ancor meno personalizzazione rispetto al comico scelto. Probabilmente, soltanto la Morte di Stefano Rapone (che fa se stesso, o quanto meno la sua immagine pubblica) riesce a convertire questa tendenza, con tutti gli altri comici che spiccano davvero poco nel contesto generale della serie.

La necessità di inserire il dramma a tutti i costi
E giungiamo finalmente a quello che, secondo chi scrive, è il vero problema della serie TV di Il Baracchino, ma non solo: è un meccanismo proprio di tantissime produzioni che si affidano alla comicità, ma che in questa non trovano una chiave di volta abbastanza forte da investire totalmente le proprie risorse. La risposta necessaria, in queste situazioni, è investire sul dramma, e su quella connotazione emotiva che aumenti la potenzialità di un prodotto: la storia di Tatiana, del suo rapporto con Maurizio e Claudia e dei suoi sogni traditi non è necessariamente sbagliata di per sé, per quanto fiacca, ma lo diventa nel momento in cui costituisce l’unico appiglio a cui aggrapparsi (specie con lo “skippabile” quinto episodio della serie, così dice la ciambella interpretata da Frank Matano) per definire totalmente la serie TV stessa.
L’universo tematico di Il Baracchino è, allora, davvero troppo scarno per reggere il passo con quella grande qualità nelle animazioni che abbiamo sottolineato precedentemente, e tanto nella comicità – che si riduce ad una macchietta della stand-up comedy mainstream – quanto nel dramma appare piuttosto anonima. Tuttavia, una serie TV di questo genere fa ben sperare a proposito del futuro dell’animazione nel nostro paese, immaginando e sperando che un prodotto come Il Baracchino non sia l’unico a proporre un lavoro simile e, soprattutto, augurandosi che la comicità sappia diventare sempre più consapevole e audace nel corso degli anni.